Tanto basta per far ritenere sussistente, nella specie, l’elemento soggettivo dell’illecito extracontrattuale

Lazzini Sonia 07/10/10
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Tanto basta per far ritenere sussistente, nella specie, l’elemento soggettivo dell’illecito extracontrattuale.

Nei paragrafi che precedono il Collegio ha ampiamente dimostrato le numerose e ripetute illegittimità procedimentali (essenzialmente per evidente illogicità e difetto di motivazione in merito al complessivo procedimento di gara con riguardo al punteggio massimo attribuito alla ALFA) poste in essere da tutti i soggetti pubblici del procedimento (Stazione appaltante e Commissione ) sia nel redigere gli atti preliminari di gara, con particolare riguardo alle lacune ed incertezze soprattutto nella predisposizione del capitolato, del disciplinare e del progetto preliminare, sia nella concreta disamina dei singoli progetti dei vari partecipanti.

in sede di giudizio risarcitorio derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto

resta a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore addebitabile a fattori esterni, quali contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, complessità del fatto ovvero influenza di altri soggetti

l’appello della Presidenza del Consiglio censura il capo della sentenza con cui il TAR ha condannato l’amministrazione a risarcire a Controinteressata . un danno da mancata aggiudicazione in misura di € 3.177.320,00, in primo luogo, perché la legittimità della valutazione e dell’aggiudicazione deve condurre ad escludere qualsiasi illiceità nell’operato dell’amministrazione; in secondo luogo, perché la domanda risarcitoria era inammissibile per tardività e genericità e comunque infondata nel merito.

Dal canto suo, con specifico motivo d’appello incidentale Controinteressata . lamenta l’indebita riduzione del danno quantificato dall’interessata, non avendovi compreso il danno emergente costituito dai costi di progettazione dell’appalto integrato, il lucro cessante da mancato guadagno (decurtato del 5% ), il danno da mancata aggiudicazione (10% sul prezzo a base d’asta: 8 Mln di euro ) e il maggior danno per mancata aggiudicazione e mancata partecipazione ad altre gare.

§ 41 – Quanto alla domanda risarcitoria, l’appellata – come osservato dal TAR – ne aveva specificati i contenuti con i primi motivi aggiunti , secondo la seguente articolazione:

– € 679.928,08 a titolo di danno emergente per le prestazioni professionali ed i costi sostenuti per la presentazione del progetto definitivo;

– € 8.000.000,00 pari al 10% dell’importo posto a base di gara, o, in via subordinata, € 6.354.640,00 pari al 10% dell’offerta presentata da Controinteressata ., a titolo di mancato guadagno, conseguente alla mancata aggiudicazione della gara;

– maggior danno, a titolo di mancato utile, di una somma superiore ed aggiuntiva al 10%, ove dimostrato che l’utile riveniente dall’esecuzione dall’appalto avrebbe potuto essere superiore

– in via ulteriormente gradata, per il riconoscimento del pregiudizio da perdita di chance.

Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo di appello del Consiglio di Stato?

In primo luogo, va respinto il motivo d’appello sollevato dalla Presidenza del Consiglio in merito ad una presunta inammissibilità della domanda risarcitoria in quanto proposta non con l’atto introduttivo del giudizio, ma solo successivamente con motivi aggiunti.

Contrariamente a quanto prospettato dalla difesa erariale, peraltro in maniera del tutto assertiva e priva di ogni pur minimo riferimento normativo o giurisprudenziale, deve ritenersi senz’altro ammissibile una domanda di risarcimento dei danni formulata anche nel corso del processo avanti al T.a.r. e con semplice memoria, purché detta memoria sia notificata alle controparti, notificazione che, nella fattispecie, vi è stata.

Tale semplificata modalità di proposizione di una domanda, non soggetta ai rigorosi termini di decadenza di cui all’articolo 21, comma 1, legge n. 1034/1971 , risponde alle esigenze di concentrazione dei giudizi e di ragionevole durata dei processi (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009 , n. 3914 ).

Ciò precisato e con riferimento alla contestazione circa l’an del risarcimento per mancanza di provvedimenti illegittimi e comunque per assenza di colpa in capo alla P. A., il relativo motivo d’appello è palesemente infondato.

Nei paragrafi che precedono il Collegio ha ampiamente dimostrato le numerose e ripetute illegittimità procedimentali (essenzialmente per evidente illogicità e difetto di motivazione in merito al complessivo procedimento di gara con riguardo al punteggio massimo attribuito alla ALFA) poste in essere da tutti i soggetti pubblici del procedimento (Stazione appaltante e Commissione ) sia nel redigere gli atti preliminari di gara, con particolare riguardo alle lacune ed incertezze soprattutto nella predisposizione del capitolato, del disciplinare e del progetto preliminare, sia nella concreta disamina dei singoli progetti dei vari partecipanti.

Tanto basta per far ritenere sussistente, nella specie, l’elemento soggettivo dell’illecito extracontrattuale.

E’ pur vero che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell’ elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa , dovendo quindi il Giudice verificare se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona fede alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi (Cons. St., sez. V, 26 maggio 2010 , n. 3367; C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038; 8 settembre 2008, n. 4241; 6 marzo 2007, n. 1049).

Conseguentemente, il giudice amministrativo può dichiarare la responsabilità quando la violazione risulti commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da evidenziare la negligenza e l’imperizia dell’organo pubblico nell’assunzione del provvedimento viziato e negarla, invece, quando, sempre con riguardo al medesimo quadro complessivo, emergano gli elementi dell’errore scusabile, ad esempio per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (Corte giustizia C.E. 5 marzo 1996, cause riunite nn. 46 e 48 del 1993; 23 maggio 1996, causa C5 del 1994; C.d.S., sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5500; C.d.S., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3750; 6 marzo 2007, n. 1049).

Tuttavia e per converso, si è anche rilevato che in sede di giudizio risarcitorio derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto, potendosi ben fare applicazione, al fine probatorio della sussistenza dell’elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 del codice civile, ovviamente desunta dalla singola fattispecie, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore addebitabile a fattori esterni, quali contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, complessità del fatto ovvero influenza di altri soggetti (Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2010 , n. 785 ; C.d.S., sez. V, 20 luglio 2009, n. 4527).

Nessuno dei predetti fattori giustificativi è dato riscontrare nella fattispecie, né essi sono stati motivatamente e documentatamente addotti dall’appellante amministrazione, che si è limitata, invece, ad invocare una presunta legittimità degli atti del procedimento, al contrario smentita nei paragrafi precedenti, ove si sono sottolineati gli aspetti di grave negligenza ed imperizia a carico di tutti i soggetti pubblici coinvolti nel procedimento (Amministrazione appaltante e Commissione di gara ), senza che tali aspetti potessero trovare valido motivo giustificativo nell’asserita natura emergenziale e derogatoria del procedimento stesso.

Anche per tali tipi di procedura – ed anzi a maggior ragione per essi – vale la fondamentale regola costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento, che si riverbera sul necessario grado di diligenza, accuratezza ed attenzione dei pubblici funzionari, anche al fine di fugare qualsivoglia impressione di atteggiamenti precostituiti o di favoritismo celati dietro asserite ma indimostrate esigenze superiori di interesse generale.

 

A cura di *************

 

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 6485 del 7 settembre 2010 pronunciata dal Consiglio di Stato

 

N. 06485/2010 REG.DEC.

N. 03787/2010 REG.RIC.

N. 02862/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3787 del 2010, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dip.To Sviluppo e Competitivita’ Turismo, Pres. Cdm – ************************************** 150 Anni Unita’ D’Italia, Comitato Interministeriale Celebrazioni 150° Anniversario Unita’ D’Italia, Dipartimento della Protezione Civile, Ministero del Turismo, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

CONTROINTERESSATA . Costruzioni Generali Spa, Rti – S.r.l. Controinteressata due Costruzioni Generali, rappresentati e difesi dagli avv. *************, ************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, ******************, 3;

nei confronti di

S.P.A. ALFA Societa’ Appalti Costruzioni in proprio e quale mandataria Rti, rappresentata e difesa dall’avv. ************, con domicilio eletto presso ************ in Roma, viale Parioli, 180; Rti – S.p.A. Igit;

Sul ricorso numero di registro generale 2862 del 2010, proposto da:
ALFA Societa’ Appalti Costruzioni S.p.A. in proprio e quale mandataria Rti, Rti – Igt Spa, rappresentati e difesi dall’avv. ************, con domicilio eletto presso ************ in Roma, viale Parioli, 180;

contro

CONTROINTERESSATA . Costruzioni Generali Spa, rappresentato e difeso dagli avv. *************, ************, con domicilio eletto presso ************ in Roma, ********************* 3; Controinteressata due Costruzioni Generali Srl in proprio e n.q. di Mandante Ati, rappresentato e difeso dall’avv. *************, con domicilio eletto presso ************ in Roma, ********************* 3;

nei confronti di

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario Delegato Opcm N. 3783 del 17.3.2009, Struttura di Missione Per Le Celebrazioni dei 150 Anni dell’Unita’ D’Italia, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comitato Interministeriale Per Le Celebrazioni del 150 Anniversario dell’Unita’ di Italia, ********************************, Enetec Srl Ingegneria Energetica Realizzazione Impianti, Italingegneria Srl;

per la riforma

quanto al ricorso n. 2862 del 2010:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 04555/2010, resa tra le parti, concernente APPALTO PROGETTAZIONE ESECUTIVA ED ESECUZIONE DELLE OPERE PER REALIZZAZIONE NUOVO PARCO DELLA MUSICA E DELLA CULTURA DI FIRENZE.

quanto al ricorso n. 3787 del 2010:

della stessa sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 04555/2010, resa tra le parti.

Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di CONTROINTERESSATA . Costruzioni Generali Spa e di *** – S.r.l. Controinteressata due Costruzioni Generali e di S.P.A. ALFA Societa’ Appalti Costruzioni nelle sopra descritte qualità, di Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario Delegato Opcm n. 3783 del 17.3.2009 e di Struttura di Missione Per Le Celebrazioni dei 150 Anni dell’Unita’ D’Italia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2010 il Cons. ************* e uditi per le parti gli avvocati *************, ************ e ************* (Avv.Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A – Avverso la determinazione con cui è stato aggiudicato provvisoriamente alla soc. ******, ******à Appalti Costruzioni S.p.A., l’appalto della progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere per la realizzazione del Nuovo Parco della Musica e della Cultura di Firenze, nonché dell’aggiudicazione definitiva, nonché avverso gli atti della Commissione giudicatrice e della Commissione tecnica di valutazione e di tutti i verbali delle operazioni da queste compiute, nonché del bando e del disciplinare di gara, del Capitolato prestazionale e di ogni ulteriore atto comunque presupposto, connesso o collegato a quelli impugnati, ivi compresi tutti i cd. quesiti pubblicati sul sito http://www.italiaunita2011.it e della Struttura di Missione, e per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno ha proposto ricorso al TAR Lazio la società CONTROINTERESSATA . Costruzioni Generali s.p.a. ( di seguito e sempre: Controinteressata . ), in proprio e quale mandataria dell’ATI con Controinteressata due Costruzioni Generali s.r.l., seconda classificata con punti 84,253, contro i punti 89,43 dell’aggiudicataria.

B – Con sentenza n. 4555 del 23 marzo 2010, anticipata da dispositivo n. 84 pubblicato in data 11 marzo 2010, il Tribunale amministrativi ha accolto il ricorso, ritenendo, in assoluta, estrema sintesi (rispetto all’articolatissima e ponderosa motivazione della stessa sentenza), che il punteggio massimo di 55 punti attribuito dalla Commissione di gara al progetto della ALFA per l’offerta tecnica non fosse coerente con i requisiti “inderogabili” stabiliti dal progetto preliminare predisposto dalla stazione appaltante.

C – In particolare, l’appellata sentenza ha ritenuto che tale punteggio – segnatamente in relazione agli elementi di scostamento del progetto definitivo S.A.C. rispetto alle indicazioni dettate dal progetto preliminare ed alla stregua della rilevanza assunta, con carattere, ripetesi, di inderogabilità, dalle prescrizioni contenute in quest’ultimo relativamente a taluni qualificanti profili realizzativi dell’opera; e, da ultimo, in ragione dell’omessa esplicitazione, da parte della Commissione di gara, delle ragioni a fondamento dell’asserita “non vincolatività” dell’elaborato progettuale posto a base della procedura – non risulta corroborato da dimostrabili profili di consequenzialità logica rispetto alle operazioni di ponderazione valutativa poste in essere dalla medesima Commissione di gara.

