TAR Catania, I Sezione, sentenza 763 del 3 maggio 2007 in tema di Piani urbanistici e scadenza dei vincoli

sentenza 13/03/08
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REPUBBLICA ITALIANA        Reg. Sent. 0763/2007

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO     Reg. Gen. 2412/2006

0558/2006

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania – Sezione Prima, composto dai ******************:
Dott. *****************   Presidente
Dott.ssa ***************      Giudice
Dott. ************************** Giudice rel.est.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
Sul ricorso nr. 2412/2006 R.G., proposto da *** Gaetano, *** Maria, e *** Anna, rappresentati e difesi dall’Avv. ********************, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, via Andrea Costa 11; e sul ricorso nr. 558/06, proposto dalla “Sicilcase” s.r.l. rappresentata e difesa anche disgiuntamente dall’avv. ***************** e dall’avv. *****************, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, via Rindone n. 4;  
contro 
Il Comune di Mascalucia, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. **************, con domicilio eletto in Catania via Lago di Nicito 14;
per l’annullamento
con il ricorso nr. 2412/06:
– del provvedimento emesso dal Comune di Mascalucia – Area Pianificazione Terr. e ****. Per l’Urbanistica – prot. n. 16543 del 23 maggio 2006, notificato per racc. AR pervenuta il 30 maggio 2006, con cui è stata respinta la richiesta di una nuova pianificazione del terreno sito in Mascalucia, catastalmente meglio identificato in atti;
– di tutti gli atti preparatori e consequenziali quello sopra indicato;
con il ricorso nr. 2558/06:
del provvedimento emesso dal Comune di Mascalucia in data 21.11.2005, di diniego della sussistenza dei presupposti per sottoporre al consiglio comunale l’istanza di classificazione urbanistica del terreno di proprietà della ricorrente, catastalmente meglio identificato in atti, provvedimento meglio conosciuto dalla ricorrente in data successiva al 27.11.2005;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione, in entrambi i giudizi del Comune di Mascalucia;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, all’udienza pubblica dell’ 11 gennaio 2007, il Referendario dr. **************************;
Uditi altresì gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
IN FATTO
     In entrambi i ricorsi, le parti, proprietarie dei terreni meglio identificati in atti, espongono di avere chiesto al Comune di Mascalucia di provvedere alla classificazione dei rispettivi immobili, assumendo l’avvenuta decadenza dei vincoli su di essi gravanti, a suo tempo disposti dallo strumento urbanistico vigente, approvato con D.A. 51/DRU del 10.04.2000.
     Il Comune di Mascalucia respingeva tali istanze con i provvedimenti in epigrafe, avverso i quali sono stati proposti gli odierni gravami (quanto al ricorso nr. 2412/06, notificato il 29 luglio 2006 e depositato il 22 agosto successivo; quanto al nr. 2558/06 notificato il 23 gennaio 2006 e depositato il 20 febbraio successivo), con i quali si deduce:
     (ricorso nr. 2412/06):
     I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.P.R. 08/06/2001 nr. 237 in relazione all’art. 36 L.R. 02/08/2002 nr. 7 e degli artt. 4 e 19 L.R. 27/12/1978 n. 71;
     II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 e 2 del D.P.R. 327/2001, in relazione all’art. 4 l. 71/1978;
     III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1, 2,3 D.P.R. 327/2001, in relazione all’art. 36 L.R. 7/2002;
     (ricorso nr. 2558/06):
     1) Violazione dell’art. 36 L.R. 2002 nr. 7, il quale ha recepito integralmente le disposizioni di cui al D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327.
     Il Comune di Mascalucia si è costituito in entrambi i giudizi, difendendo la legittimità dei provvedimenti impugnati e chiedendo il rigetto dei ricorsi. 
     Le parti hanno scambiato memorie e documenti.
     Alla Udienza Pubblica dell’11 gennaio 2007, la causa è stata trattenuta in decisione.
IN DIRITTO
      I) Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi in quanto connessi oggettivamente.
