Telecomunicazioni: va disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 700 cpc sollevata per il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione

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Con la pronuncia in commento il Tribunale di Taranto – sezione distaccata di Ginosa – ha accolto il ricorso proposto ex art. 700 cpc, ritenendo non necessario, nel caso di procedimento d’urgena, il tentativo obbligatorio di conciliazione disciplinato dall’art. 3, comma 1, della delibera n. 173/07/Cons dell’Autorità Garante per le comunicazioni.
In particolare, per il Giudicante, in mancanza di un’espressa previsione di legge, la dedotta condizione di procedibilità non può trovare applicazione nei procedimenti cautelari d’urgenza, anche in considerazione dell’art. 412 bis cpc, in forza del quale "…il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti speciali d’urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV".
In proposito, ha rilevato ancora il Giudice, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 276 del 2000, ha osservato come il limite all’immediatezza della tutela giurisdizionale, in materia di controversie di lavoro, risulti ragionevole, tra l’altro, proprio perché "prima dell’espletamento del tentativo di conciliazione e durante il tempo per il suo espletamento, la situazione sostanziale è comunque tutelabile in via cautelare, onde è posta al riparo da eventuali pregiudizi dalla durata del processo a cognizione piena".
 La tutela cautelare, in definitiva, costituisce per il Giudicante uno strumento d’azione necessario per l’effettiva tutela del diritto controverso, costituzionalmente rilevante ai sensi degli artt. 24 e 111 della nostra Carta fondamentale, quando si prospetti una situazione di pericolo nel ritardo, che, in quanto tale, non tollera attese e necessita di una risposta di tutela a volte immediata, come confermato dalla possibilità di assumere persino provvedimenti inaudita altera parte (in tal senso la prevalente giurisprudenza di merito: fra gli altri, Trib. Lanciano, 11 marzo 2005; Trib. Brindisi, 18 agosto 2006; Trib. Roma, 20 maggio 2002).
 
 
Avv. ****************
Avv. *************
 
TRIBUNALE DI TARANTO
SEZIONE DISTACCATA DI GINOSA                  
 
n. ???/2008 r.g. spec.
IL GIUDICE DESIGNATO
letti gli atti relativi al ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in data 28 ottobre 2008 dalla ????? srl (avv. *************) nei confronti della ???????? spa (avv. L. P.);
sentite le parti;
sciolta la riserva di cui al verbale di udienza del 18 novembre 2008;
 
osserva in fatto:
la società ricorrente lamenta l’inadempimento da parte della ????????? spa del contratto di telefonia relativo all’utenza fissa n. ????????; in particolare, deduce che dalla metà di settembre la predetta linea telefonica risulta interrotta, probabilmente a causa della caduta di taluni pali, e da allora non più ripristinata, nonostante le numerose segnalazione al call center n. ??? (divenute addirittura quotidiane dal mese di ottobre), il fax di diffida del 16 settembre e la raccomandata inviata il successivo 22 settembre, con la quale si è paventato il pericolo di gravi danni all’attività commerciale svolta dalla ???????? srl. Ed invero, l’impossibilità di effettuare e ricevere ordinativi per telefono (aggravata dall’inutilizzabilità del servizio di posta elettronica) avrebbe determinato, a partire dal mese di settembre, un sensibile calo del fatturato rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, sicché la ricorrente chiede che sia ordinato alla società resistente l’immediato ripristino della linea telefonica. Vinte le spese di lite.
Con memoria depositata all’udienza del 18 novembre 2008 si è costituita la ???????? spa, la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto del requisito della residualità, avendo l’ordinamento predisposto altra e tipica tutela cautelare disciplinata dall’art. 5, comma 3, della delibera n. 173/07/Cons dell’Autorità Garante per le comunicazioni; nonché l’improcedibilità dell’azione proposta per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art. 3, comma 1, della predetta delibera, attuativi della previsione normativa contenuta nell’art. 1, comma 11, legge 31 luglio 1997, n. 249. Nel merito, peraltro, la società resistente asserisce l’attuale impossibilità di intervenire per il ripristino della rete telefonica, in quanto i proprietari del terreno, sul quale insistono i pali caduti a seguito di un incidente stradale verificatosi nello scorso mese di luglio, si oppongono all’ingresso di dipendenti ?????? all’interno della loro proprietà. Deduce, infine, la mancanza di qualsivoglia periculum in mora, sia perché, come chiarito da taluna giurisprudenza di merito, "la risalenza nel tempo della vicenda esclude l’imminenza di un pregiudizio irreparabile" (comparsa di costituzione, p. 9), sia perché il danno paventato avrebbe natura prettamente patrimoniale e, quindi, integralmente risarcibile, anche in considerazione del rilievo che "venuto meno il regime di monopolio… [l’utente potrebbe] nelle more del giudizio ordinario usufruire dei servizi equivalenti offerti da altri gestori di telefonia fissa e mobile" (comparsa di costituzione, p. 11). Chiede, pertanto, il rigetto dell’istanza cautelare, con vittoria delle spese di lite.
 
