Unioni civili, assegno di mantenimento a una coppia di donne in seguito a divorzio

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Il Tribunale di Pordenone, in una causa tra due donne unite civilmente, ha stabilito un “assegno divorzile” periodico a favore della coniuge più debole economicamente. La sentenza è la prima in Italia dall’approvazione della legge Cirinnà.

In una causa di divorzio tra due donne unite civilmente, Il Tribunale di Pordenone ha riconosciuto un assegno divorzile periodico a favore della coniuge economicamente più debole.

Protagoniste della vicenda due donne che convivevano stabilmente more uxorio dal 2013 e che avevano potuto perfezionare il loro vincolo tre anni fa, in seguito alla normativa sulle unioni civili.

La sentenza decreta un primo caso del genere in Italia da quando è stata approvata la legge Cirinnà, della quale, insieme al significato di “unioni civili”, scriviamo qualcosa prima di trattare del provvedimento in modo specifico.

Che cosa sono le unioni civili e in che cosa consiste la Legge Cirinnà?

Unione civile è il termine con il quale nell’ordinamento italiano si indica l’istituto giuridico di diritto pubblico, simile ma non uguale al matrimonio, che comporta il riconoscimento giuridico della coppia formata da persone dello stesso sesso, finalizzato a stabilire i loro diritti e doveri reciproci. L’istituto estende alle coppie omosessuali gran parte dei diritti e dei doveri previsti per il matrimonio, incidendo sullo stato civile della persona.

In vigore da quasi tre anni, è stato introdotto dall’articolo 1, commi 1-35, della Legge 20 maggio 2016, n. 76 (cosiddetta legge Cirinnà), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 21 maggio 2016 (GU Serie Generale n.118 del 21-5-2016) e denominata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.

La legge prende il nome da Monica Cirinnà, senatrice del Partito Democratico, promotrice e prima firmataria della norma.

Il dibattito del disegno di legge Cirinnà iniziò in Senato il 2 febbraio 2016.

Passò all’esame della Camera il 9 maggio 2016.

Anche in questo caso il governo pose la questione di fiducia, evitando qualsiasi modifica rispetto al testo licenziato dal Senato, che fu approvato in via definitiva l’11 maggio.

La sera dell’approvazione si tennero sit-in di festeggiamenti in diverse piazze italiane e alcuni sindaci fecero illuminare i loro Municipi con i colori della bandiera arcobaleno.

Non mancarono al tempo stesso le proteste e le polemiche soprattutto da parte del mondo cattolico. La Conferenza Episcopale Italiana non nascose il suo disappunto sul ricorso al voto di fiducia.

Gli organizzatori della manifestazione contro i diritti degli omosessuali denominata “Family Day” e parte del centrodestra annunciarono l’avvio della raccolta firme per un referendum abrogativo.

Il disegno di legge così approvato dal Parlamento è stato promulgato dal Presidente della Repubblica Italiana il 20 maggio, per essere pubblicato il giorno successivo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sancire l’entrata in vigore della legge.

All’indomani dell’approvazione definita della stessa da parte del Parlamento, la maggioranza degli italiani (oltre il 60%) si dichiarava favorevole, il19% si dichiarava contrario e il 21% ammetteva di non avere un’opinione precisa.

La legge disciplina anche le convivenze di fatto.

Per conviventi di fatto si intendono, senza relazioni al sesso, “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

Per individuare l’inizio della convivenza stabile si risale al momento nel quale si stabilisce un indirizzo comune di residenza.

Non sono necessari altri atti formali.

Sul punto:”Unioni civili: introduzione, differenze con il matrimonio e scioglimento”

Cosa dice il provvedimento del Tribunale di Pordenone

L’assegno di mantenimento sarà di 350 euro al mese a carico della coniuge economicamente più forte che occupa ancora l’abitazione condivisa all’epoca della relazione.

Nel provvedimento del Tribunale si legge che è “altamente verosimile che nel corso della stabile convivenza delle parti in causa, con inizio già nell’autunno del 2013, siano state adottate dalla donna economicamente più debole decisioni in ordine al trasferimento della propria residenza ed alla attività lavorativa dettate non solo dalla maggior comodità del posto di lavoro rispetto ai luoghi di convivenza (Pordenone anzichéVenezia), ma anche dalla necessità di coltivare al meglio la relazione e trascorrere quanto più tempo possibile con la propria compagna, non comprimendo il tempo libero con le ore necessarie per il lungo trasferimento per almeno due volte al giorno”.

Il “divorzio diretto”

“La sentenza del Tribunale deriva dall’applicazione del cosiddetto divorzio diretto, che non è ancora regolamentato in Italia per le coppie eterosessuali.

La coniuge economicamente più forte chiedeva il divorzio giudiziale, lo scioglimento dell’unione civile, perché l’altra coniuge non voleva aderire in via consensuale.

La coniuge economicamente più debole ha chiesto e ottenuto il riconoscimento di un assegno divorzile periodico che possa colmare il peggioramento delle sue condizioni economiche dovuto al fatto di avere lasciato un lavoro più remunerativo e una situazione economica e abitativa più agiata nella sua città di origine, per trasferirsi a Pordenone e stare insieme alla compagna, con la quale aveva ristrutturato e arredato un immobile che era stato destinato a residenza familiare.

La senatrice Monica Cirinnà sul provvedimento

Riportano le recenti cronache:

Mi fa piacere leggere che, per la prima volta, un Tribunale ha applicato la legge sulle unioni civili anche in sede di scioglimento, riconoscendo un assegno alla coniuge debole”, ha detto Monica Cirinnà, senatrice del Partito democratico e relatrice della legge sulle unioni civili.

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L’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani sulla sentenza

Sempre secondo le recenti cronache l’avvocato Gian Ettore Gassani, Presidente dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, avrebbe parlato di “sentenza che possiamo definire senza precedenti”.

Ha sancito l’obbligo al mantenimento anche a una coppia unita civilmente nel segno della legge 76/2016 che equipara di fatto le coppie sposate a quelle unite civilmente soprattutto in tema di scioglimento del matrimonio e dunque in fase di divorzio”.

Coloro che sono uniti civilmente sono tutelati allo stesso modo delle persone sposate e questa ne è una prova plastica, significa che non esiste più la questione di genere marito-moglie ma ogni coppia avrà sempre o potrà sempre avere una parte più ricca e un’altra meno alla quale spetta il mantenimento”.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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