Avverso la sentenza del TAR hanno proposto due distinti appelli l’amministrazione e l’aggiudicataria ALFA soccombenti nel giudizio di primo grado.

D – Con appello iscritto al nrg. 2862/2010 la società ALFA, dopo una ricostruzione dei complessi fatti di causa, ha censurato la sentenza del TAR Lazio sotto i profili sinteticamente di seguito riportati:

D1 – omessa pronuncia su eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse della ricorrente Controinteressata ., il cui progetto definitivo si scosta ugualmente ed in modo significativo da quello preliminare, per quanto concerne la localizazione dell’opera ed i parametri volumetrici e dimensionali;

D2 – errata applicazione da parte del TAR dell’articolo 53 del codice dei contratti pubblici, norma inoperante nella specie per effetto della sua sospensione ad opera del d. lgs. 113/2007 (c.d. secondo decreto correttivo del codice);

D3 – erroneamente il TAR ha ritenuto come requisiti inderogabili del progetto preliminare taluni elementi architettonici (in particolare la torre scenica alta 38 metri) che invece potevano essere derogati con proposte migliorative;

D4 – in particolare, la relazione tecnico-illustrativa del progetto preliminare descriveva gli aspetti più rilevanti dell’opera, quali la torre scenica alta 38 metri, ma senza mai distinguere in modo netto e preciso gli elementi progettuali inderogabili rispetto a quelli che potevano essere derogati, come sarebbe stato invece necessario laddove alcuni di tali elementi fossero stati, come ha erroneamente ritenuto il Giudice di prima istanza, effettivamente vincolanti; dall’esame delle tavole progettuali, invece, si evince che gli unici elementi inderogabili fossero quelli prestazionali, ossia quegli elementi progettuali che caratterizzano l’opera sotto il profilo delle funzioni da questa assolte (capienza minima di ciascuna delle sale, numero di scene movimentabili all’interno della torre scenica, ecc.);

D5 – la sentenza appellata non ha considerato che, in relazione agli elementi meramente indicativi del progetto preliminare, l’offerta tecnica della ALFA era notevolmente migliorativa, sia con riguardo alla minore altezza della torre scenica, conseguente alla movimentazione orizzontale delle quinte, previste in numero di tre e non due come in progetto, al minore impatto visivo ed alla migliore integrazione ed armonizzazione urbanistica dell’opera;

D6 – anche la parte della sentenza relativa alla condanna al risarcimento del danno sarebbe illegittima per non avere considerato, il TAR, che anche l’offerta formulata dalla Controinteressata . si caratterizzava per una macroscopica violazione della disposizione inderogabile, relativa alla localizzazione dell’opera, il che escluderebbe uno scorrimento della graduatoria a vantaggio della Controinteressata ., con la conseguenza che verrebbe meno il presupposto per il riconoscimento di un risarcimento a titolo di mancata aggiudicazione della gara; in ogni caso, anche nel merito, gli apprezzamenti della decisione impugnata non sarebbero da condividere, in mancanza di una istruttoria rigorosa e puntuale che avesse offerto un principio di prova sull’effettivo pregiudizio che il ricorrente in primo grado avesse subito.

E – Con appello iscritto al nrg. 3787/2010 anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proposto appello contro la stessa sentenza del TAR Lazio, formulando i seguenti motivi, anch’essi sinteticamente riportati:

E1 – sarebbe errato avere ritenuto l’appalto in questione come appalto integrato ai sensi dell’art. 53 del d. lgs. n. 162 (rectius: 163, n.d.r. )/2006, norma inapplicabile al caso di specie in quanto sospesa dal d. lgs. n. 113/2007;

E2 – sarebbe errata la sentenza per avere ritenuto inderogabili taluni elementi strutturali che non erano tali. Il disciplinare, infatti, conteneva in realtà delle prescrizioni dalle quali i progettisti non avrebbero potuto prescindere, pena una valutazione negativa del merito tecnico della loro proposta, ma tali prescrizioni riguardavano la finalità fondamentale che il progetto architettonico avrebbe dovuto perseguire, cioè l’ottimale inserimento nel contesto ambientale, sia prossimo che di più vasta area (cioè, la contestualizzazione) e la flessibilità dell’opera, da intendere come idoneità ad usi non esclusivamente musicali e compatibili anche con le più vaste funzioni di rappresentazione scenica che il complesso del Parco della Cultura avrebbe in prospettiva dovuto assolvere; sicché le vere prescrizioni vincolanti andavano individuate in queste indicazioni prestazionali e funzionali, più che in tratti materialmente strutturali;

E3 – la riprova evidente della derogabilità degli elementi strutturali sta nel fatto che tutti e sette i progetti definitivi presentati dalle imprese partecipanti derogavano in modo significativo rispetto alle indicazioni progettuali, compreso quello della Controinteressata , il quale proponeva per parcheggi mq 15.100, per spazi tecnici mq 25.071, per spazi scenici mq 4.378, per spazi commerciali mq 5.352, per il teatro lirico mq 5.054, per la sala piccola (al lordo dei magazzini) mq 3.964, per il foyer mq 5.358; quanto all’altezza complessiva della torre scenica, che il preliminare indicava in m 38, mentre il progetto ALFA proponeva un altezza di m. 33,40 (cioè m. 4,60 in meno), il progetto Controinteressata . proponeva un’altezza di m. 44 ( cioè m. 8 in più); soltanto per i laboratori il progetto Controinteressata rispettava alla lettera l’indicazione del preliminare (mq 3.602 rispetto a mq 3.600);

E4 – erroneamente il TAR ha ritenuto non migliorative le proposte della ALFA, le quali, invece, davano risposte migliori ai due aspetti veramente vincolanti indicati nel progetto preliminare: la contestualizzazione e la flessibilità; si osserva, al riguardo, da parte appellante, che il progetto ALFA migliorava il preliminare su un punto importante, quale il rapporto con gli spazi circostanti (es. la stazione Leopoldae e il Parco delle Cascine), eliminando la cavea dall’avancorpo, sovrapponendola invece al volume della sala del teatro lirico, e così liberando un ampio piazzale esteso fino al viale ********, realizzando un migliore raccordo con il contorno (ulteriormente potenziato dalla lieve inclinata per cui si accedeva al percorso in quota attorno al manufatto, che creava una continuità con il retrostante Parco delle Cascine); quanto alla contestualizzazione dell’opera, questa da un lato si presentava di aspetto non eccessivo (minimalista), spiccando, peraltro, con dovuta imponenza (soprattutto per il rilievo della torre scenica) rispetto alle architetture circostanti; in tal modo perpetuandosi quella tradizione di inserimento per dissonanza tipica degli edifici importanti di Firenze rispetto al contesto urbano dei restanti edifici;

E5 – all’opposto, il progetto Controinteressata . si presentava in termini di minor pregevolezza, in quanto – come giustamente rilevato dalla commissione di gara con il verbale n. 5 – il fabbricato concepito dalla Controinteressata . si presentava nei confronti del contesto prossimo “come un edificio fortemente connotato sia per consistenza, che per altezza, che per i materiali di finitura; 1’edifìcio domina la piazza antistante, che si apre fino al viale ******** di cui costituisce allo stesso tempo quinta architettonica ed elemento focale in forza dei caratteri architettonici e delle attività ospitate”;

E6 – anche il capo della sentenza con cui il Tar ha condannato l’amministrazione a risarcire a Controinteressata . un danno da mancata aggiudicazione in misura di € 3.177.320,00, sarebbe da riformare: in primo luogo, perché la legittimità della valutazione e dell’aggiudicazione deve condurre ad escludere qualsiasi illiceità nell’operato dell’amministrazione; in secondo luogo, perché la domanda risarcitoria era inammissibile per tardività e genericità e comunque infondata nel merito.

F – In entrambi gli appelli si è costituita l’impresa Controinteressata , per contestare la fondatezza delle censure e per proporre ricorso incidentale contro la stessa sentenza, come meglio sarà precisato in punto di diritto.

G – In prossimità dell’udienza di merito tutte le parti hanno depositato ampie memorie per illustrare le rispettive tesi.

In particolare, nella sua memoria ALFA contesta vivacemente l’affermazione, contenuta nell’atto di costituzione dell’appellata, secondo cui “una volta intervenuta l’aggiudicazione, il progetto dell’ATI ALFA era stato poi drasticamente modificato e che l’importo dell’appalto, originariamente posto a base di gara per 80.000.000,00 di euro, era poi lievitato a 236.000.000,00 di euro, con la inevitabile scelta da parte delle Amministrazioni, attesa l’assenza dei relativi finanziamenti, di procedere per lotti funzionali”.

Secondo l’appellante privato si tratterebbe di “affermazioni consapevolmente e gravemente errate, dalle quali l’appellata vorrebbe ricavare una conferma significativa della sostanziale inadeguatezza del progetto preliminare e più, in generale, dell’offerta tecnica dell’A TI S.A.C.”.

Osserva, in contrario, la medesima appellante che le cifre si riferirebbero ad entità di natura completamente diversa, in particolare : – 80.000.000,00 € è il valore dell’importo dei lavori posto a base d’asta, al netto dell’IVA; – 236.000.000,00 € è l’importo del quadro economico, come individuato dalla Stazione appaltante, che definisce l’intera somma a carico della stessa per completare e rendere funzionante il teatro. Tale cifra, pertanto, comprende oltre all’importo dei lavori, sia forniture non facenti parte dell’oggetto dell’appalto (opere di meccanica, illuminazione e multimediali relative all’impianto scenotecnico ed opere di arredo), per circa € 65.000.000,00, sia le cosiddette somme a disposizione della stessa Stazione appaltante (tra cui l’IVA), per circa € 22.000.000.

Non sarebbe pertanto vero, come assertivamente desunto dal pretestuoso confronto di controparte, che si sia posto mano ad un completo rifacimento della progettazione (progetto “drasticamente modificato”) per adeguare il fabbricato alle specifiche di gara, che avrebbero garantito la funzionalità del teatro.

H – Alla pubblica udienza del 13 luglio 2010 la causa, sentiti gli avvocati di tutte le parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

§ 1 – I due appelli, in quanto proposti contro la stessa sentenza del Tar Lazio indicata in epigrafe, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Al fine del decidere vale ricostruire la complessa vicenda che ha portato al contenzioso in oggetto.

Con D.P.C.M. del 24 aprile 2007 – confermato e legittimato dall’articolo 36 del D.L. 1-10-2007 n. 159, convertito in legge n. 222/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), contemplante uno speciale programma di interventi connessi alle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità nazionale con un’autorizzazione di spesa di 140 milioni di euro per l’anno 2007 – è stato istituito uno speciale Comitato interministeriale, al quale sono state affidate, in raccordo con le Amministrazioni regionali e locali interessate, le attività di pianificazione, preparazione ed organizzazione degli interventi e delle iniziative connesse alle celebrazioni del predetto centocinquantenario.

§ 2 – Con successivo decreto 15 giugno 2007 del Presidente del Consiglio dei Ministri è stata istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo – una “Struttura di missione per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità Nazionale”, incaricata di fornire supporto al Comitato interministeriale nello svolgimento dei suoi compiti e di assicurare gli adempimenti necessari per la realizzazione del programma degli interventi connessi alle stesse celebrazioni, definito dal medesimo Comitato..

§ 3 – In relazione alla necessità di dare avvio al programma di interventi, il Comitato, nella seduta del 21 settembre 2007, individuava una prima serie di iniziative, tra cui anche quella riguardante la città di Firenze.

In particolare, con provvedimento n. 80 del 18.10.2007 è stata indetta una procedura aperta per la “progettazione esecutiva ed esecuzione per la realizzazione del nuovo auditorium di Firenze”.

§ 4 – Con “ Bando di procedura aperta “ – invero assai sintetico (poco più di una pagina) – datato 19 ottobre 2007 a firma del Capo dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, la predetta “Struttura di Missione per le Celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia” ha avviato il procedimento di gara per la “Progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere per la realizzazione del nuovo Parco della Musica e della Cultura di Firenze”, con importo a base d’asta per lavori a misura di € 80.000.000,00, di cui € 2.400.000,00 per oneri della sicurezza (non soggetti a ribasso) ed € 2.500.000,00 per oneri di progettazione.

Relativamente alla documentazione, il punto 5 del bando rinviava al “disciplinare di gara e gli elaborati progettuali editabili… visibili tutti i giorni, escluso il sabato, dalle ore 9,30 alle ore 12,30, all’indirizzo di cui al punto 1, nonché scaricabili dal sito…….”.