osserva in diritto:
va, preliminarmente, disattesa l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla società resistente per il mancato esperimento, da parte della ricorrente, del tentativo obbligatorio di conciliazione disciplinato dall’art. 3, comma 1, della delibera n. 173/07/Cons dell’Autorità Garante per le comunicazioni.
Ed invero, il Giudicante ritiene che, in mancanza di un’espressa previsione di legge, la dedotta condizione di procedibilità non possa trovare applicazione nei procedimenti cautelari d’urgenza, anche in considerazione dell’art. 412 bis cpc, in forza del quale "…il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti speciali d’urgenza e di quelli cautelari previsti nel capo III del titolo I del libro IV. In proposito, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 276 del 2000, ha osservato come il limite all’immediatezza della tutela giurisdizionale, in materia di controversie di lavoro, risulti ragionevole, tra l’altro, proprio perché "prima dell’espletamento del tentativo di conciliazione e durante il tempo per il suo espletamento, la situazione sostanziale è comunque tutelabile in via cautelare, onde è posta al riparo da eventuali pregiudizi dalla durata del processo a cognizione piena". La tutela cautelare, in definitiva, costituisce uno strumento d’azione necessario per l’effettiva tutela del diritto controverso, costituzionalmente rilevante ai sensi degli artt. 24 e 111 della nostra Carta fondamentale, quando si prospetti una situazione di pericolo nel ritardo, che, in quanto tale, non tollera attese e necessita di una risposta di tutela a volte immediata, come confermato dalla possibilità di assumere persino provvedimenti inaudita altera parte (in tal senso la prevalente giurisprudenza di merito: fra gli altri, Trib. Lanciano, 11 marzo 2005; Trib. Brindisi, 18 agosto 2006; Trib. Roma, 20 maggio 2002).
Né, in senso contrario, si può sostenere che le esigenze cautelari dell’utente troverebbero, comunque, adeguata tutela nei "provvedimenti temporanei" del Dipartimento garanzie e contenzioso dell’Autorità delle comunicazioni – previsti dall’art. 5, Gomma 3, della già richiamata delibera n. 173 del 2007 -, i quali, pur diretti a garantire l’erogazione del servizio o a far cessare forme di abuso o di scorretto funzionamento da parte dell’organismo di telecomunicazioni sino al termine della procedura conciliativa, sono adottati da un’Autorità non giurisdizionale e, dunque, sono privi di quell’esecutività e coercibilità necessarie per rispondere con immediatezza ed effettività alle esigenze di natura cautelare del consumatore (fra gli altri, Trib. Isernia, 26 gennaio 2006). È appena il caso di rilevare, infatti, che essi, quand’anche fossero ritenuti titoli esecutivi, richiederebbero pur sempre l’attivazione di una procedura esecutiva – da instaurarsi con apposito ed ulteriore atto di precetto – non necessaria, invece, in presenza di un provvedimento ex art. 700 cpc, che, senza altre formalità, può essere attuato ex art. 669 duodecies cpc.
Non può, del pari, trovare condivisione l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto del requisito della residualità, fondata per l’appunto sull’espressa previsione della tutela d’urgenza sopra richiamata. Ed invero il principio di residualità contribuisce a delineare la portata applicativa dell’art. 700 cpc esclusivamente nell’ambito dei rimedi giurisdizionali, laddove i "provvedimenti temporanei" di cui all’art. 5, comma 3, hanno, come già chiarito, natura chiaramente non giurisdizionale e non possono, pertanto, porsi in rapporto di incompatibilità con lo strumento cautelare atipico previsto dal codice di rito.
Ciò premesso, è appena il caso di rilevare che la concessione di un provvedimento d’urgenza richiede la compresenza del fumus boni iuris e del periculum in mora. Quanto al primo dei due presupposti, la ricorrente assume che l’utenza n. ????????? risulta interrotta dal mese di settembre 2008 e tale circostanza non trova contestazione alcuna da parte della resistente (nella relativa comparsa, p. 6, anzi, si individua l’origine del disservizio in un incidente verificatosi nel precedente mese di luglio), la quale, tuttavia, deduce l’impossibilità di porre rimedio al guasto per la ferma opposizione dei coniugi ???????????, comproprietari del terreno sul quale insistono i pali caduti della rete telefonica. In altri termini, la ?????? spa ammette l’inadempimento, ma nega che esso possa ritenersi colpevole, non essendo imputabile ad una sua negligenza o inattività. Sennonché, la dedotta opposizione dei predetti terzi non individua una circostanza di per sé idonea a giustificare la perdurante interruzione del servizio telefonico. A tal fine, infatti, la società resistente avrebbe anzitutto dovuto affermare (e richiesto di comprovare) che non sussistono soluzioni tecniche al guasto alternative ad un intervento di manutenzione all’interno della proprietà ???????????, nonché, soprattutto, di aver intrapreso ogni iniziativa volta a superare le resistenze di questi ultimi. Ed invero, la ??????? spa, in quanto titolare di diritti di servitù sui terreni che ospitano i pali della rete, è