La Corte Costituzionale (n. 135/2025) ha sentenziato sulla questione del “tetto retributivo” imposto ai dipendenti pubblici, inclusi i magistrati, e la relativa incidenza sulle indennità di mandato percepite dai membri degli organi di autogoverno della magistratura, dichiarando l’illegittimità costituzionale della disciplina nella parte in cui comprometta l’indipendenza economica della magistratura, ribadendo il ruolo sostanziale delle guarentigie economiche a tutela dell’autonomia giurisdizionale. Per approfondimenti sul lavoro pubblico, consigliamo il volume “Il lavoro pubblico”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. Equilibrio costituzionale tra spesa pubblica e autonomia della magistratura
La sentenza n. 135/2025 della Corte Costituzionale si inserisce nella discussione sull’equilibrio tra le esigenze di contenimento della spesa pubblica e la salvaguardia dei principi dell’ordinamento costituzionale, in particolare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Per approfondimenti sul lavoro pubblico, consigliamo il volume “Il lavoro pubblico”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Il lavoro pubblico
Alla vigilia della nuova stagione di riforme sul lavoro pubblico, il volume si pone come autorevole commento dello stato dell’arte, ma anche – e soprattutto – come opera attenta agli aspetti pratici dell’ormai immensa e ingarbugliata matassa stratificata disciplina del pubblico impiego.Coniugando l’ampiezza del trattato con la fruibilità del testo specialistico, il volume garantisce la approfondita disamina di tutti i temi del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, dalla contrattualizzazione alle novità “in tempo reale” della pandemia e del Governo Draghi.Tratto distintivo dell’opera è la sua coralità, in cui i 40 autori e autrici si rivolgono a tutti gli operatori della materia (magistratura, avvocatura, segretari, dirigenti, datori di lavoro, sindacato) ma anche a chi si accosta al tema per la prima volta (a fini di studio e/o concorsuali) con puntuali rinvii interni e strutturate bibliografie per ogni argomento affrontato.Il risultato è un testo che tratta la disciplina e le fonti (sez. I); il diritto sindacale (sez. II); l’accesso al lavoro (sez. III); i contratti di lavoro flessibile (sez. IV); il rapporto di lavoro (sez. V); la mobilità individuale (sez. VI); il potere disciplinare e le responsabilità del dipendente pubblico (sez. VII); la risoluzione del rapporto di lavoro (sez. VIII); la dirigenza pubblica (sez. IX).Alessandro BoscatiOrdinario di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi di Milano. Coordinatore scientifico del corso di perfezionamento in “Salute e Sicurezza del lavoro: organizzazione, gestione e responsabilità” organizzato dall’Università degli Studi di Milano. Già Prorettore delegato al Personale e alle politiche per il lavoro presso l’Università degli Studi di Milano. Autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche, tra cui le opere monografiche Il dirigente dello Stato. Contratto di lavoro ed organizzazione, 2006 e Patto di non concorrenza. Art. 2125, 2010, annovera una continua attività di formazione in materia di diritto del lavoro e relazioni sindacali presso Università, altri organismi pubblici e società private. In particolare, è docente ; presso laSNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione, già Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione) e presso la Scuola Superiore della Magistratura, nonché nei master organizzati dalle Università degli Studi di Bologna, di Roma “La Sapienza, di Venezia “Ca’ Foscari”; nelle scuole di specializzazione delle Università degli Studi di Parma, di Pavia, di Padova.Con il coordinamento scientifico del Prof. Giuseppe Pellacani
A cura di Alessandro Boscati | Maggioli Editore 2021
75.05 €
2. La vicenda
Il giudizio di legittimità costituzionale era stato promosso dal Consiglio di Stato nell’ambito di un ricorso in appello presentato da un presidente di sezione del Consiglio di Stato. Il magistrato, che tra il 2013 e il 2015 aveva ricoperto anche l’incarico di componente effettivo del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (CPGA), si era visto decurtare parte del proprio trattamento economico a causa del superamento del “tetto retributivo”. Le somme recuperate dall’amministrazione derivavano dal cumulo della retribuzione ordinaria con l’indennità percepita per il mandato elettorale nel CPGA. Il ricorso mirava ad accertare il diritto del magistrato a percepire l’indennità senza le decurtazioni, impugnando gli atti che ne avevano disposto la restituzione. Il Consiglio di Stato rimettente ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale ritenendo che l’inclusione delle indennità di mandato elettorale nel tetto retributivo violasse gli artt. 104, quarto comma, e 108, secondo comma, della Costituzione. Secondo il giudice a quo, tale congegno avrebbe l’effetto di “scoraggiare” la partecipazione alle elezioni per gli organi di autogoverno da parte dei magistrati che, avendo già raggiunto i vertici stipendiali, non avrebbero alcun beneficio economico dall’indennità, compromettendo in tal modo la rappresentatività e l’indipendenza della magistratura.
Potrebbero interessarti anche:
3. Indipendenza economica della magistratura e no al tetto retributivo
L’hub della sentenza riguarda la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 1, del d.l. n. 66/2014 (e, per implicito, dell’art. 23-ter del d.l. n. 201/2011), in riferimento all’art. 108, secondo comma, Cost., e al principio di indipendenza della magistratura, di cui agli artt. 101, secondo comma, e 104, primo comma, Cost. Su questo punto, la Corte ha dichiarato la questione fondata. La Consulta ha ribadito che le indennità di funzione dei magistrati hanno un carattere retributivo e, al pari del trattamento stipendiale globale, costituiscono vere e proprie “guarentigie” a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura. Tali guarentigie ammettono deroghe solo in via temporanea ed eccezionale. La Corte ha evidenziato che il principio di indipendenza della magistratura non è un privilegio corporativo, bensì un “architrave dello Stato di diritto”, necessario per garantire piena ed effettiva tutela dei diritti e degli interessi dei consociati. La soggezione del giudice “soltanto alla legge” (art. 101, comma 2, Cost.) è il fondamento e il limite di tale indipendenza, che deve essere custodita anche sotto il profilo economico.
4. Precedente della CGUE
A sostegno di tale impostazione, la Consulta ha, tra le altre, richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in particolare la sentenza del 25 febbraio 2025 (cause riunite C-146/23 e C-374/23). In tale pronuncia, la Corte di Lussemburgo ha specificato che nella retribuzione dei giudici devono essere inclusi, oltre allo stipendio base, “i diversi premi e indennità che essi percepiscono, in particolare a titolo dell’anzianità o delle funzioni loro affidate”. La Corte di Giustizia ha escluso che il legislatore possa diminuire in modo stabile tale trattamento retributivo complessivo, ammettendo deroghe in peius solamente a condizione che siano “necessarie e strettamente proporzionate”.
Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento