Validità della mediazione delegata iniziata dopo il termine di 15 giorni assegnato dal Giudice

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La Corte di Appello di Firenze, con la pronuncia in commento, ha integralmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di primo grado, con la quale veniva dichiarata l’improcedibilità del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo per tardivo esperimento della mediazione delegata in ragione della natura perentoria del termine di 15 giorni assegnato dal Giudice per l’espletamento della procedura.

La sentenza di primo grado

In particolare, la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Firenze decideva per la improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo in ragione del mancato esperimento della mediazione delegata entro 15 giorni previsti dall’ art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28/2010 il quale sancisce espressamente: “Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità̀ della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già̀ stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”. Per il giudice di prime cure il termine di 15 giorni aveva dunque natura perentoria e l’esperimento della mediazione delegata era avvenuto in ritardo.

La Corte d’Appello

Di segno opposto la Corte di Appello, la quale valuta errata la conclusione a cui è pervenuto il giudice di primo grado per duplici profili:

  1. in primo luogo, perché l’improcedibilità non può essere dichiarata se non prevista dalla legge e le ipotesi di improcedibilità sono tassative e non suscettibili di estensione analogica. L’improcedibilità comminata dall’art. 5 della legge su citata in particolare si riferisce al mancato esperimento del procedimento di mediazione e non alla tardiva introduzione del giudizio. L’esperimento del procedimento di mediazione rappresenta condizione di procedibilità dell’azione davanti al Giudice ordinario e, nel caso di specie, sebbene sia iniziata in ritardo rispetto al termine concesso, aveva avuto regolare sviluppo e si era conclusa (anche se con esito negativo).
  2. il termine di 15 giorni sancito dall’art 5, legge cit., è ordinatorio e non perentorio poiché è la legge stessa che non lo identifica come tale, né la perentorietà si desume dallo scopo o dalla funzione adempiuta (dal termine), proprio perche’ a rilevare non è l’instaurazione ma lo svolgimento del procedimento di mediazione in se’. A ribadire la natura meramente ordinatoria del termine sancito dall’art. 5 cit., la stessa Corte si riporta inoltre al recente orientamento espresso dalla Corte D’Appello di Milano, secondo il quale, in tema di mediazione delegata[1] la dichiarazione di improcedibilità della domanda giudiziale discende non già dalla natura perentoria o meno del termine di 15 giorni concesso dal giudice per la proposizione della domanda di mediazione, quanto piuttosto dal mancato esperimento della mediazione entro la data dell’udienza di rinvio fissata dal giudice. È necessario infatti, per l’avverarsi della condizione di procedibilità, che si svolga il primo incontro davanti al mediatore[2]
  3. Fattispecie che, secondo la Corte di Appello di Firenze, si è verificata in quanto la mediazione è stata iniziata con 15 giorni di ritardo rispetto al termine indicato, ma il procedimento si è concluso prima dell’udienza di rinvio.

Secondo questo orientamento giurisprudenziale la ratio della norma va ravvisato nella circostanza che, sebbene la parte onerata abbia ritardato nell’avviare la domanda, l’Organismo di mediazione incaricato ha potuto svolgere le azioni necessarie entro tempi ragionevoli e propri del procedimento di mediazione, quali nominare un mediatore, convocare la controparte, fissare il primo incontro, oltre che concludere la procedura, anche se con esito negativo. In altre parole, l’atto ha potuto così raggiungere lo scopo a cui è destinato; di conseguenza, la sanzione della improcedibilità non poteva essere pronunciata, ex art. 153, comma III, c.p.c. Il mancato rispetto del termine non ha inciso sull’espletamento del tentativo di conciliazione e quindi sul risultato finale ottenuto.

Orientamento quest’ultimo ribadito anche dal Tribunale di Vasto, con ordinanza del 15/05/2017, secondo il quale il termine di quindici giorni previsto dall’art. 5, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 per la promozione della mediazione delegata non ha natura perentoria. Tuttavia, la tardiva presentazione dell’istanza può determinare l’improcedibilità della domanda giudiziale, nell’ipotesi in cui la procedura non si sia conclusa prima della successiva udienza.