tenuta a farli valere anche in via giudiziaria, se necessario per assicurare alla propria clientela l’effettività del servizio telefonico, laddove, nel caso di specie, non ha neppure dedotto azioni volte a contrastare l’asserito spoglio della servitù esistente sul fondo servente appartenente ai su menzionati terzi. Conseguentemente, il Giudicante ha ritenuto del tutto ininfluente ai fini della concessione dell’interdetto l’escussione dell’informatore ??????? richiesta dalla società resistente (e finalizzata, come detto, alla dimostrazione della mera impossibilità di fatto di accedere sui terreni sui quali ricadono i pali danneggiati), nonché la chiamata in causa dei coniugi ????????????, rispetto ai quali – pur prescindendo dal rilievo della assai dubbia compatibilità fra la chiamata in causa di terzi e la natura cautelare del presente procedimento – non può certo affermarsi la comunanza della controversia oggetto di causa (al più la ?????? potrebbe avanzare pretese di rivalsa, allorché fosse proposta dall’odierna ricorrente ed accolta dall’autorità giudiziaria adita un’eventuale domanda risarcitoria in suo danno).
In conclusione, il comportamento della ???????, ponendosi in evidente contrasto con il preciso obbligo di ripristinare tempestivamente gli eventuali disservizi della rete e/o del servizio, individua senz’altro una grave violazione di quei principi di buona fede e correttezza, che regolano il fisiologico sviluppo di ogni rapporto contrattuale, rendendo così manifesto il diritto della ???????????? srl di pretendere l’immediata riattivazione della propria utenza telefonica.
Quanto al periculum, è noto che esso si risolve nel fondato motivo di temere che il diritto azionato sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile durante il tempo occorrente per farlo valere in via ordinaria. Nel caso di specie, l’impossibilità di comunicare telefonicamente, sia in entrata che in uscita, incide in modo significativo sulle modalità di svolgimento dell’attività commerciale della ricorrente (si pensi, ad esempio, all’impossibilità di effettuare o di ricevere ordinativi anche via internet), la quale si trova esposta al rischio obiettivo di perdita di clientela; il che individua un pregiudizio difficilmente rimediabile, attesa la peculiare natura dei rapporti commerciali, fondati su scelte dei consumatori che avvengono sulla base non solo di apprezzamenti individuali ma anche per vicende accidentali. Non senza osservare, peraltro, che un tale pregiudizio, pur se ritenuto prettamente economico, presenterebbe enormi difficoltà probatorie in sede di merito, ove i relativi effetti persistessero nel tempo. Né un tale danno potrebbe essere evitato rivolgendosi ad altro gestore telefonico, giacché, da un lato, l’attivazione di una nuova linea fissa, pur mantenendo lo stesso numero, comporterebbe tempi tecnici (correlati alla risoluzione del preesistente rapporto contrattuale e alla successiva conclusione di un nuovo contratto), che aggraverebbero inevitabilmente il danno lamentato dal cliente; dall’altro, l’attivazione di una linea mobile non rimuoverebbe il pregiudizio connesso all’interruzione dell’utenza fissa, oramai nota ai clienti abituali della ricorrente e, comunque, agevolmente conoscibile attraverso gli elenchi telefonici dell’anno in corso, nei quali, ovviamente, non si potrebbe rinvenire il nuovo numero di cellulare.
D’altronde non può trovare condivisione alcuna la tesi, pure sostenuta da una parte della giurisprudenza di merito, secondo la quale il decorso di un significativo lasso temporale tra la realizzazione della condotta lesiva e la proposizione del ricorso escluderebbe il requisito del periculum in mora. Al contrario, è per l’appunto la protrazione nel tempo della condotta antigiuridica che può rendere imminente il pregiudizio lamentato; nel caso di specie, invero, viene in rilievo un illecito contrattuale permanente, che tende ad aggravare sempre più l’evento dannoso e a consolidarne gli effetti sì da renderlo irreparabile, quand’anche trascurabile nella sua fase iniziale.
In definitiva, il Giudicante ritiene, sia pure nei limiti della sommaria cognizione della presente fase processuale, che nel caso che ci occupa ricorrano entrambi i presupposti del fumus boni juris e del periculum in mora: il primo, sotto il profilo dell’obiettivo inadempimento del contratto da parte della resistente; il secondo, per la natura irrimediabile del pregiudizio lamentato dalla ricorrente: l’istanza cautelare merita, pertanto, accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
 
p.q.m.
visti gli artt. 669 sexies ed octies c.p.c.;
pronunziando sul ricorso in epigrafe, così provvede:
ORDINA alla ??????? spa di riattivare immediatamente e senza indugio l’utenza telefonica n. ?????;
CONDANNA la società resistente a pagare in favore della ??????? s.r.l. le spese di lite, che liquida in complessivi euro??????? (di cui ?????? per esborsi e ????? per diritti), oltre rimborso forf., IVA e CAP come per legge.
Così deciso in Ginosa il giorno 25 novembre 2008
 
 
Il Giudice
Dott. **************

Matranga Alfredo – BozzaTommaso

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