      II) Disposta la riunione, osserva il Collegio che in entrambi i ricorsi, le parti impugnano il diniego di provvedere alla riclassificazione delle aree ove ricadono i rispettivi immobili. Secondo i ricorrenti, tale aree sarebbero oggi prive di destinazione, in quanto le relative imposizioni di vincolo, contenute nello strumento urbanistico comunale divenuto esecutivo nell’anno 2000, sarebbero scadute per effetto del decorso del termine quinquennale fissato all’art. 9 del DPR 327/01, ritenuto applicabile in Sicilia per effetto dell’art. 36 della legge regionale 7/2002.
      Secondo il Comune, invece, tale ultima disposizione avrebbe inteso recepire in Sicilia l’applicazione del Testo Unico sugli espropri solamente per quanto riguarda l’aspetto procedurale vero e proprio, rimanendone quindi esclusa la disciplina del regime dei vincoli la quale atterrebbe, più propriamente, alla materia urbanistica. Conseguentemente continuerebbe a trovare applicazione nella Regione la normativa pregressa, costituita dall’art. 1 della L.R. 38/1973 che fissa la durata dei vincoli espropriativi in dieci anni, invece del più breve termine quinquennale stabilito dalla normativa nazionale.
      In subordine, la difesa del Comune eccepisce comunque che, anche ad ammettere l’applicabilità in Sicilia dell’art. 9 del D.P.R. 327/01, quest’ultima norma potrebbe disciplinare solamente i vincoli imposti da strumenti urbanistici divenuti esecutivi nel vigore della stessa, secondo i consueti principi interpretativi, mentre i vincoli antecedentemente apposti resterebbero assoggettati alla normativa a suo tempo vigente; ancora in subordine, seguendo il medesimo iter logico, sostiene che, se si ritenesse la applicabilità della nuova normativa anche ai vincoli precedenti, il relativo decorso del termine quinquennale non potrebbe che avere inizio dall’entrata in vigore dalla legge regionale di recepimento e quindi essi verrebbero a scadere nel 2007.
      Osserva il Collegio che la decisione della lite dipende dunque dall’interpretazione delle norme appena citate, ossia dell’art. 9 del D.P.R. 327/01 e dall’art. 36 della L.R. 7/2002.
      Quest’ultima disposizione così recita:
      “1. Le disposizioni riguardanti le espropriazioni per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 e successive modificazioni, si applicano nell’ordinamento regionale contestualmente all’entrata in vigore della presente legge ovvero, ove successive, con le decorrenze previste nel citato decreto.
2. Sino all’entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le vigenti leggi regionali in materia di espropriazioni ed occupazioni anche se formalmente abrogate con la presente legge”.
      Ia) In relazione alla suddetta disposizione devono quindi esaminarsi le tesi dei ricorrenti e le correlative eccezioni difensive del Comune di Mascalucia, la prima delle quali è tesa ad affermare che in Sicilia la normativa vigente in materia di durata dei vincoli è quella regionale anteriore al DPR 327/01 che, in questa parte, non avrebbe trovato ingresso nella legislazione regionale.
      In effetti, la tesi del Comune ha trovato autorevole avallo negli studi dell’Ufficio legislativo della Regione Siciliana, il quale, con circolare nr. 235/2004 del 20 dicembre 2004, ha ritenuto che “L’art. 36 della L.R. 2 agosto 2002, n. 7 esprime la volontà del legislatore siciliano di recepire nell’ordinamento regionale non tutto il D.P.R. n. 327/2001 ma soltanto quelle sue norme che disciplinano specificamente il procedimento espropriativo nelle sue varie fasi e riordinano le competenze dei soggetti attivi e passivi dell’espropriazione. Devono pertanto ritenersi non applicabili in Sicilia le norme del citato D.P.R. che hanno refluenza sull’assetto urbanistico del territorio non concernenti stricto sensu le procedure ablative”.
      Il Collegio, tuttavia, ritiene che la disciplina dei vincoli urbanistici di cui all’art. 9 del DPR 327/2001 trova integrale applicazione nella Regione Siciliana.
