Sull’applicazione dei provvedimenti che dispongono l’adeguamento degli oneri concessori

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È impugnata per l’annullamento, innanzi al competente Tar Puglia, Lecce, la nota a firma del Responsabile del Settore Servizi Tecnici, con la quale un Comune, in rettifica dell’ammontare del contributo correlato al costo costruzione a suo tempo richiesto per il rilascio di un permesso di costruire, ha intimato al titolare del permesso edilizio il pagamento (entro il termine di sessanta giorni) di una ulteriore somma di denaro.

In particolare, con l’impugnativa innanzi a G.A. parte ricorrente (una società) assume (in via di estrema sintesi) che il Comune illegittimamente ha rideterminato retroattivamente l’importo del contributo correlato al costo di costruzione, a distanza di oltre cinque anni dal rilascio del permesso di costruire, ultimata l’opera edilizia e saldati il pagamento degli oneri richiesti.

Osserva il Collegio giudicante come il provvedimento comunale impugnato – recante in oggetto “Recupero delle somme non versate a titolo di contributo di costruzione relativamente al permesso di costruire (…)” – accolli ex post alla ricorrente, in ragione del titolo edilizio rilasciato oltre cinque anni prima, ulteriori oneri concessori.

Il Tribunale, nella sentenza in esame, ritiene di escludere che si sia di fronte all’esercizio di un potere di autotutela volto a correggere meri errori di determinazione o calcolo compiuti all’epoca del rilascio del permesso di costruire.

A ben vedere, l’attività comunale appare – invece – orientata ad addossare al privato successivamente al rilascio del titolo edilizio costi supplementari derivanti dal meccanismo legale di adeguamento degli oneri concessori (e, in particolare, della componente costituita dal costo di costruzione).

Tale meccanismo consente di aggiornare gli importi ricorrendo, con riferimento alla voce relativa agli oneri di urbanizzazione, “ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale” (cfr. art. 16, sesto comma, D.P.R. 6 giugno 2001 n.380) o, in relazione alla voce relativa al costo di costruzione, facendo “riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata” su determinazione regionale, e in assenza di quest’ultima “in ragione dell’intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall’ISTAT” (art. 16, nono comma, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380).

Il procedimento di revisione mira dunque ad adeguare l’importo degli oneri concessori a fenomeni di natura sostanzialmente inflattiva – legati all’aumento generalizzato dei costi di urbanizzazione o costruzione – in maniera da far corrispondere a permessi edilizi rilasciati in epoche diverse un impegno economico sostanzialmente uniforme sui singoli istanti.

Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, fondato sullo stesso tenore letterale dell’art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (“la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all’atto del rilascio del permesso di costruire” e “la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio..”), i contributi concessori devono essere stabiliti al momento del rilascio del permesso edilizio; a tale momento occorre dunque avere riguardo per la determinazione della entità dell’onere facendo applicazione della normativa vigente al momento del rilascio del titolo edilizio.

Da tale affermazione di principio si trae il corollario della irretroattività delle determinazioni comunali a carattere regolamentare con cui vengono stabiliti i criteri generali e le nuove tariffe e modalità di calcolo per gli oneri concessori ribadendosi l’integrale applicazione del principio “tempus regit actum” e, quindi, la irrilevanza ed ininfluenza di disposizioni tariffarie sopravvenute rispetto al momento del rilascio della concessione edilizia.

Di conseguenza, deve ritenersi che i provvedimenti comunali che dispongono l’adeguamento degli oneri concessori (sia con riferimento alla voce relativa agli oneri di urbanizzazione, sia in relazione alla voce inerente al costo di costruzione) possano trovare applicazione esclusivamente per i permessi rilasciati a far tempo dall’epoca di adozione dell’atto deliberativo (avente carattere regolamentare), e non anche per quelli rilasciati in epoca anteriore.

Si precisa così in sentenza che non solo la determinazione degli oneri concessori debba avvenire sulla base delle tariffe vigenti ma che la stessa non possa essere richiesta che una tantum al momento del rilascio del permesso edilizio senza possibilità di esigersi pagamenti per annualità successive al rilascio del titolo.

Avuto quindi riguardo al coso concreto oggetto del suo giudizio, il G.A. salentino ha precisato che è illegittima la pretesa dell’Amministrazione Comunale di addossare al titolare di un permesso edilizio rilasciato oltre cinque anni prima l’ulteriore carico finanziario derivante (a ben vedere) dal meccanismo di aggiornamento.

Sulla corretta interpretazione della norma di cui all’art. 16 in esame si veda anche, di recente, la sentenza resa dal Tar Sardegna, Cagliari, 01/03/2016, n. 193 secondo cui, espressamente: “L’art. 16 D.P.R. n. 380 del 2001 (e prima l’art. 11 della legge n. 10/1977) prevede per il rilascio del permesso di costruire la corresponsione di un contributo composto da due quote distinte: gli oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, ed il costo di costruzione che, invece, essendo una percentuale rapportata non ad opere da fare per la collettività ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo dello scomputo.

Tuttavia, una volta che il Comune, nell’esercizio della sua ampia discrezionalità, ha consentito lavori di urbanizzazione svolti direttamente dal beneficiario del titolo edilizio, la loro realizzazione da parte dell’istante ben può sostituire quanto dovuto per costo di costruzione.

L’indisponibilità di cui al citato art. 16, infatti, è nel senso che essi sono previsti e quantificati per legge ma nulla impedisce che la forma del pagamento, con compensazione o meno, sia rimessa all’accordo delle parti.

La natura paratributaria di tale onere, se esclude ogni disponibilità del quantum dovuto che ha criteri prefissati, non impedisce cioè al Comune di negoziare tale importo per altri precisi adempimenti urbanistici, quali infrastrutture ed opere sociali e civiche.

L’art. 16 citato non costituisce, quindi, un impedimento ad un eventuale accordo sostitutivo anche per il costo di costruzione, né esso si pone come norma imperativa in senso negativo solo perché lo scomputo è oggettivamente possibile unicamente per gli oneri urbanistici; ciò spiega il perché la norma si è limitata ad indicare i soli oneri urbanistici come scomputabili, ma non è affatto possibile affermare che sussiste un divieto tassativo per forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche per i costi di costruzione (in termini: T.A.R. Pescara 18 ottobre 2010 n. 1142)”.

Da parte sua il Consiglio di Stato ha precisato: <<La rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione è prevista all’art. 16 d.P.R. n. 380 del 2001 laddove, oltre a stabilire il carattere di regola oneroso del permesso di costruire, concede al privato la facoltà di richiedere il pagamento rateizzato.

A sua volta l’art. 42 d.P.R. n. 380/2001, intitolato “Ritardato od omesso versamento del contributo di costruzione”, riproduttivo dell’art. 3 l. 28 febbraio 1985 n. 47, attribuisce alle regioni la potestà di determinare “le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione (cfr. comma 1) in misura non inferiore a quanto previsto dalla stessa norma, estendendo, nel caso di pagamento rateizzato, la disciplina al ritardo (cfr. comma 4) “nei pagamenti delle singole rate”>> (sez. V, n. 777/2016).

 

Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics

Cassano Giuseppe

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