§ 5 – Assai più corposo, rispetto al bando (ben 15 pagine ), è il “Disciplinare di gara”, senza data, ma a firma dello stesso Capo dipartimento, Ing. ********, con cui sono state anzitutto fornite “Informazioni relative all’appalto”.

Dopo avere ricostruito brevemente l’iter procedimentale degli interventi per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, nonché le forme di finanziamento a carico dello Stato, della Regione e del Comune, il provvedimento individua “l’opera caratterizzante la celebrazione, per la Regione Toscana” nella realizzazione del “Parco della Musica e della Cultura di Firenze”, ed, in particolare, nel primo intervento (Auditorium) di “costituzione di questo importante polo che va a valorizzare un’area oggi occupata dalle officine ferroviarie immediatamente alle spalle dell’edificio ex stazione ******** e per le quali è in corso l’accordo con Ente Ferrovie per l’acquisizione dell’area”.

“ L’opera, progettualmente pensata come un complesso polifunzionale è chiamata quindi” – secondo lo stesso provvedimento – “ad interagire con una non semplice situazione urbana nella quale si deve ottimizzare la sua contestualizzazione a conferma della volontà di realizzare un luogo aperto alla città ed alla cittadinanza e non un fortilizio culturale”.

§ 6 – Ricorda, ancora, il citato “Disciplinare di gara” come “Il Comune di Firenze aveva intenzione di proporre, in proposito, apposito concorso di idee che l’accelerazione data alle procedure di appalto e la necessità di realizzare l’opera in tempi compatibili con le celebrazioni del Grande Evento non hanno reso possibile”.

“L’Amministrazione, tuttavia, proprio attraverso il sistema di affidamento di progettazione ed esecuzione intende ottenere il risultato di realizzazione di un’opera che sia di assoluto valore architettonico, che si inserisca nel tessuto urbano e che (si, n.d.r.) armonizzi con l’ ambiente circostante e con quelle che saranno le altre strutture a completamento del Parco della Musica e della Cultura di Firenze”.

§ 7 – Aggiunge, subito dopo, lo stesso disciplinare, che “A tal proposito e con valore di lex specialis, si rende noto fin d’ora che non sarà attribuito alcun punteggio a quei progetti che pur singolarmente soddisfacenti e/o meritevoli nelle loro soluzioni tecniche migliorative, ad insindacabile giudizio della Commissione giudicatrice, non soddisfino i requisiti sopra enunicati (rectius:; “ enunciati “, n.d.r.).

Dopo avere confermato l’oggetto dell’appalto come la “Progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere per il nuovo Auditorium”, l’importo a base d’asta, il luogo di esecuzione, le categorie di opera, il tempo di esecuzione, la procedura di aggiudicazione ( “offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 del D. Lgs. 163/2006…..secondo i parametri sotto indicati…”), il predetto disciplinare individua i “parametri di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa,…….individuata sulla scorta dei seguenti elementi convenzionali, per ciascuno dei quali è indicato il relativo punteggio massimo attribuibile:

– merito tecnico dell’offerta: 55 punti; – tempo e modalità di esecuzione: 10 punti; – prezzo: 35 punti; punteggio totale massimo: 100 punti”.

§ 8 – Con riguardo ai “Criteri di valutazione dell’offerta” e con specifico riferimento al “Merito tecnico”, riferito alla “progettazione definitiva ed alla progettazione esecutiva dell’opera”, viene sottolineata la “qualità del progetto architettonico”, quale “uno degli elementi più importanti di valutazione dell’offerta”, riguardante “tutti gli elementi evidenziati nella documentazione comunque messa a disposizione”.

A proposito della qualità, il disciplinare rammenta la necessità di ottimizzare la contestualizzazione dell’opera, specie nei riguardi della Stazione ********, del Parco delle Cascine, dell’impianto edilizio circostante e della situazione urbanistica dei luoghi, tenendo conto “dell’esigenza di ottenere …. spazi interni quanto più possibile flessibili”, con speciale riguardo “al palcoscenico, in relazione ai diversi possibili utilizzi dello stesso, alla cavea, il cui spazio deve risultare fruibile anche indipendentemente dal Teatro, agli spazi destinati alle attività commerciali compatibili, al parcheggio pertinenziale”.

§ 9 – Sempre nell’ambito dei “Criteri di valutazione dell’offerta”, il disciplinare considera “elementi premianti”, una serie cospicua, ma assai poco indicativa (in quanto di scarsa pregnanza e significatività contenutistica delle proposte progettuali dei partecipanti alla gara), di prescrizioni, tra le quali meritano menzione, per minore genericità e maggiore utilità ermeneutica: “- la valorizzazione funzionale dell’edificio, anche per il migliore inserimento dello stesso nel contesto, in rapporto alle relazioni con gli spazi esterni; – la flessibilità delle soluzioni architettoniche ed impiantistiche ; – le soluzioni strutturali che ottimizzino i requisiti di sicurezza, la durabilità delle componenti e dell’insieme; – le soluzioni impiantistiche volte all’ottimizzazione gestionale, alla minimizzazione dei costi di esercizio e di manutenzione, all’utilizzo di sistemi innovativi, alla flessibilità funzionale ed al livello di sicurezza di funzionamento; – la previsione di adeguati sistemi di cantierizzazione e di modalità costruttive finalizzati alla mitigazione degli effetti sull’ambiente e sugli spazi viciniori; – le soluzioni finalizzate al potenziamento della durabilità delle opere, alla minimizzazione dei costi di manutenzione e di gestione, al mantenimento nel tempo dei caratteri estetici e funzionali, e alla garanzia di affidabilità; – durabilità e conservazione nel tempo dell’aspetto architettonico; – l’ottimizzazione delle soluzioni per il comfort acustico; migliore contestualizzazione dell’intervento in relazione allo stato dei luoghi che hanno relazione visiva e/o funzionale con l’opera”.

§ 10 – Subito dopo, il Disciplinare specifica i punteggi riservati al merito tecnico dell’offerta, stabiliti, come detto sopra, in complessivi 55 punti, ripartiti con i seguenti criteri:

– metodologia di conduzione del progetto e relativa capacità tecnica ed approfondimenti progettuali: 5 punti; – valorizzazione architettonica e funzionale, flessibilità delle soluzioni architettoniche,

modalità di realizzazione e contestualizzazione dell’intervento, durabilità delle opere: 15 punti;

– soluzioni strutturali: 15 punti; – flessibilità delle soluzioni impiantistiche, soluzioni impiantistiche e ottimizzazione delle soluzioni per il comfort acustico: 15 punti; – sistemi di cantierizzazione: 5 punti.

Nello stesso punto il documento di gara ribadisce, come già visto, “con valore di lex specialis”, l’impossibilità di attribuire alcun punteggio “a quei progetti che pur singolarmente soddisfacenti e/o meritevoli nelle loro soluzioni tecniche migliorative del progetto posto a base d’asta. ad insindacabile giudizio della Commissione, non soddisfino il requisito di realizzazione di un’opera che sia di assoluto valore architettonico, che si inserisca nel tessuto urbano e si armonizzi con l’ambiente circostante”, nonché con le future strutture del complessivo Parco della Musica.

§ 11 – Con riferimento, poi, al contenuto della busta n. 2 riguardante l’offerta economica, il Disciplinare, a pag. 12 e seguenti, nell’ambito di un generale criterio di chiarezza e completezza dell’offerta tecnica, prescrive che “nella suddetta busta dovrà essere contenuta la proposta progettuale migliorativa presentata dal concorrente, ai fini dell’attribuzione del punteggio premiante come sopra individuato”.

Con specifico riguardo ai documenti da versare, si richiede, poi, un “Disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali e tecnico-amministrativi che l’offerente ritenga necessario integrare rispetto a quanto previsto nel progetto posto a base di gara”, precisandosi che “- nessun punteggio sarà assegnato all’offerta tecnica qualora le soluzioni architettoniche proposte e/o la contestualizzazione offerta non siano state ritenute, dalla Commissione giudicatrice, sufficienti per il prosieguo della gara; – qualora alcune delle soluzioni migliorative o integrazioni tecniche proposte da un concorrente siano state valutate dalla commissione giudicatrice, in sede di determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, peggiorative o comunque non migliorative e, quindi, non accettabili, non si procederà alla esclusione del concorrente dalla gara ma se ne terrà debitamente conto nell’assegnazione dei coefficienti ed il suddetto concorrente, in caso di aggiudicazione, dovrà eseguire l’intervento, per quanto riguarda le dette proposte ritenute inaccettabili, nel rispetto delle indicazioni e prescrizioni del progetto posto a base di gara.

La commissione giudicatrice predisporrà una apposita relazione illustrativa in ordine alle proposte ritenute inaccettabili”.

§ 12 – Più significativo, rispetto ai precedenti documenti di gara, per comprendere le caratteristiche e le finalità funzionali dell’opera da realizzare, è il “ Capitolato prestazionale- Lavori edili”, il quale nel Capitolo I, art.1, rubricato, si badi, “OGGETTO DELL’APPALTO INTEGRATO”, individua quest’ultimo nella “rivisitazione della progettazione definitiva (?, n.d.r. ) -progettazione esecutiva e nell’esecuzione di tutti i lavori e forniture necessari per la realizzazione dell’intervento di cui al comma 2”.

§ 13 – In realtà, “l’intervento” è individuato nello stesso comma 1, attraverso una preliminare descrizione sommaria, in base alla quale, per quanto concerne la localizzazione, il “nuovo teatro troverà spazio nell’area oggi occupata dalle officine ferroviarie immediatamente alle spalle dell’edificio ex stazione”.

Con riguardo, poi, ai dati più immediatamente progettuali, l’auditorium è “pensato come un complesso plurifunzionale, dotato di quelle caratteristiche che ne determinano il ruolo di cerniera e interconnessione funzionale all’interno della più ampia previsione progettuale del Parco della Musica e della Cultura”.

Si passa, subito dopo, alla configurazione strutturale, raffigurata come “un corpo edilizio polivalente di circa 15.000 metri quadrati di superficie coperta, strutturato in due sale di cui una da 2.000 posti, destinata a produzioni liriche e sinfoniche, ed una polivalente, da 1.000 o 500 posti, con caratteristiche di auditorium concertistico e di “ridotto” per piccole produzioni teatrali.

Il fronte del complesso, di 110 metri di lunghezza, è caratterizzato da un avancorpo a doppia altezza ospitante al suo interno la cavea a cielo aperto da 2.000 posti, con il piano di rappresentazione ad un livello di 5,30 metri al di sotto del piano di campagna e direttamente comunicante con i servizi tecnici sotterranei del teatro.

L’edificio resta caratterizzato dalla torre scenica alta 38,00 metri e dalla successione dei diversi volumi e coperture, che lo identificheranno come ******** (tradotto dall’inglese, come impongono le ormai note e più volte ripetute normative di semplificazione sulla redazione degli atti normativi ed amministrativi: punto di riferimento o pietra miliare: n.d.r.) urbano fortemente connotato che, pertanto, dovrà essere di alta qualità architettonica”.

§ 14 – Il comma 2 del medesimo Capitolato prestazionale prevede, a carico dell’aggiudicatario, di “dare il lavoro completamente compiuto e secondo le condizioni stabilite dal capitolato speciale d’appalto, con le caratteristiche tecniche, previste dal progetto preliminare con i relativi allegati” e con obbligo per lo stesso aggiudicatario di predisporre il progetto esecutivo “nel rispetto dell’articolo 93, comma 5, del Codice dei contratti e degli articoli da 35 a 45 del regolamento generale, in quanto applicabili, in conformità al progetto preliminare messo a disposizione dalla Stazione appaltante”.

Aggiunge inoltre, di seguito, il Disciplinare che il “progetto preliminare individua i requisiti inderogabili dell’opera oggetto dell’appalto”.

§ 15 – Di ulteriore e maggiore valenza descrittiva e prescrittiva delle caratteristiche e della consistenza dell’opera sono, ancora, la Relazione tecnico–illustrativa e l’Inquadramento generale, allegati al progetto preliminare redatto dall’amministrazione.