      In primo luogo, la fase dell’apposizione del vincolo espropriativo all’immobile è essa stessa parte integrante e sostanziale del procedimento (cfr. art. 8 DPR 327/01): come ha già avuto modo di chiarire la Sezione (TAR Catania, I, nr. 1045/06), assolve alla funzione ineliminabile di raccordare la fase propriamente esecutiva del potere ablativo con la previsione urbanistica e per tale ragione incide direttamente – limitandolo – sul regime della proprietà privata (mentre le previsioni urbanistiche hanno essenzialmente funzione di programmazione e preparazione delle attività edilizie private, incidendo sul contenuto del diritto di proprietà solo allo scopo di conformarne l’esercizio alla pianificazione medesima).
     In questo quadro funzionale, deve ritenersi che la disciplina dell’istituto di cui all’art. 9 del DPR 327/01 non può essere semplicemente ricondotta ad una “condizione” della procedura espropriativa, come se fosse esterna o prodromica a quest’ultima, poiché la legge disciplina anche l’apposizione del vincolo in una fase successiva alla dichiarazione di pubblica utilità derivante dall’approvazione del progetto dell’opera pubblica o comunque derivante da titoli diversi da quelli riconducibili alla pianificazione urbanistica (cfr. art. 10 D.P.R. 327/01).
     Ne consegue che il vincolo preordinato all’esproprio, al contempo è parte essenziale del procedimento ablativo e possiede altresì valore di previsione urbanistica, essendo intimamente connesso con lo strumento di pianificazione territoriale, al cui interno deve trovare collocazione l’opera pubblica in funzione della quale esso è costituito e preordinato. Ciò in quanto espropriazione e previsione urbanistica sono strettamente avvinte, sul piano funzionale e (per il tramite della disciplina sui vincoli) anche su quello procedimentale dall’unica e medesima esigenza di interesse pubblico di garantire che il sacrificio della proprietà privata sia contenuto nei limiti più rigorosi della utilità pubblica derivante da un razionale  disegno di pianificazione, in piena attuazione dell’art. 42 della Costituzione.
     Ma, in secondo luogo e più approfonditamente, disattendendo le conclusioni cui è pervenuto l‘ Ufficio Legislativo Regionale, non si ravvisano elementi letterali nella dizione della disposizione contenuta nell’art. 36 della L.R. 7/2002 che autorizzino a ritenere che essa è intesa ad applicare solo una parte della disciplina del DPR 327/01 nel territorio della Regione Siciliana. Ciò è confermato anche dal fatto che l’analisi del Testo unico sugli espropri impone all’interprete di ritenere che tutta la disciplina in esso contenuta ha natura omogenea, non essendo possibile distinguere al suo interno un aspetto propriamente urbanistico dagli altri elementi dell’istituto asseritamente “procedurali” o meramente tali.
      Ne consegue, pertanto, che la prima tesi difensiva del Comune di Mascalucia non è condivisibile e, come tale, deve essere respinta.
      Ib) Più complesso è invece l’esame del secondo argomento difensivo del Comune resistente.
      Afferma la difesa di quest’ultimo, infatti, che, a norma dell’art. 11 delle preleggi, a mente del quale la legge non dispone che per l’avvenire,  il principio tempus regit actum deve intendersi applicabile anche al caso di specie e pertanto la programmazione territoriale, divenuta efficace nella vigenza dell’art. 1 della L.R. 38/73, resterebbe soggetta a quest’ultima disposizione e pertanto manterrebbe inalterata la propria validità decennale; in assoluto subordine, seguendo il medesimo iter logico, essa ritiene che l’efficacia “quinquennale” del vincolo derivante dalla norma sopravvenuta, potrebbe solamente incidere sul decorso del vincolo medesimo, in quanto non ancora maturato, (ossia per la parte residua) e quindi con termine quinquennale decorrente non dalla data di esecutività dello strumento urbanistico, anteriore all’entrata in vigore del testo Unico, ma dalla data di entrata in vigore di quest’ultimo. Seguendo tale ordine di idee, ed essendo entrato in vigore il D.P.R. 327/01 in data 30.06.2003, il vincolo dello strumento urbanistico approvato anteriormente, verrebbe a scadere dunque il 30.06.2008.
      Ad avviso del Collegio è quest’ultima la interpretazione condivisibile del testo normativo.
