(Ricorso dichiarato inammissibile)
(Normativa di riferimento: C.p.p. art. 545, c. 2, c.p.p.)
Il fatto
Con sentenza del 16 maggio 2018 il Tribunale di Palmi dichiarava non doversi procedere nei confronti di P. B. per il reato di cui all’art. 95 della L. 115/2002 per incapacità irreversibile di partecipare coscientemente al processo ex art. 72 bis cod. proc. pen. dando, peraltro, atto che la medesima era sottoposta a misura di sicurezza del ricovero presso struttura psichiatrica, in relazione ad altro procedimento.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il suddetto provvedimento proponeva ricorso, con atto del 14 giugno 2018, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Palmi affidandolo ad un unico motivo.
Preliminarmente l’organo requirente sottolineava la tempestività dell’impugnazione osservando che, pur essendo stata la sentenza depositata nel corso dell’udienza, durante la medesima udienza non era stata data lettura della motivazione, ciò non risultando dal verbale, sicché il termine per la proposizione del gravame, ai sensi dell’art. 585, comma 2″, lett. c) cod. proc. pen., era quello di trenta giorni.
Costui lamentava altresì la violazione della legge processuale ed in particolare dell’art. 72 bis cod. proc. pen., come introdotto dalla I. 103/2017, rilevando a tal proposito che la nuova disposizione dà prevalenza alle esigenze di tutelare la collettività dalla pericolosità sociale dell’imputato, prevedendo che l’improcedibilità non possa essere dichiarata quando ricorrano i presupposti per una misura di sicurezza.
La pubblica accusa, per un verso, osservava oltre tutto come, nel caso di specie, il Tribunale avesse ritenuto accertata incapacità irreversibile di P. B. di partecipare al processo sulla base di una consulenza tecnica la cui relazione era stata acquisita al fascicolo del dibattimento, dalla quale emergeva la pericolosità della medesima per i tratti patologici della sua personalità, e sulla base della sottoposizione dell’imputata a misura di sicurezza del ricovero in struttura psichiatrica, disposta in altro procedimento, per altro verso, assumeva che l’art. 72 bis cit. non fa menzione dell’applicazione della misura in concreto riferendosi solo alla sussistenza dei presupposti dell’applicazione ai sensi dell’art. 202 cod. proc. pen., e cioè della provata commissione del reato e della pericolosità sociale, entrambi sussistenti secondo la stessa sentenza del Tribunale e, pertanto, in simile ipotesi, il giudice avrebbe dovuto applicare un’ulteriore misura di sicurezza e non disporre il proscioglimento per irreversibile incapacità di partecipare al processo; l’organo requirente, infine, concludeva per l’annullamento della sentenza impugnata.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
La Corte di Cassazione riteneva come il suddetto ricorso fosse inammissibile in quanto proposto oltre il termine di cui all’art. 585, comma 1 lett. a) cod. proc. pen., versandosi in un’ipotesi di motivazione redatta ai sensi dell’art 544, comma 1 cod. proc. pen..
La Corte addiveniva a tale conclusione giuridica constatando prima di tutto che la disposizione richiamata dall’art. 585 comma 1 lett. a), c.p.p., nel disciplinare la redazione della sentenza contestuale, ovverosia di quella sentenza i cui motivi sono redatti immediatamente, dispone che la motivazione sia redatta subito dopo la redazione e la sottoscrizione del dispositivo da parte del presidente, a seguito della deliberazione.
Chiarito ciò, si evidenziava come le modalità di pubblicazione della sentenza, previste dal primo comma dell’art. 545 cod. proc. pen., che stabilisce che essa intervenga ‘mediante lettura del dispositivo in udienza’, non involgano necessariamente anche la motivazione ai sensi del secondo comma della norma posto che la lettura della motivazione, redatta ai sensi dell’art. 544 cod. proc. pen., che segue quella del dispositivo e che può essere sostituita con un’esposizione riassuntiva dei motivi, ha la funzione di fare decorrere il termine per l’impugnazione per le parti che sono o debbono essere presenti all’udienza.
Proprio alla luce della ratio che connota questo precetto normativo, gli ermellini facevano presente, nella decisione in commento, come la giurisprudenza elaborata in sede nomofilattica ritenesse necessario che la lettura della motivazione contestuale risulti non solo dal testo della sentenza, ma dal verbale di udienza (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16723, Ud. 16/03/2001, Rv. 218720) rilevandosi a tal proposito che in “tema di termine utile per proporre impugnazione, poiché alle diverse modalità di pubblicazione della sentenza conseguono effetti diversificati ai fini della determinazione di tale termine e del suo decorso, la contestuale lettura del dispositivo e della motivazione deve essere formalmente e storicamente certa in tutte le sue componenti” (così Sez. 1, Sentenza n. 16723 del 16/03/2001 Ud. dep. 24/04/2001; così Sez. 2, Sentenza n. 8043 del 09/02/2010 Cc. – dep. 01/03/2010; Sez. 4, Sentenza n. 20998 del 26/04/2016 Cc. dep. 19/05/2016) e, a tal fine, il dato processuale deve ritenersi incontestabile qualora risulti, non solo dalla intestazione della decisione, relativa al dispositivo di sentenza e contestuale motivazione, ma anche dal verbale di udienza” (così Sez. 1, Sentenza n. 16723 del 16/03/2001 Ud. dep. 24/04/2001; così Sez. 2, Sentenza n. 8043 del 09/02/2010 Cc. – dep. 01/03/2010; Sez. 4, Sentenza n. 20998 del 26/04/2016 Cc. dep. 19/05/2016) tenuto conto altresì del fatto che “la sottoscrizione del predetto verbale anche da parte dell’ausiliario che assiste il giudice, è volta a garantire – con profili di responsabilità penale per un eventuale falso ideologico – la corrispondenza tra quanto attestato e quanto accaduto” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1742 del 19/04/1999 Cc, Rv. 214468) (così Sez. 1, Sentenza n. 16723 del 16/03/2001 Ud. dep. 24/04/2001; così Sez. 2, Sentenza n. 8043 del 09/02/2010 Cc. – dep. 01/03/2010; Sez. 4, Sentenza n. 20998 del 26/04/2016 Cc. dep. 19/05/2016).
Si metteva invece in risalto il fatto che, nel caso di specie, non era contestato che la motivazione fosse stata redatta insieme con il dispositivo, tanto è vero che il verbale dava atto che la sentenza era depositata in udienza e quindi, ciò altro non significava che la sentenza faceva parte del verbale di causa e dunque era soddisfatto il requisito della pubblicazione della motivazione contestuale al dispositivo e tale pertanto da consentire di fissare il dies a quo per il decorso del termine per impugnare posto che il disposto dell’art. 545 3^ cod. proc. pen. introduce una presunzione assoluta di conoscenza dell’atto le parti che devono considerarsi presenti, e cioè anche per coloro che non lo sono ma che debbono essere considerati tali.
A tal riguardo, per comprendere tale statuizione giuridica, gli ermellini richiamavano l’ipotesi di cui all’art. 475, secondo comma, cod. proc. pen., dell’imputato allontanato per la sua condotta processuale, impediente il regolare svolgimento del processo, che tuttavia è considerato presente e rappresentato dal difensore oppure quello in cui la parte civile o il responsabile civile che, dopo avere partecipato alla discussione, si allontanano senza ripresentarsi per la lettura del dispositivo.
Ebbene, la Corte rilevava che in queste, come in altre ipotesi, la parte è fisicamente assente, ma giuridicamente presente, e ciò in forza di una finzione giuridica secondo la quale la conoscenza dell’atto pronunciato e letto in udienza da parte sua si fonda sulla presunzione assoluta introdotta con l’art. 545 comma 3 cod. proc. pen..
Pertanto, non essendo la materiale lettura quella che fa decorrere il termine per la parte che deve considerarsi presente e non lo è, ma la sua pubblicazione nella forma della lettura, la quale potrebbe anche avvenire nell’assenza fisica di tutte le parti, ma che costituisce, nondimeno, un adempimento che precede il deposito in cancelleria previsto dall’art. 548 cod. proc. pen. il quale a sua volta deve essere immediatamente successivo la pubblicazione della sentenza allorquando ciò sia avvenuto nelle forme di cui all’art. 545 cod. proc. pen., cioè dopo la lettura del dispositivo, il Supremo Consesso, chiarito tale profilo processuale, concludeva, proprio sulla scorta di quanto appena enunciato, nel senso di postulare che, laddove dal verbale di causa risulti che la sentenza fa parte integrante del verbale medesimo, essendo depositata in udienza, ancorché il verbale non specifichi che è intervenuta la lettura, deve ritenersi integrata la modalità di pubblicazione di cui all’art. 545 comma 2 cod. proc. pen., posto che la verbalizzazione dà atto di contenere il provvedimento decisionale conclusivo del processo.
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Conclusioni
La sentenza in commento è condivisibile in quanto, partendo dalla ratio che contraddistingue l’art. 545, c. 2, c.p.p. (secondo cui, come visto prima, la lettura della motivazione, redatta ai sensi dell’art. 544 cod. proc. pen., che segue quella del dispositivo e che può essere sostituita con un’esposizione riassuntiva dei motivi, ha la funzione di fare decorrere il termine per l’impugnazione per le parti che sono o debbono essere presenti all’udienza) per poi richiamare quel consolidato orientamento nomofilattico secondo il quale la lettura della motivazione contestuale risulti non solo dal testo della sentenza, ma dal verbale di udienza, arriva a postulare – una volta asserito che il disposto dell’art. 545 3^ cod. proc. pen. introduce una presunzione assoluta di conoscenza dell’atto per le parti che devono considerarsi presenti, e cioè anche per coloro che non lo sono ma che debbono essere considerati tali – che, laddove dal verbale di causa risulti che la sentenza fa parte integrante del verbale medesimo, essendo depositata in udienza, ancorché il verbale non specifichi che è intervenuta la lettura, deve ritenersi integrata la modalità di pubblicazione di cui all’art. 545 comma 2 cod. proc. pen. (“2. La lettura della motivazione redatta a norma dell’articolo 544 comma 1 segue quella del dispositivo e può essere sostituita con un’esposizione riassuntiva.”) posto che la verbalizzazione dà atto di contenere il provvedimento decisionale conclusivo del processo.
Si tratta dunque di una decisione munita di un’argomentazione ancora su solidi basi ermeneutiche, e dunque non può non condividersi il contenuto.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in questa decisione, pertanto, si ribadisce, non può che essere positivo.
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