La prima, dopo avere ripetuto quanto già descritto nel sopra riportato Disciplinare prestazionale, precisa ulteriormente che “La cavea è cinta da un livello terrazzato semicircolare a metri 3,80 di altezza, aumentando di fatto la sua capienza con un’offerta aggiuntiva di circa altri 600 posti a sedere coperti, il che permette eventi teatrali e musicali di grande richiamo. Ai lati di questo avancorpo trovano posto due corpi ad L per complessivi 900 metri quadrati di superficie coperta su due livelli, delimitanti due corti interne pubbliche di circa 350 metri quadrati ognuna, su cui affacciano i servizi generali, il ristorante, la caffetteria, la libreria, i negozi specialistici e gli accessi al foyer ed agli spazi distributivi delle due sale……………. La sala di teatro e l’auditorium sono allineati sul foyer, parzialmente a doppio livello ……….La sala principale è, ovviamente, quella dedicata alle rappresentazioni liriche e sinfoniche del Maggio Musicale: dotata di 2.000 posti suddivisi in platea e galleria, la sala si apre su una boccascena di 15,00 metri di lunghezza e un golfo mistico per orchestra fino a 106 elementi. Lo spazio palcoscenico e di servizio di 2.250 metri quadrati è caratterizzato da una fossa sottopalco a 10 metri di profondità oltre che dalla torre scenica con graticciato a 34,00 metri di quota dal palcoscenico e coperture a 38,00 metri da terra.

Completa l’offerta concertistica l’Auditorium da 1000 posti, riducibili con appositi ausili tecnici a 500 posti per assolvere a funzioni di “ridotto” teatrale. L’Auditorium può usufruire di accesso laterale,……”.

§ 16 – Infine, nell’Inquadramento generale – nel quale tra le normative di riferimento applicate al procedimento viene indicato il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs. n. 163/2006 – sono confermate le caratteristiche strutturali e funzionali dell’Auditorium, tra cui, in particolare e per quel che qui interessa, le seguenti:

– L’avancorpo si eleva anche sul Livello 1 (primo piano fuori terra , n.d.r.), per complessivi 900 metri quadrati di superficie coperta su due livelli, e delimita due corti interne pubbliche di circa 350 mq. ognuna, su cui affacciano i servizi generali, il ristorante, la caffetteria, le attività commerciali connesse con le attività culturali e gli accessi al foyer ed agli spazi distributivi delle due sale.

– Al centro dell’avancorpo è presente la Grande Cavea a cielo aperto, capace di ospitare 2.000 persone, con piano di rappresentazione posto a quota -5,3 dal piano di campagna e direttamente comunicante con i servizi tecnici del Livello -1 (primo piano sotterraneo, n.d.r.) del teatro

– A livello 1, la copertura dell’ingresso alla Grande Cavea, è perimetrata da un terrazzo coperto, pertanto possono partecipare ad eventuali rappresentazioni altri 600 spettatori, con posti a sedere coperti, il che permette eventi teatrali e musicali di grande richiamo.

– La Sala del Teatro è posta in posizione centrale rispetto all’asse longitudinale del Nuovo Teatro e ne costituisce il fulcro: è ben individuabile dall’esterno grazie alla Torre scenica che si erge per circa 38 m, e grazie alla successione dei volumi a “guscio” della copertura, proposta anche per l’Auditoruim.

– La Sala può contenere complessivamente 2.000 posti suddivisi tra platea, palchi laterali e galleria, ed è dedicata alle rappresentazioni liriche e sinfoniche organizzate per il Maggio Musicale Fiorentino, presenta un boccascena di 15 m ed è previsto un golfo mistico capace di ospitare 106 elementi. Il palcoscenico ed i servizi annessi presentano area di circa 2.250 mq, con fossa sottopalco di 10 m e graticcia a 34 m dalla quota del palco.

§ 17 Tutto ciò premesso, può scendersi all’esame dei motivi d’appello, iniziando da quello proposto dall’amministrazione.

Come già esposto in punto di fatto, con un primo motivo di gravame sollevato dalla Presidenza del Consiglio, si lamenta che il TAR avrebbe erroneamente ritenuto l’appalto in questione come appalto integrato, conseguentemente applicando le disposizioni dell’art. 53 del d. lgs. 12-4-2006 n. 163 – Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.n. 163 /2006 ( di seguito “ Codice “ ), inapplicabile al caso di specie in quanto sospeso dal d. lgs. n. 113/2007.

L’assunto, da qualsiasi lato lo si consideri, è palesemente infondato.

E’, infatti, la stessa amministrazione, con i suoi atti di gara, ad aver mostrato di volere applicare la norma di cui la difesa erariale assume l’inoperatività.

Basti considerare, al riguardo, quanto segue.

Sia il bando che il disciplinare di gara individuano l’oggetto delle prestazioni richieste ai partecipanti alla gara come “Progettazione esecutiva ed esecuzione delle opere per la realizzazione del nuovo Parco della Musica e della Cultura di Firenze”, usando la stessa terminologia dell’articolo 53 del Codice dei contratti, il quale, nello stabilire la “Tipologia e oggetto dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture “, dispone che ( comma 2 ), “ Negli appalti relativi a lavori, il decreto o la determina a contrarre stabilisce, motivando, nelle ipotesi di cui alle lettere b) e c) del presente comma, in ordine alle esigenze tecniche, organizzative ed economiche, se il contratto ha ad oggetto:………. c) previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare dell’amministrazione aggiudicatrice. Lo svolgimento della gara è effettuato sulla base di un progetto preliminare, nonché di un capitolato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle condizioni e dei requisiti tecnici inderogabili. L’offerta ha ad oggetto il progetto definitivo e il prezzo. L’offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e per l’esecuzione dei lavori”.

§ 18 – La tipologia contrattuale prescelta dalla stazione appaltante – come ricostruita dai documenti di gara sopra riportati per estratto – è proprio quella prevista dalla norma primaria: gara basata su un progetto preliminare predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, offerta tecnica consistente in un progetto definitivo con particolare riguardo ad un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali e tecnico-amministrativi integrativi e specificativi “rispetto a quanto previsto nel progetto posto a base di gara”( pag. 12 del Disciplinare di gara ).

Anche il Capitolato prestazionale, nel Capitolo I, art.1, intitolato “Oggetto dell’appalto integrato”, individua quest’ultimo, seppure con formula invero ermetica, nella “rivisitazione” (con ciò, forse, volendosi alludere ad un’interpretazione integrativa e specificativa del progetto preliminare posto a base di gara) della progettazione definitiva, nella progettazione esecutiva e nell’esecuzione di tutti i lavori e forniture.

Neppure va dimenticato che tra le normative concernenti i lavori applicate al procedimento in questione, lo stesso atto, allegato al progetto preliminare ed intitolato “Inquadramento generale”, indica espressamente il nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs. n. 163/2006, senza distinzione.

La volontà dell’amministrazione di avvalersi dello schema contrattuale dell’appalto integrato come previsto e disciplinato dal Codice è, poi, ulteriormente resa manifesta dallo stesso documento contrattuale d’appalto “ per la progettazione esecutiva e l’esecuzione “, ove a più riprese è richiamato, quale fonte di disciplina, l’articolo 53 del Codice (cfr. art. 7).

§ 19 – Alla luce delle esposte considerazioni debbono, pertanto respingersi le prospettazioni contenute nell’appello della Presidenza del Consiglio, secondo le quali (cfr. soprattutto punto 1.2.1.) la figura contrattuale a cui avrebbe fatto riferimento l’amministrazione nel bando, nel disciplinare e nel capitolato prestazionale, sarebbe una figura “atipica”, che trarrebbe “molti elementi dalla figura del nuovo appalto integrato ex art. 53, c. 2 del Codice, e in particolare ne trae l’elemento per cui, ora, sono le imprese partecipanti a dover offrire un progetto definitivo; ma che non si identifica necessariamente e totalmente con esso”.

La tesi dell’amministrazione non ha alcun supporto né, come visto, negli atti di gara, né nei principi generali.

Infatti, come detto, è la stessa stazione appaltante ad avere fatto ripetuto riferimento espresso (nominativo o contenutistico ) allo schema normativo dell’appalto integrato.

In tali casi – quando cioè, vi sia uno scollamento fra disciplina normativa applicabile e concrete regole procedimentali fissate dall’amministrazione – sono queste ultime ad avere la prevalenza.

§ 20 – Al riguardo, il consolidato indirizzo di questo Consiglio è nel senso che in sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto, la Pubblica amministrazione è tenuta ad applicare le regole fissate nel bando, atteso che questo, unitamente alla lettera d’invito, costituisce la lex specialis della gara, che non può essere disapplicata nel corso del procedimento, neppure nel caso in cui talune delle regole in essa contenute risultino non conformi al paradigma normativo (ad es., allo jus superveniens ), salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela (Sez. V, 11 luglio 1998, n. 224; id., 3 settembre 1998, n. 591).

Tale soluzione è giustificata dal rilievo per cui il bando è atto amministrativo a carattere normativo, enfaticamente ma significativamente denominato, appunto, lex specialis della procedura, rispetto alla quale, ad esempio, l’eventuale jus superveniens di abrogazione o di modifica di clausole non ha effetti innovatori (Cons. Giust. Amm., 3 novembre 1999, n. 576; Cons. St., Sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5714). Nel medesimo senso, questo stesso Consiglio ha ripetutamente chiarito che il bando, unitamente alla lettera di invito, assolve alla funzione di porre le regole concrete della gara e che, in quanto lex specialis della procedura di selezione, impone all’Amministrazione la stretta osservanza delle relative prescrizioni.

Da siffatto principio generale deriva quello della indifferenza ed insensibilità del bando, e, quindi, delle regole della gara, alle modifiche, sopravvenute, del regime normativo vigente, ed osservato con la “legge speciale”, al momento della sua emanazione (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV, 29 dicembre 1998, n. 1605).

Ne consegue che l’Amministrazione è tenuta, nell’espletamento del procedimento di gara , ad applicare le regole contenute nel bando, anche nel caso, ad esempio, di sopravvenuta abrogazione o modifica della disciplina vigente al momento della sua adozione, e che, al contempo, le è precluso di derogare al regolamento di gara per come cristallizzato nella lex specialis, quand’anche fosse in contrasto con le norme vigenti al momento del bando (salva, naturalmente, l’impugnativa del bando a causa di tale contrasto) ovvero divenuto medio tempore difforme dallo ius superveniens (Cons. St., Sez. V, 23 giugno 2010 , n. 3964 ; Sez. V, 15 novembre 2001, n. 5843; Sez. V, 3 ottobre 2002, n. 5206).

§ 21 – Se così è, la normativa di riferimento per la controversia in esame non potrà essere quella dell’intervento “correttivo” di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 31-07-2007, n. 113, il quale, intervenendo sul testo dell’articolo 253 del Codice, vi ha aggiunto, tra gli altri, il comma 1-quinquies, secondo il quale “ Per gli appalti di lavori pubblici di qualsiasi importo, nei settori ordinari, le disposizioni degli articoli 3, comma 7, e 53, commi 2 e 3, si applicano alle procedure i cui bandi siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 5.”.

A tacere d’ogni problema d’interpretazione della norma sopravvenuta, essa non può trovare applicazione al caso di specie, nel quale l’amministrazione aggiudicatrice, per quanto sopra ampiamente detto, l’ha considerata inapplicabile con i concreti atti di gara.

§ 22 – Quanto alla possibilità di prevedere figure contrattuali atipiche – inammissibili per la P. A. ( cfr. art. 55, comma 3, Codice ) ma che secondo l’Avvocatura avrebbe una precisa base normativa nell’OPCM 3632/2007, adottata in seguito al DPCM con il quale, ai sensi del d.l. 343/2001 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile.), conv. in 1. 401/2001, il cui articolo 5 bis, comma 5, dispone che “Le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza” – quella possibilità comunque non giova all’amministrazione; ciò per una serie molteplice di ragioni, delle quali, per brevità, se ne esporranno soltanto due.

La prima, è che – in disparte i delicatissimi profili interpretativi del citato d.l. n. 343/2001, il quale ha affidato al Dipartimento della Protezione civile competenze incoerenti con le sue istituzionali funzioni emergenziali connesse a rischi ed eventi calamitosi – l’articolo 5, c. 2, della legge n. 225/1992 ammette, sì, un potere di ordinanza “in deroga ad ogni disposizione vigente”, ma pur sempre nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, tra i quali quello di completezza e chiarezza dei bandi di gara, le quante volte l’amministrazione si avvalga, come nella specie, dello strumento concorsuale.

La seconda è che la teoria dell’atipicità negoziale è regolata, come noto, dal principio della prevalenza analogica, secondo il quale, nel caso di commistione di più figure contrattuali, ovvero di schema negoziale riconducibile, per intenzione e contenuti, essenzialmente ad un contratto nominato, si applica la disciplina relativa al tipo contrattuale prevalente; tipo che, per stessa ammissione dell’Avvocatura sarebbe proprio quello “del nuovo appalto integrato ex art. 53”, dal quale la “figura atipica prescelta dall’amministrazione trae molti elementi”.