      Facendo propria la tesi della difesa del Comune, infatti, si deve osservare che il “decorso” del termine di efficacia del vincolo espropriativo è esso stesso elemento essenziale della garanzia che il legislatore ha posto a tutela della proprietà privata secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale derivante sin dalla nota pronuncia nr. 55/1968  laddove vennero dichiarati incostituzionali gli artt. 7 e 40 della legge 1150/1942, nella parte in cui non si prevedeva un indennizzo per l’apposizione di limitazioni a contenuto espropriativo della proprietà.
        Decorso del termine e potestà pianificatoria-urbanistica stanno quindi sul medesimo piano di tutela, poiché entrambi assolvono allo scopo di assicurare che il sacrificio imposto alla proprietà privata sia non solo contenuto entro ragionevoli limiti di tempo, ma anche finalizzato ad un insieme organico di interventi ascritti ad una pianificazione razionale e completa del territorio.
      Pertanto, il principio tempus regit actum – in assenza di apposite norme transitorie – osta a che la nuova disposizione retroattivamente modifichi il regime del vincolo, così come all’epoca disposto in conformità alla norma allora in vigore, proprio perché essa incide sulla pianificazione e non solo sul termine in quanto tale di un provvedimento.
     Si tratta dunque di nuova normativa che interviene a disciplinare situazioni che trovano la propria fonte costitutiva (il titolo) in un provvedimento amministrativo che possiede ed esplica effetti continuativi nel tempo, e questi sono ancora in fieri, ossia non interamente prodottisi nel vigore della norma precedente.
     D’altronde, sono gli stessi argomenti utilizzati dalla difesa dei ricorrenti che confermano la validità dell’opzione ermeneutica proposta dalla difesa dell’Amministrazione.
     Secondo il ricorrente nel giudizio nr. 2412/06, il legislatore siciliano, laddove ha voluto introdurre un diverso termine di decorrenza dell’efficacia temporale del vincolo pubblicistico, è intervenuto espressamente ed in modo inequivoco, così come ha fatto l’art. 1 comma 4 della L.R. 38/1973 con riguardo agli strumenti urbanistici adottati prima della entrata in vigore della suddetta legge.
     Osserva dunque il Collegio che la disposizione citata così recita: “ Per gli strumenti urbanistici approvati prima della data di entrata in vigore della presente legge, il termine di dieci anni di cui al precedente comma decorre dal 1º dicembre 1968
     In questo senso, pertanto, la norma transitoria ha disposto esattamente quel tipo di effetto retroattivo che, secondo la difesa dei ricorrenti, dovrebbe essere oggi riconosciuto alla norma di cui all’art. 9 del D.P.R. 327/01, senza tuttavia che, in quest’ultima disposizione, nulla sia previsto a tal proposito.
     Proprio il raffronto tra le due normative, quindi, nega in radice la possibilità che la più recente possa disporre retroattivamente la modifica del regime dei vincoli decennali, in quanto manca in essa la previsione di quel genere di norma transitoria che, invece, la norma regionale più antica – a sua volta – possedeva.
     Pertanto deve affermarsi che, per effetto dell’art. 9 del D.P.R. 327/01, come recepito, in Sicilia, dall’art. 36 della L.R. 7/2002,  i vincoli espropriativi hanno durata quinquennale; i vincoli decennali apposti nel vigore dell’art. 1 della L.R. 38/1973, mantengono il proprio termine di efficacia non oltre la data di un quinquennio dalla entrata in vigore dell’art. 9 citato, e pertanto, laddove tale termine venga a scadere in un tempo successivo, sono rideterminati ex lege ad un quinquennio decorrente dalla data di entrata in vigore della norma (mentre, se il termine decennale viene a scadere in un momento anteriore al quinquennio, esso rimarrà come tale confermato alla scadenza naturale).
     I ricorsi riuniti vanno, dunque, respinti.
     La novità della  materia costituisce comunque, ad avviso del Collegio, giusta causa per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti.
     P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. interna prima, RIGETTA i ricorsi riuniti in epigrafe.
SPESE compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nelle camere di consiglio del giorno 11.01.2007 e dell’ 8.02.2007.
      L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE
        ********************************    *********************** 
Depositata in Segreteria il 03 maggio 2007

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