Degna di nota inoltre la sentenza del Tribunale di Monza del 30/12/2017, che, ritenuta pacifica la natura ordinatoria del termine di quindici giorni assegnato dal Giudice per il deposito della domanda di mediazione, specifica che la parte a carico della quale grava l’onere di instaurare il procedimento di mediazione può ottenere dal giudice una proroga del termine ma, a condizione che depositi tempestivamente l’istanza prima della scadenza del termine stesso. In assenza di tale richiesta, la stessa decade definitivamente dalla possibilità di introdurre il procedimento di mediazione. Il mancato espletamento del percorso di mediazione determina l’improcedibilità della opposizione con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto.

Alla stessa conclusione perviene il giudice di secondo grado, quando, nella sentenza in commento, richiama espressamente l’orientamento della Corte di Cassazione civile, Sez. II, 19/1/2005, n. 1064, che sancisce, tra l’altro, che “(…) la proroga, anche d’ufficio, dei termini ordinatori è consentita dall’art. 154 c.p.c. soltanto prima della loro scadenza, sicché il loro decorso senza la presentazione di una istanza di proroga, determinando gli stessi effetti preclusivi della scadenza dei termini perentori, impedisce la concessione di un nuovo termine (…)”.

Secondo la Corte di Appello di Firenze, infine, l’interpretazione fatta propria dal giudice di prime cure, contrasta nel risultato finale ottenuto, con i principi espressi più volte dalla Corte di Giustizia Europea “laddove ripetutamente afferma la compatibilità del sistema ADR con l’ordinamento giuridico sovranazionale a patto ed a condizione che sia comunque garantito l’accesso alla giustizia statuale”, e nel caso di specie, “la pronuncia in oggetto si sostanzia in una denegazione di giustizia non giustificato da alcun comportamento colpevole della parte”. L’improcedibilità pertanto non poteva essere comminata e la Corte ha deciso per la riforma integrale della sentenza di primo grado.

In conclusione, sulla natura perentoria o ordinatoria del termine di giorni quindici che, ai sensi dell’art. 5, commi 1 bis e 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 e mod. seg., il giudice assegna alle parti per la presentazione della domanda di mediazione, si registrano orientamenti oscillanti nella giurisprudenza di merito, con conseguenze diverse in ordine alla improcedibilità della domanda giudiziale ovvero, nello specifico, della opposizione.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la natura perentoria del termine, pur in assenza di una esplicita indicazione normativa in tal senso, deriva dal principio giurisprudenziale secondo cui il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato.[3] In relazione alla fattispecie della mediazione demandata e/o obbligatoria, l’implicita natura perentoria del termine in parola deriverebbe dalla stessa gravità della sanzione prevista, ovvero l’improcedibilità della domanda giudiziale per il mancato esperimento della mediazione. Ne consegue che il tardivo esperimento della mediazione disposta dal giudice produce gli stessi effetti del mancato esperimento della stessa, ossia impedisce l’avveramento della condizione di procedibilità ed impone, senza possibilità di sanatoria, la declaratoria di improcedibilità del giudizio, con chiusura in rito del processo.[4]

L’orientamento giurisprudenziale contrario ritiene invece che la tardività dell’instaurazione del procedimento di mediazione non possa essere equiparata al mancato svolgimento del procedimento medesimo, dovendosi dare prevalenza all’effetto sostanziale dello svolgimento del procedimento. Secondo questo orientamento, dunque, il ritardo non deve pregiudicare l’effettivo esperimento del tentativo di mediazione.[5]

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Note

[1] Nello specifico per opposizione a decreto ingiuntivo

[2] Corte di Appello di Milano, Sezione I civile, sentenza del 4 luglio 2019

[3] Cass. n. 14624/00; Cass., n. 4530/04

[4] Trib. Lecce, 03.03.2017; Trib. Cagliari, 08.02.2017; Trib. Firenze, 14.09.2016; Trib. Reggio Emilia, 14.07.2016; Trib. Firenze, 04.06.2015; Trib. Bologna, 15.03.2015.

[5] Trib. Milano, 27.09.2016; Trib. Roma 14 luglio 2016, Trib. Pavia, 14.10.2015.

 

Sentenza collegata

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Avv. Giuggioli Sara

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