Soccorre, al riguardo, il costante indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale la disciplina dei tipi contrattuali non previsti dall’ordinamento risulta solo in parte da quanto stabilito dall’art. 1323 c.c., nel senso che, ove non sia risolubile il problema interpretativo–applicativo dello schema negoziale predisposto dalle parti in base alle norme del titolo II del libro IV del codice civile, si potrà far ricorso, per via analogica, anche alle norme sui singoli contratti espressamente regolati dalla legge e, in particolare, a quelle regolatrici della fattispecie principale (Cass., sez. III, 28 gennaio 2002 , n. 982); ferma restando, comunque, l’applicabilità anche ai contratti innominati dei principi generali dell’ordinamento (Cass., sez. I, 20 settembre 1995 , n. 9975), come quelli dell’affidamento, buon andamento ed imparzialità.

§ 23 – Anche il motivo d’appello, secondo cui la sentenza del TAR sarebbe errata avendo ritenuto inderogabili taluni elementi strutturali dell’opera, che invece non erano tali, è privo di consistenza.

Secondo le prospettazioni dell’amministrazione, il disciplinare di gara conterrebbe, in realtà, delle prescrizioni dalle quali i progettisti non avrebbero potuto prescindere, pena una valutazione negativa del merito tecnico della loro proposta; ma tali prescrizioni avrebbero riguardato solo la finalità fondamentale che il progetto architettonico avrebbe dovuto perseguire, cioè l’ottimale inserimento nel contesto ambientale sia prossimo che di più vasta area (cioè, la contestualizzazione) e la flessibilità dell’opera, da intendere come idoneità ad usi non esclusivamente musicali e compatibili anche con le più vaste funzioni di rappresentazione scenica che il complesso del Parco della Cultura avrebbe in prospettiva dovuto assolvere.

Un simile assunto non ha pregio.

Ove l’amministrazione avesse inteso valorizzare, ai fini della scelta del contraente, soltanto gli aspetti funzionali dell’opera, lasciando ai partecipanti l’individuazione delle soluzioni architettoniche soddisfacenti le esigenze ed i bisogni della stazione appaltante, essa avrebbe dovuto ricorrere ad altri schemi procedimentali, come quello dell’appalto-concorso, già previsto dall’art. 20 della legge n. 109/1994, ovvero, ancor più, quello del concorso di idee, già disciplinato dall’articolo 17, comma 13 L. n. 109/1994 (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 5 febbraio 2007 , n. 458 in ordine alle caratteristiche ed ai contenuti del concorso di idee), peraltro espressamente escluso, come ricordato nel preambolo del Disciplinare di gara (“Il Comune di Firenze aveva intenzione di proporre, in proposito, apposito concorso di idee”) ovvero quello del dialogo competitivo di cui all’articolo 58 del Codice dei contratti pubblici.

Una volta che, come detto, la stazione appaltante si sia posta la regola, desunta dall’articolo 53 del Codice, di mettere a gara l’appalto per la progettazione esecutiva e la concreta esecuzione dei lavori in favore del progetto definitivo offerto sulla base del progetto preliminare predisposto dall’amministrazione, non può prescindersi dagli elementi strutturali e dimensionali che quest’ultimo deve possedere, assumendo che le vere prescrizioni vincolanti sarebbero da individuare solo nelle indicazioni prestazionali e funzionali, più che in tratti propriamente progettuali e materialmente strutturali.

Se fosse vera la tesi dell’appellante, non vi sarebbe stata ragione per ricorrere allo schema procedimentale dell’appalto integrato, con indicazione specifica di talune caratteristiche fondamentali – o comunque significative – di fondo dell’opera e delle relative dimensioni.

§ 24 – D’altra parte, accettando la tesi dell’amministrazione, non si riuscirebbe a comprendere perché la stessa, in concreto, avrebbe predisposto, con tutti i conseguenti oneri finanziari, un progetto preliminare comunque sufficientemente dettagliato, il quale, infatti, anche secondo lo schema normativo, non avrebbe potuto né dovuto limitarsi ad indicare generiche e vaghe esigenze e criteri (spazi scenici musicali e teatrali, contestualizzazione ambientale, paesistica ed urbanistica, flessibilità funzionale) ma doveva stabilire “ i profili e le caratteristiche più significative degli elaborati dei successivi livelli di progettazione, in funzione delle dimensioni economiche e della tipologia e categoria dell’intervento, ed è composto, salva diversa determinazione del responsabile del procedimento” , da una serie di elaborati, tra cui una relazione illustrativa, una relazione tecnica ed una planimetria generale e relativi schemi grafici (cfr. art. 18 del regolamento generale sui LL. PP. di cui al D.P.R. 21-12-1999 n. 554 ).

§ 25 – Neppure meritano accoglimento le censure con cui si lamenta che il TAR ha ritenuto inderogabili alcune indicazioni strutturali del preliminare, la cui derogabilità sarebbe, invece, comprovata, tra l’altro, dal fatto che tutti e sette i progetti definitivi presentati dalle imprese partecipanti si discostavano significativamente dalle indicazioni progettuali, compreso quello della stessa appellata Controinteressata , il quale proponeva per parcheggi mq 15.100, per spazi tecnici mq 25.071, per spazi scenici mq 4.378, per spazi commerciali mq 5.352, per il teatro lirico mq 5.054, per la sala piccola (al lordo dei magazzini) mq 3.964, per il foyer mq 5.358, mentre, quanto all’altezza complessiva della torre scenica, che il preliminare indicava in m 38, da un lato, il progetto ALFA proponeva un’altezza di m. 33,40 (cioè in meno m. 4,60) e, dall’altro, il progetto Controinteressata . proponeva un’altezza di m. 44 (cioè in più m. 8).

§ 26 – L’affermazione che nessuna indicazione dei documenti di gara fosse veramente vincolante ma – come pure ritenuto dalla Commissione di gara ( cfr. verbale n. 2 : dal quale emerge che le indicazioni del progetto preliminare sono state considerate semplici “parametri generali da ritenersi indicativi e non strettamente prescrittivi” ) – urta contro i dati normativi e provvedimentali che connotano la fattispecie.

Quanto ai primi, già si è detto che l’articolo 53 del Codice dei contratti pubblici – in concreto applicabile alla fattispecie per quanto già detto – impone, per lo schema dell’appalto integrato, che lo svolgimento della gara deve effettuarsi sulla base di un progetto preliminare, nonché di un capitolato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle condizioni e dei requisiti tecnici “ inderogabili”.

Quindi, sia in base alla norma primaria che in base alle caratteristiche contenutistiche del progetto preliminare (art. 18 DPR n. 554/1999, cit.) questo deve per forza contenere indicazioni e prescrizioni strutturali e non genericamente funzionali ed estetiche ( i più volte invocati e richiamati criteri di contestualizzazione e flessibilità).

§ 27 – Quanto all’aspetto provvedimentale, già si è sopra evidenziato (cfr. in particolare §§ 15 e 16 ) come i documenti di gara avessero individuato precisi elementi strutturali e dimensionali quali:

– cavea a cielo aperto ospitante 2.000 persone, con piano di rappresentazione posto a quota -5.3 dal piano di campagna e direttamente comunicante con i servizi tecnici del Livello -1 del teatro, cinta da un livello terrazzato semicircolare a metri 3,80 di altezza, utilizzabile per un’offerta aggiuntiva di circa altri 600 posti a sedere coperti,

– ai lati di questo avancorpo, due corpi ad L per complessivi 900 metri quadrati di superficie coperta su due livelli, delimitanti due corti interne pubbliche di “ circa “ 350 metri quadrati;

– sala di teatro e auditorium allineati sul foyer, parzialmente a doppio livello;

– sala principale dedicata alle rappresentazioni liriche e sinfoniche del Maggio Musicale: dotata di 2.000 posti suddivisi in platea e galleria;

– boccascena di 15,00 metri di lunghezza;

– golfo mistico per orchestra fino a 106 elementi;

– spazio palcoscenico e di servizio di 2.250 metri quadrati caratterizzato da una fossa sottopalco a 10 metri di profondità;

– torre scenica con graticciato a 34,00 metri di quota dal palcoscenico e coperture a 38,00 metri da terra;

– Auditorium da 1000 posti, riducibili con appositi ausili tecnici a 500 posti per assolvere a funzioni di “ridotto” teatrale;

– Sala del Teatro posta in posizione centrale rispetto all’asse longitudinale del Nuovo Teatro, ben individuabile dall’esterno “grazie alla Torre scenica” e grazie alla successione dei volumi a “guscio” della copertura, proposta anche per l’Auditorium.

Si tratta, a ben vedere, di precisi, univoci e tendenzialmente tassativi indici progettuali di riferimento, la cui vincolatività o, almeno, pregnanza e significatività valutativa dei progetti definitivi offerti dai partecipanti sono desumibili, tra l’altro, dalla circostanza che la gran parte dei dati metrici di superficie ed altezza sono espressi senza l’aggiunta dell’avverbio “circa” (avverbio usato soltanto per pochissime indicazioni metriche) o altre analoghe terminologie di approssimazione e, anzi, sino a due cifre decimali: cosa davvero inverosimile ove si fossero intesi quei dati come semplici parametri indicativi.

§ 28 – La circostanza che rispetto ai predetti dati le singole offerte, compresa quella dell’appellata, si presentassero difformi non significa certamente che essi fossero derogabili, ma solo che la valutazione dei singoli progetti andava fatta tenendo conto del tasso di scostamento dagli elementi del progetto preliminare e del livello, migliorativo o peggiorativo, di tale scostamento.

Così – e per limitarsi ad un solo elemento che nelle prospettazioni delle varie parti appare certamente quello più rilevante e più diffusamente trattato – una volta indicata l’altezza della torre scenica in metri 38,00 e qualificata tale torre come elemento “ben individuabile”, ovvero “grazie al quale” doveva agevolmente individuarsi dall’esterni il nuovo Teatro, ovvero, ancora, come “Landmark”, si sarebbero dovuti qualificare i progetti che avessero enfatizzato quell’elemento come migliorativi, a differenza di quelli che avessero previsto altezze inferiori, con conseguente minore visibilità esterna.

La miglior riprova di quanto testé osservato è proprio nell’atto d’appello della ALFA, i cui contenuti qui si anticipano per fini di maggiore comprensione.

Ivi – premesso che solo dall’esame delle tavole progettuali si era in grado di distinguere l’aspetto metrico-dimensionale (derogabile), da quello funzionale-prestazionale (inderogabile) – si afferma che l’altezza della torre scenica non rappresentasse un requisito prestazionale inderogabile, poiché dall’esame dei progetti si evinceva, invece, che tale dato numerico assolveva (rectius: si collegava, n.d.r. ), in realtà, ad una precisa funzione tecnica, consistente nella esigenza di dotare l’Auditorium di un apparato meccanico in grado di movimentare in senso verticale almeno altre due scene oltre a quella allestita nello spazio del teatro.

Un risultato funzionale, quest’ultimo, che dal punto di vista strettamente tecnico, e sul presupposto che il meccanismo di movimentazione delle scene fosse verticale, implicava e presupponeva,

nell’ambito del progetto preliminare a base di gara, la necessaria ed insostituibile presenza di una torre scenica alta non meno di 38 metri.

Tale spiegazione dovrebbe quindi rendere evidente – secondo le parole testuali dell’appello ALFA – come dietro l’apparenza del dato meramente metrico e dimensionale (l’altezza minima della torre scenica), si celasse la realtà del dato funzìonale, che rappresentava l’unico elemento idoneo ad essere qualificato, in base alla lex specialis dì gara, come inderogabile da parte dei concorrenti.

Quindi lo stesso atto d’appello dell’aggiudicataria ammette che il dato funzionale emergente o sotteso al progetto preliminare della p.a. era rappresentato da una movimentazione scenica di tipo verticale; ma subito dopo, sottolinea che l’offerta dell’ATI ALFA, come più volte rilevato nel corso dell’intero giudizio di primo grado, si caratterizzasse, invece, per una concezione della movimentazione delle scene in senso orizzontale, in luogo di quella verticale.

Una concezione – aggiunge l’appello ALFA – frutto delle più moderne tecnologie del settore, tanto che i più grandi teatri del mondo ne farebbero da tempo applicazione (Londra, Pechino, Dusseldorf, tra gli altri).

Il progetto dell’ATI ALFA, dunque, non solo si caratterizzava – secondo l’appellante – per

movimentazione in senso orizzontale, ma soprattutto per il fatto che le scene movimentabili contemporaneamente non sono solo due, come richiesto dalla Stazione appaltante, ma ben tre.

Con l’ulteriore conseguenza, conclude il gravame della ALFA – di una migliore contestualizzazione derivante da un minor impatto visivo di una torre più bassa rispetto a quanto indicato nel progetto preliminare.

Si tratta di considerazioni del tutto condivisibili sul piano astrattamente logico.

Peccato, però, che esse non trovino riscontro o conforto né nei documenti normativi di gara, ove invece la torre scenica rappresentava un elemento di forte riconoscibilità visiva esterna, né nel verbale n. 4 della seduta della Commissione in data 22.12.2007, nel corso della quale è stata esaminata la proposta della ALFA. Mancanza, questa, che, dato il carattere ampiamente tecnico-discrezionale delle valutazioni rimesse alla Commissione di gara, non può in alcun modo essere integrata o supportata in sede processuale con motivazioni di ordine tecnico.

§ 30 – In definitiva, non è chi non veda la contraddittorietà e l’insostenibilità di una simile linea difensiva, con la quale, dapprima, si vuole confermare quanto già espresso dalla Commissione nel verbale n. 2, relativo alla predisposizione dei criteri di valutazione delle offerte tecniche, circa l’importanza vincolante, sottolineata a piene mani nei due appelli, del solo dato funzionale e prestazionale, nella specie costituito dalla movimentazione verticale delle scene, mentre subito dopo si sostiene il carattere migliorativo dell’offerta ALFA, improntata ad una caratteristica prestazionale e funzionale diametralmente opposta, rappresentata da uno scorrimento orizzontale delle quinte.

Per sanare tale intima ed insormontabile contraddittorietà non possono certo valere – come già sopra anticipato – giudizi di miglior favore tecnico per il progetto ALFA, che avrebbero dovuto trovare preventiva e chiara esplicitazione nelle caratteristiche del progetto preliminare, o, almeno, nei criteri valutativi delle offerte migliorative esternati nel verbale n. 2 della Commissione: ciò, per una adeguata tutela degli affidamenti ingenerati nei partecipanti da previsioni che, per il loro carattere funzionale e dimensionale tassativo (torre scenica per movimentazioni verticali alta 38,00 metri ) apparivano non derogabili o, almeno assai significativi e qualificanti ai fini dell’attribuzione dei punteggi relativi all’offerta tecnica.

§ 30 – Alla luce di quanto sopra esposto, appare infondato anche l’altro motivo d’appello, con cui si lamenta che erroneamente il TAR ha ritenuto non migliorative le proposte della ALFA, le quali, invece, davano risposte migliori ai due aspetti veramente vincolanti indicati nel progetto preliminare: la contestualizzazione e la flessibilità.

Su tale punto, parte appellante osserva che il progetto ALFA migliorava il preliminare su un punto importante, quale il rapporto con gli spazi circostanti (es., stazione ********, Parco delle Cascine), eliminando la cavea dall’avancorpo, sovrapponendola invece al volume della sala del teatro lirico, e così liberando un ampio piazzale esteso fino al viale ********, realizzando un migliore raccordo con il contorno (ulteriormente potenziato dalla lieve inclinata per cui si accedeva al percorso in quota attorno al manufatto, che creava una continuità con il retrostante Parco delle Cascine).

Quanto alla contestualizzazione dell’opera, questa, si presentava di aspetto non eccessivo (minimalista), spiccando, peraltro, con dovuta imponenza (soprattutto per il rilievo della torre scenica) rispetto alle architetture circostanti; in tal modo perpetuandosi quella tradizione di inserimento per dissonanza tipica degli edifici importanti di Firenze rispetto al contesto urbano dei restanti edifici.

§ 31 – Anche questo motivo d’appello non merita considerazione.

Vale evidenziare, anzitutto, che il TAR non ha espresso un giudizio (negativo) di merito sul progetto ALFA né, tanto meno, una valutazione comparativa fra i due progetti delle due concorrenti in causa, ma si è limitato a sottolineare, con impianto argomentativo articolato e convincente, l’assoluta mancanza di supporto motivazionale al punteggio massimo (55 punti) riservati all’offerta tecnica ALFA.

Vale anzitutto precisare come i pur censurabili – per quanto sopra detto con riguardo allo schema normativo disciplinante la gara in questione – criteri “ inderogabili “ ( secondo gli appellanti ) della contestualizzazione e flessibilità del progetto architettonico per la sua valutazione, come esposti nei documenti preliminari di gara (supra, sub §§ 8 e 9) hanno subìto un tentativo di specificazione da parte della Commissione di gara (verbale n. 2 del 21.12.2007).

Le possibili “soluzioni migliorative” sono state articolate in sette gruppi, individuati con lettere alfabetiche maiuscole da A a G.

Dopo avere enunciato, alla lettera A, gli elementi strutturali e quantistici dell’opera, come peraltro già indicati nei documenti di gara (v. supra §§ 15, 16 e 27) ed ulteriormente precisati con riferimento alle superfici previste per ciascun settore (parcheggi, auditorium, spazi scenici e commerciali, ecc.), la Commissione di gara ha individuato, con la lettera B, riguardante gli aspetti architettonici e funzionali ( punteggio massimo 15 punti ) sei sotto categorie di “soluzioni migliorative”, peraltro non prive di aspetti di contraddittorietà. Ad esempio, dopo avere affermato, alla lettera A, che i dati ivi indicati erano solo “parametri generali e non strettamente prescrittivi”, alla successiva lettera B.1 si introduce il criterio del “rispetto dei parametri quantitativi già enunciati alla lettera A”.

Analogamente ha fatto la stessa Commissione per le lettere C “soluzioni strutturali” ( max punti 15 ), D “Soluzioni impiantistiche e per il comfort acustico” ( max punti 15 ).

Ora, se si va a leggere il verbale n. 4 relativo all’analisi dell’offerta ALFA, si rileva che quest’ultima non è stata valutata, qualificata e giudicata, ma soltanto descritta nelle sue varie componenti messe a confronto con le voci e sottovoci delle “soluzioni migliorative” preventivamente individuate nel riportato verbale n. 2.

Un esempio concreto per tutti.

Con riferimento alla lettera B.3 dei criteri valutativi, “Soluzioni migliorative relative all’inserimento e rapporti con il contesto”, la Commissione di gara – premesso che tale contesto deve essere “valutato sotto il duplice aspetto del contesto di prossimità e del contesto di area vasta considerato che la contestualizzazione può essere verificata, difatti, sia in base al criterio di assonanza dell’edificio rispetto al contesto, sia in base al criterio di dissonanza dovuta alla tradizione di “eccezionalità” degli edifici pubblici fiorentini rispetto al contesto” – osserva che l’edificio progettato da ALFA “pur fortemente connotato da elementi e materiali estranei alla tradizione locale, presenta comunque caratteri di compatibilità per dissonanza rispetto al contesto prossimo e caratteri di compatibilità per assonanza rispetto al contesto di area vasta, per i medesimi motivi”.

Al di fuori di generiche e contraddittorie qualificazioni, come quelle di “estraneità” e “compatibilità”, il lettore esterno, anche quello meno sprovveduto, non riesce a comprendere se, perché ed in qual misura la soluzione ALFA fosse effettivamente migliorativa rispetto ai parametri ed ai criteri preventivamente indicati. Tanto più se si consideri che per il progetto Controinteressata . la commissione ha usato quasi integralmente le stesse parole, come meglio si vedrà al par. 33.

§ 32 – Da quanto sin qui osservato deriva la condivisione del percorso argomentativo seguito dal TAR, che può sintetizzarsi nei seguenti passaggi:

– necessità di indicare ed individuare uno zoccolo duro progettuale, rispetto al quale effettuare una prima valutazione di conformità e coerenza dei singoli progetti definitivi dei partecipanti;

– necessità di indicare e motivare, circa la presenza di prescrizioni suscettibili di diversa configurazione realizzativa: e, quindi, non inderogabilmente poste dal preliminare quale limite assoluto all’introduzione di “soluzioni migliorative”;

– necessità di un congruo apparato motivazionale che desse, puntualmente, conto non solo della presunta derogabilità della quasi totalità delle indicazioni della progettazione preliminare, ma anche della conformità delle soluzioni progettuali diverse rispetto alle indicazioni del preliminare alle complessive finalità poste a fondamento della realizzazione dell’opera, in modo da consentire l’espressione di un giudizio di puntuale, quanto dimostrabile, anzitutto rispondenza funzionale del progetto definitivo e, poi, di miglioramento dello stesso rispetto a parametri chiari, certi e significativi.

§ 33 – In base alle esposte considerazioni si dimostra immeritevole di considerazione anche il motivo d’appello, con il quale si lamenta che, a differenza dell’offerta tecnica ALFA, all’opposto, il progetto Gia. Fi. si presentava in termini di minor pregevolezza, come rilevato dalla commissione di gara con il verbale n. 5.

In primo luogo, va osservato che la sentenza del TAR, come già sopra rilevato, non ha operato alcun raffronto di merito fra le due offerte in contestazione, ma solo registrato profili di ermeticità ed illogicità del percorso valutativo alla fine del quale la Commissione ha attribuito il massimo punteggio alle soluzioni progettuali proposte dall’appellante, senza che alcuna ragionevole e chiara indicazione trasparisse dai verbali di gara.

In effetti, per quanto riguarda la voce B.2 “Soluzioni migliorative relative al rapporto con gli spazi esterni” la Commissione ha rilevato che “Il fabbricato si presenta nei confronti del contesto prossimo come un edificio fortemente connotato (in coerenza con la qualifica di “Landmark” attribuita all’opera dalla relazione tecnico illustrativa del progetto preliminare, pag. 6: n.d.r. ) sia per consistenza, che per altezza, che per i materiali di finitura; l’edificio domina la piazza antistante, che si apre fino al Viale Rosselli, di cui costituisce allo stesso tempo quinta architettonica ed elemento focale in forza dei caratteri architettonici e delle attività ospitate. Il rapporto con l’edificio della ex stazione ******** è affidato al corpo allungato che si sviluppa in parallelo all’edificio preesistente, quasi a definirne una “pelle” contemporanea sul lato verso la nuova piazza, ed una in cornice architettonica rispetto al lato opposto”.

Come si vede, ancora una volta ci si trova di fronte ad una mera descrizione tecnico–architettonica priva di qualsiasi giudizio di valore, positivo o negativo, quindi insignificante sul piano motivazionale.

Relativamente alla voce B.3 “Soluzioni migliorative relative all’ inserimento e rapporti con il contesto” lo stesso verbale, ripetuta passivamente la formula preventiva già usata per ALFA ( “l’inserimento nel contesto deve essere valutato sotto il duplice aspetto..”), espone che “L’edificio, pur fortemente connotato da elementi e materiali estranei alla tradizione locale e pur in presenza di un formidabile “fuori scala “ rispetto all’edificato circostante, presenta comunque caratteri di compatibilità per dissonanza rispetto al contesto prossimo e caratteri di piena compatibilità per assonanza rispetto al contesto dì area vasta, per i medesimi motivi”.

Anche per le voci B.3-4-5 ci si limita ad osservare che “Il progetto introduce materiali di sicura durabilità che garantiscono una ottima conservazione dell’immagine esterna ed interna dell’edificio nel tempo……”.

In conclusione, nessun elemento qualificativo o valutativo è dato cogliere per legittimare un minor punteggio rispetto a quello massimo attribuito all’offerta ALFA, essendo invece state usate formule assolutamente identiche che avrebbero semmai legittimato un identico o assai simile giudizio numerico, ovvero, formule vagamente elogiative, come quella relativa alla “sicura curabilità” e alla garanzia di “ottima conservazione dell’immagine esterna”.

§ 34 – Prima di passare all’aspetto risarcitorio, sollevato con l’ ultimo motivo d’appello dell’amministrazione, occorre vagliare le censure mosse dall’appello della ALFA, in gran parte coincidenti con quelle dell’Amministrazione.

Il primo motivo concerne la mancata pronuncia, da parte del TAR, in ordine a specifica eccezione di inammissibilità del motivo di gravame che la ricorrente in primo grado Controinteressata . non avrebbe neanche potuto legittimamente formulare, attesa la carenza di interesse al riguardo.

L’appello di ALFA evidenzia, come peraltro già fatto in tutti gli atti difensivi di primo grado, che il progetto elaborato dalla Controinteressata . presentava, a sua volta, macroscopiche violazioni di quei requisiti minimi ed inderogabili che, nell’erronea prospettiva di controparte, fatta propria dal Giudice di prime cure, avrebbero costituito il limite fisso ed invalicabile all’estro creativo dei partecipanti alla gara. Tra queste, la più rilevante discordanza del progetto definitivo dell’appellata Controinteressata . riguardava la localizzazione dell’opera, nonché altri aspetti dell’offerta tecnica.

§ 35 – Il motivo non ha pregio.

La localizzazione dell’opera, come sopra esposta (cfr. § 5), era riferita ad “un’ area oggi occupata dalle officine ferroviarie immediatamente alle spalle dell’edificio ex stazione “********” e per le quali è in corso I’ accordo con Ente Ferrovie per l’acquisizione dell’area”.

Come si vede, gli atti di gara non individuavano terreni catastalmente ben individuati ed indicati con tassativa precisione e prescrizione ubicazionale, ma solo “un’area” descrittivamente indicata. ****’è che la stessa Commissione di gara non ha mosso, al riguardo dell’offerta tecnica Controinteressata . alcun rilievo, secondo quanto sopra già esposto.

In secondo luogo, è da osservare come i motivi di ricorso non si appuntassero esclusivamente su una mancata esclusione del progetto ALFA per scostamento dalle prescrizioni inderogabili del progetto preliminare redatto dall’Amministrazione, ma lamentassero anche, in subordine, un’indebita, o comunque immotivata, attribuzione di massimo punteggio per un progetto che presentava profili di diversità da prescrizioni ed indicazioni “minime” ( tali qualificate dal TAR ) del. progetto preliminare.

Sicché, eventuali scostamenti pur presenti anche nell’offerta dell’appellata non erano, a loro volta, cause di esclusione, ma soltanto di diversa valutazione in sede di attribuzione di punteggio.

Quindi, nessun difetto di interesse al ricorso di primo grado.

Analogo discorso va fatto per gli altri aspetti contenutistici del progetto dell’appellata, le cui eventuali difformità dalle previsioni e prescrizioni del progetto preliminare rappresentavano motivo non di esclusione, ma di valutazione, in connessione con un interesse meramente procedimentale della ricorrente in primo grado.

§ 36 – Quanto agli altri motivi d’appello della ALFA, essi sono sostanzialmente ripetitivi delle censure già esaminate con l’appello della Presidenza del Consiglio: pretesa inapplicabilità dell’art. 53 del Codice e pretesa non significatività dell’altezza e delle funzioni della torre scenica di 38 metri di altezza.

Per questi aspetti si rimanda a quanto sopra osservato ( §§ 17 e seg. ).

§ 37 – Resta da considerare il motivo d’appello della ALFA, per il quale il TAR avrebbe errato nel valutare l’altro elemento asseritamente inderogabile, costituito dalla superficie totale dell’auditorium, con una capienza di spettatori da 1000 posti e con una superficie minima dì 3.900 mq.

Al contrario, lo spazio indicato nel progetto preliminare per il c.d. ridotto” (ossia la sala da 1000 posti) ammonta a 1.500 mq su due livelli. Soltanto sommando le aree adibite ad altre funzioni (quali, principalmente, magazzini e locali tecnici) si giungeva ad ottenere la superficie complessiva di 3.900 mq, che, dunque, era cumulativamente riferita a molteplici ambienti, aventi diverse destinazioni ed usi.

Anche tale profilo è infondato.

Negli atti di gara predisposti dall’amministrazione l’Auditorium è collocato su ben quattro livelli fuori terra, da 0 a 3, e non su due, come asserito dall’appellante.

I complessivi 3.900 mq. individuati nel progetto preliminare sono articolati per i predetti quattro livelli da 0 a 3 ( rispettivamente mq. 1.600, 800, 700, 800 : cfr. verbale n. 2, pag. 3 ), senza che siano precisati gli spazi dedicati a rappresentazione e ad altre funzioni.

A ciò si aggiunga che il progetto ALFA si discosta significativamente anche dalle quadrature scomposte: mq. 1210 per il livello 0 e 420 per il livello 2.

§ 38 – Occorre, ora, passare all’esame dell’appello incidentale dell’appellata Gia. Fi..

Quest’ultima censura, a sua volta, la sentenza del TAR nella parte in cui ha ritenuto che la pur acclarata violazione dei requisiti inderogabili del progetto preliminare non comportasse, in assenza di una esplicita clausola ad excludendum ed in mancanza dei presupposti per l’applicazione del succedaneo criterio teleologico, l’esclusione dell’ATI ALFA, quanto piuttosto la relativa penalizzazione in termini di attribuzione di punteggio.

Il motivo è palesemente inammissibile, perché anche il progetto definitivo dell’appellata–appellante incidentale si discostava in modo significativo da quelli che la stessa appellata aveva individuato nel suo ricorso al TAR quale elementi inderogabili e prescrittivi del progetto preliminare. Per tutti, basti considerare che a fronte di una torre scenica alta, alla quota di copertura, 38,00 metri, la Controinteressata . aveva proposto una struttura di altezza pari 44 metri, con uno scostamento del 15% circa dai dati progettuali di riferimento.

La circostanza, poi, che tale scostamento comportava un miglioramento rispetto al progetto preliminare con riguardo alla funzione di “Landmark” che la torre avrebbe dovuto assolvere, è questione di merito che comporta, appunto, il superamento di profili di ammissibilità del progetto presentato.

§ 39 – Con un secondo motivo d’appello incidentale Gia. Fi. assume l’erroneità della sentenza di primo grado per avere ritenuto tardiva l’impugnazione avverso l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la protezione civile del 23 novembre 2007, n. 3632, “Disposizioni per lo svolgimento del grande evento relativo al 150° Anniversario dell’Unità d’Italia”, con cui è stata consentita la deroga generalizzata ed immotivata a quasi tutte le leggi amministrative fondamentali dello Stato, alle norme in materia di contabilità pubblica, a quelle sul procedimento amministrativo, sull’ordinamento degli enti locali, sull’ordinamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, sulle espropriazioni di pubblica utilità, in materia ambientale ed in materia di contratti pubblici, per un periodo di ben quattro anni e sull’intero territorio nazionale.

Il motivo è anzitutto inammissibile, non essendo dato comprendere che tipo di lesione sarebbe derivata all’appellata dalla censurata deroga.

Se quest’ultima viene individuata con riguardo all’articolo 53 del d. lgs. n. 163/2006, già si è ampiamente illustrato che la norma in concreto ha governato il procedimento, quindi per essa la deroga non ha operato.

Ove, poi, si assuma che nonostante tale applicazione la stazione appaltante di fatto abbia derogato alla norma primaria e non abbia disposto l’esclusione della ALFA per difformità del relativo progetto a quello preliminare, la doglianza è del pari inammissibile poiché anche Controinteressata ., come già osservato, aveva derogato alle prescrizioni inderogabili dei dati posti a base di gara.

§ 40 – Può infine passarsi all’esame delle censure mosse da tutte le parti, appellanti ed appellata, alla sentenza del TAR nella parte relativa al risarcimento del danno riconosciuto all’appellata.

In particolare, l’appello della Presidenza del Consiglio censura il capo della sentenza con cui il TAR ha condannato l’amministrazione a risarcire a Controinteressata . un danno da mancata aggiudicazione in misura di € 3.177.320,00, in primo luogo, perché la legittimità della valutazione e dell’aggiudicazione deve condurre ad escludere qualsiasi illiceità nell’operato dell’amministrazione; in secondo luogo, perché la domanda risarcitoria era inammissibile per tardività e genericità e comunque infondata nel merito.

Dal canto suo, con specifico motivo d’appello incidentale Controinteressata . lamenta l’indebita riduzione del danno quantificato dall’interessata, non avendovi compreso il danno emergente costituito dai costi di progettazione dell’appalto integrato, il lucro cessante da mancato guadagno (decurtato del 5% ), il danno da mancata aggiudicazione (10% sul prezzo a base d’asta: 8 Mln di euro ) e il maggior danno per mancata aggiudicazione e mancata partecipazione ad altre gare.

§ 41 – Quanto alla domanda risarcitoria, l’appellata – come osservato dal TAR – ne aveva specificati i contenuti con i primi motivi aggiunti , secondo la seguente articolazione:

– € 679.928,08 a titolo di danno emergente per le prestazioni professionali ed i costi sostenuti per la presentazione del progetto definitivo;

– € 8.000.000,00 pari al 10% dell’importo posto a base di gara, o, in via subordinata, € 6.354.640,00 pari al 10% dell’offerta presentata da Controinteressata ., a titolo di mancato guadagno, conseguente alla mancata aggiudicazione della gara;

– maggior danno, a titolo di mancato utile, di una somma superiore ed aggiuntiva al 10%, ove dimostrato che l’utile riveniente dall’esecuzione dall’appalto avrebbe potuto essere superiore

– in via ulteriormente gradata, per il riconoscimento del pregiudizio da perdita di chance.

§ 42 – In primo luogo, va respinto il motivo d’appello sollevato dalla Presidenza del Consiglio in merito ad una presunta inammissibilità della domanda risarcitoria in quanto proposta non con l’atto introduttivo del giudizio, ma solo successivamente con motivi aggiunti.

Contrariamente a quanto prospettato dalla difesa erariale, peraltro in maniera del tutto assertiva e priva di ogni pur minimo riferimento normativo o giurisprudenziale, deve ritenersi senz’altro ammissibile una domanda di risarcimento dei danni formulata anche nel corso del processo avanti al T.a.r. e con semplice memoria, purché detta memoria sia notificata alle controparti, notificazione che, nella fattispecie, vi è stata.

Tale semplificata modalità di proposizione di una domanda, non soggetta ai rigorosi termini di decadenza di cui all’articolo 21, comma 1, legge n. 1034/1971 , risponde alle esigenze di concentrazione dei giudizi e di ragionevole durata dei processi (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009 , n. 3914 ).

Ciò precisato e con riferimento alla contestazione circa l’an del risarcimento per mancanza di provvedimenti illegittimi e comunque per assenza di colpa in capo alla P. A., il relativo motivo d’appello è palesemente infondato.

Nei paragrafi che precedono il Collegio ha ampiamente dimostrato le numerose e ripetute illegittimità procedimentali (essenzialmente per evidente illogicità e difetto di motivazione in merito al complessivo procedimento di gara con riguardo al punteggio massimo attribuito alla ALFA) poste in essere da tutti i soggetti pubblici del procedimento (Stazione appaltante e Commissione ) sia nel redigere gli atti preliminari di gara, con particolare riguardo alle lacune ed incertezze soprattutto nella predisposizione del capitolato, del disciplinare e del progetto preliminare, sia nella concreta disamina dei singoli progetti dei vari partecipanti.

Tanto basta per far ritenere sussistente, nella specie, l’elemento soggettivo dell’illecito extracontrattuale.

§ 43 – E’ pur vero che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessario che sia configurabile la sussistenza dell’ elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa , dovendo quindi il Giudice verificare se l’adozione e l’esecuzione dell’atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona fede alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi (Cons. St., sez. V, 26 maggio 2010 , n. 3367; C.d.S., sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038; 8 settembre 2008, n. 4241; 6 marzo 2007, n. 1049).

Conseguentemente, il giudice amministrativo può dichiarare la responsabilità quando la violazione risulti commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da evidenziare la negligenza e l’imperizia dell’organo pubblico nell’assunzione del provvedimento viziato e negarla, invece, quando, sempre con riguardo al medesimo quadro complessivo, emergano gli elementi dell’errore scusabile, ad esempio per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (Corte giustizia C.E. 5 marzo 1996, cause riunite nn. 46 e 48 del 1993; 23 maggio 1996, causa C5 del 1994; C.d.S., sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5500; C.d.S., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3750; 6 marzo 2007, n. 1049).

Tuttavia e per converso, si è anche rilevato che in sede di giudizio risarcitorio derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto, potendosi ben fare applicazione, al fine probatorio della sussistenza dell’elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 del codice civile, ovviamente desunta dalla singola fattispecie, restando a carico dell’Amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore addebitabile a fattori esterni, quali contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, complessità del fatto ovvero influenza di altri soggetti (Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2010 , n. 785 ; C.d.S., sez. V, 20 luglio 2009, n. 4527).

Nessuno dei predetti fattori giustificativi è dato riscontrare nella fattispecie, né essi sono stati motivatamente e documentatamente addotti dall’appellante amministrazione, che si è limitata, invece, ad invocare una presunta legittimità degli atti del procedimento, al contrario smentita nei paragrafi precedenti, ove si sono sottolineati gli aspetti di grave negligenza ed imperizia a carico di tutti i soggetti pubblici coinvolti nel procedimento (Amministrazione appaltante e Commissione di gara ), senza che tali aspetti potessero trovare valido motivo giustificativo nell’asserita natura emergenziale e derogatoria del procedimento stesso.

Anche per tali tipi di procedura – ed anzi a maggior ragione per essi – vale la fondamentale regola costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento, che si riverbera sul necessario grado di diligenza, accuratezza ed attenzione dei pubblici funzionari, anche al fine di fugare qualsivoglia impressione di atteggiamenti precostituiti o di favoritismo celati dietro asserite ma indimostrate esigenze superiori di interesse generale.

§ 44 – Può scendersi all’esame dei criteri di quantificazione del danno adottati dal TAR e censurati, su fronti contrapposti, sia dall’appellante amministrazione che dall’appellata Gia. Fi.

Quanto al mancato computo dei costi per la partecipazione alle gare di appalto, il TAR ha osservato che quella partecipazione implica oneri che, ordinariamente, restano a carico dei soggetti che abbiano inteso prendere parte alla procedura di selezione, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione.

Tali costi di partecipazione – ha osservato il TAR, richiamando specifica giurisprudenza ( Cons. Stato, sez. VI, n. 4435/2002 ) – acquisiscono connotazione di danno emergente solo qualora un’impresa subisca una illegittima esclusione: in tal caso viene in considerazione il diritto soggettivo del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili e dispendiose, secondo il modello risarcitorio conseguente ad una fattispecie di responsabilità precontrattuale, alla stregua di quanto previsto agli artt. 1337-1338 cod. civ..

Questi danni vanno tendenzialmente e preferibilmente ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara; solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente ( cfr. Cass. Civ., sez. I, 17 luglio 2007 , n. 15947).

Quando, invece, l’impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione, ovvero, come nel caso di specie, anche per la semplice perdita della possibilità di aggiudicazione, non sussistono i presupposti per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all’impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall’aggiudicazione (Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010 , n. 20; sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751).

Le statuizioni del TAR, sul punto specifico, vanno quindi confermate, anche alla stregua dei principi in materia specificatamente affermati da questa Sezione (Cons. St., sez. IV, 4 luglio 2008, n. 3340).

In quella analoga, precedente vicenda, infatti, si è statuito che i costi di partecipazione alla gara, ascrivibili alla componente del danno emergente in caso di condotta illecita della stazione appaltante vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara e solo ove tale rinnovo non sia possibile vengono ristorati per equivalente.

Tuttavia, allorché venga concesso – come è accaduto nella specie – il risarcimento dell’interesse positivo, che l’impresa avrebbe tratto dall’aggiudicazione della gara a suo favore, viene esclusa in radice la risarcibilità dell’interesse negativo, cioè delle spese sopportate per la partecipazione alla gara, che è, invece, tipico della diversa ipotesi, non ricorrente nel caso di specie, della responsabilità precontrattuale, in cui l’interesse da ristorare è quello, appunto negativo, a non essere coinvolti in attività inutili (cfr. C.G.A. n. 153/2006).

Diversamente opinando, vale a dire concedendo il risarcimento per equivalente anche dei costi di partecipazione alla gara in aggiunta al risarcimento dell’interesse positivo, si concederebbe al partecipante ad una gara di pubblico appalto un beneficio maggiore di quello che deriverebbe da una partecipazione regolare e addirittura dalla stessa aggiudicazione, vale a dire il rimborso di costi che restano ordinariamente a carico dell’impresa partecipante (cfr. dec. CdS, sez. VI, n. 4435/2002 cit.).

Né, d’altro canto, appare ammissibile il profilo risarcitorio autonomo riferito alla voce in questione, attesa la più generale richiesta di risarcimento di quanto l’impresa avrebbe tratto dall’aggiudicazione della gara a suo favore.

§ 45 – Anche la parte della sentenza con la quale è stato riconosciuto – a titolo di lucro cessante – il profitto che la ricorrente avrebbe ricavato dall’esecuzione dell’appalto va confermata ed i connessi motivi d’appello principale ed incidentale respinti.

Il motivo d’appello principale, per cui nessun lucro cessante avrebbe dovuto essere riconosciuto a Controinteressata ., in quanto dall’accoglimento del ricorso al TAR non derivava alcun diritto di quest’ultima alla aggiudicazione e stipulazione del contratto d’appalto, avendo il TAR accolto soltanto profili di difetto di motivazione, è evidentemente erroneo, come peraltro risulta già da quanto sopra detto.

Anche l’interesse legittimo al corretto e regolare svolgimento del procedimento di aggiudicazione, seppur non scaturente nell’aggiudicazione della gara, va risarcito in caso di danno ingiusto, nel quale vanno computati, secondo la regola generale dell’articolo 1223, non solo le perdite subite ma anche il mancato guadagno.

Il lucro cessante va, quindi risarcito anche in favore del partecipante che, per effetto della sentenza di accoglimento, non abbia avuto riconosciuto un diritto all’aggiudicazione.

La differenza fra le due ipotesi non sta, quindi, nell’an del risarcimento del predetto lucro cessante, ma solo nella sua quantificazione, essendo appunto diverse le consistenze delle due posizioni giuridiche fatte valere ( cfr. CdS, sez. VI, n. 1443/2010 ).

In ordine alla quantificazione di tale danno Controinteressata . aveva chiesto che esso venisse quantificato, mediante l’applicazione del criterio, ormai diffusamente utilizzato dalla giurisprudenza amministrativa, del 10% del prezzo a base d’asta, ai sensi dell’art. 345, della legge 20 marzo 1865 n. 2248, All. F, il quale dispone(va) – la norma è stata abrogata dall’articolo 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – “È facoltativo all’Amministrazione di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importare delle opere non eseguite”.

§ 46 – La domanda della ricorrente in primo grado, attuale appellata, è stata soltanto in parte accolta dal Tribunale, ritenendosi, giustamente, che il suindicato criterio di liquidazione, seppure correlato ad una presunzione su quello che normalmente, o almeno per convenzione normativa, è l’utile che una impresa ritrae dalla stipulazione e dall’’esecuzione di un contratto d’appalto, non possa, tuttavia, formare oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, potendosi altrimenti risolvere in una sorta di maggior favore dell’imprenditore non aggiudicatario rispetto al vincitore della gara, il quale verrebbe a conseguire un guadagno che, in relazione ai concreti rischi d’impresa e dell’andamento del mercato, potrebbe essere anche inferiore al compenso presuntivo spettante a chi nessun concreto rischio imprenditoriale ha affrontato .

In altri termini, il criterio del 10%, pur evocato come criterio residuale in una logica presuntiva, potrebbe condurre al risultato che il risarcimento dei danni è per l’imprenditore ben più favorevole dell’impiego del capitale (Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3144 ; sez. V, 13 giugno 2008 n. 2967).

In tal modo, il ricorrente partecipante ad una gara d’appalto non avrebbe più interesse – come esattamente rilevato dal TAR – a provare in modo concreto ( o almeno verisimile ) e puntuale il danno subito quanto al lucro cessante, perché presumibilmente otterrebbe di meno.

§ 47 – Del tutto correttamente il Giudice di primo grado ha ritenuto preferibile l’indirizzo giurisprudenziale che esige la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto; prova desumibile, in primo luogo, dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5098; Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2005, n. 1563; sez. VI, 4 aprile 2003, n. 478).

A supporto dell’orientamento per cui la percentuale del 10% non rappresenti un criterio automatico di quantificazione del danno il TAR ha perspicuamente fatto riferimento al dato normativo rappresentato dall’articolo 20, comma 4, del decreto legge 185/2008, convertito dalla legge 2/2009, il quale, seppur con riferimento agli appalti relativi ad investimenti pubblici strategici da individuarsi con apposito d.P.C.M., stabilisce che il risarcimento del danno, possibile solo per equivalente, non possa comunque eccedere la misura del decimo dell’importo delle opere, che sarebbero state eseguite se il ricorrente fosse risultato aggiudicatario in base all’offerta economica presentata in gara.

§ 48 – A limitazione del criterio presuntivo del 10%, la sentenza qui appellata ha, quindi, stabilito – facendo applicazione del principio dell’aliunde perceptum, ben noto non solo alla giurisprudenza civilistica ma anche a quella amministrativistica specifica nella materia degli appalti quale strumento per evitare indebite locupletazioni da parte del danneggiato – che il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero se e in quanto l’impresa sarebbe stata aggiudicataria della gara e possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi; mentre, laddove tale dimostrazione non sia stata offerta, è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile.

Si tratta, appunto, di un’applicazione corretta di un diffuso orientamento di questo Consiglio, per il quale l’ammontare del risarcimento nella componente del lucro cessante può essere determinato in via equitativa nella misura del 10 % dell’importo dell’offerta, solo se e in quanto l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare – in quanto apprestati ed approntati in previsione dell’appalto da aggiudicare – mezzi e maestranze per l’esecuzione di altri contratti; al contrario, quando tale dimostrazione non sia stata offerta, dovendosi peraltro ragionevolmente ritenere che l’impresa possa avere riutilizzato, come detto sopra, mezzi e manodopera per lo svolgimento di altre attività imprenditoriali, così limitando la perdita di utilità, il danno va liquidato riducendo detta percentuale in via equitativa (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 1666/08, cit.).

§ 49 – Del tutto esattamente, quindi, la sentenza appellata – anche per tale parte esente dalle censure mosse con l’appello incidentale – ha stabilito che l’onere di provare l’assenza dell’aliunde perceptum gravasse non sull’Amministrazione, ma sull’impresa: siffatta ripartizione dell’onere probatorio muovendo dalla presunzione secondo cui l’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente un’attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte per tutto il tempo della gara e sino alla mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative che dalla cui esecuzione trae utili.

Poiché l’appellata non aveva fornito alcuna prova al riguardo, il TAR ha giustamente ritenuto di determinare l’ammontare della somma spettante a Controinteressata ., a titolo di lucro cessante, nel 10% dell’importo dell’offerta economica da quest’ultima presentata ridotto al 5% tenendo conto dell’aliunde perceptum dell’impresa e secondo un criterio di riduzione in via equitativa sovente applicato nella giurisprudenza di questo Consiglio (sez. VI, 9 marzo 2007 , n. 1114; sez. VI, 9 novembre 2006 n. 6607 ; Sezione VI, 25 luglio 2006, n. 4634 ; sez. V 24 ottobre 2002 n. 5860 ).

§ 50 – Il rigetto degli appelli principali e dell’appello incidentale, con conseguente conferma integrale della sentenza di primo grado esime il Collegio dalla valutazione dei motivi dichiarati assorbiti dal TAR e riproposti in sede d’appello.

Con i predetti motivi, infatti, si fa valere l’interesse all’aggiudicazione in favore dell’appellata attraverso un risarcimento in forma specifica, che non può trovare più ingresso in sede d’appello, essendo stato accertato, con l’appellata sentenza, il diritto al risarcimento per equivalente, inconciliabile, evidentemente, con l’interesse ad una reintegrazione in forma specifica.

§ 51 I due ricorsi riuniti vanno pertanto respinti.

L’appello incidentale va respinto.

L’esito del ricorso giustifica la compensazione nella misura di 1/2 delle spese del presente giudizio e la condanna dell’Amministrazione e della parte privata appellanti al pagamento della residua parte, liquidata come in dispositivo.

52 – Il Collegio, a fronte delle manifeste imperizie e negligenze poste in essere dall’amministrazione attraverso i suoi funzionari, con le conseguenti statuizioni di condanna al risarcimento dei danni ad esse correlate e a fronte dei non chiari meccanismi di lievitazione dei costi per l’esecuzione dell’opera in questione, come peraltro rilevati dalla stessa difesa dell’amministrazione, ritiene sussistere a suo carico l’obbligo di referto. Si dispone, pertanto, che la presente decisione sia trasmessa, unitamente a copia dei fascicoli di causa, a cura della Segreteria, alla Procura regionale per la Toscana della Corte dei conti per gli accertamenti che verranno ritenuti di competenza (cfr. Cons. stato, sez. V, 28 maggio 2010 , n. 3393).

P.Q.M.

Respinge gli appelli riuniti in epigrafe indicati.

Respinge l’appello incidentale.

Compensa in parte ( nella misura di 1/2 ) le spese di giudizio.

Condanna le parti appellanti al pagamento in favore dell’appellata delle residue spese ed onorari di causa, liquidati, per ciascuna parte appellante, in euro cinquemila, oltre spese generali, IVA e CPA.

Manda alla Segreteria della Sezione perché invii copia della presente sentenza e copia dei fascicoli alla Procura Regionale per la Toscana della Corte dei Conti, per gli accertamenti di competenza.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 con l’intervento dei Signori:

**************, Presidente

***************, Consigliere

*************, ***********, Estensore

*****************, Consigliere

****************, Consigliere

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/09/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Lazzini Sonia

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