La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 27268/2025, pronunciata dalla Sezione Tributaria, offre l’occasione per tornare sul tema — tutt’altro che marginale — della corretta applicazione dei parametri forensi nella liquidazione delle spese processuali. L’intervento della Suprema Corte si colloca all’interno di un consolidato filone giurisprudenziale che mira a limitare l’arbitrio giudiziale e a garantire che il compenso spettante al difensore della parte vittoriosa sia determinato secondo criteri predeterminati, trasparenti e conformi alla disciplina vigente (d.m. n. 55/2014). L’ordinanza interviene su un caso in cui la Commissione tributaria regionale aveva liquidato importi considerati “simbolici”, senza un adeguato apparato motivazionale e in evidente contrasto con i minimi tariffari. Per aiutare i professionisti, abbiamo pubblicato il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon, e il nuovissimo Codice di procedura Civile – Aggiornato a Legge AI e Conversione del decreto giustizia, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. Il caso processuale e il problema delle liquidazioni simboliche
La vicenda trae origine da un contenzioso IRPEF promosso da una contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. L’iter giudiziario, sviluppatosi su più gradi di giudizio e conclusosi con un rinvio disposto dalla Cassazione, aveva visto, in sede di ritorno alla CTR, il riconoscimento del diritto al rimborso, ma una liquidazione delle spese ritenuta del tutto inadeguata.
Il giudice regionale aveva infatti determinato gli importi dovuti alla parte vittoriosa stabilendo 300 euro per il primo grado, 600 euro per l’appello, ulteriori 600 euro per il giudizio di Cassazione e la stessa cifra per il giudizio di rinvio. Una liquidazione eseguita senza alcuna motivazione individualizzata e priva del necessario raffronto con la nota spese depositata dalla contribuente, la quale aveva poi deciso di proporre ricorso denunciando la violazione dei parametri forensi e il difetto assoluto di motivazione.
La questione posta alla Suprema Corte non riguarda solo la congruità numerica delle somme, ma soprattutto la correttezza del metodo adottato: l’assenza di motivazione e l’evidente compressione dei minimi tariffari rendono la decisione censurabile sotto il duplice profilo del rispetto dei parametri e del diritto alla piena rifusione delle spese sostenute. Per aiutare i professionisti, abbiamo pubblicato il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon, e il nuovissimo Codice di procedura Civile – Aggiornato a Legge AI e Conversione del decreto giustizia, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
2. L’obbligo di applicare i parametri vigenti e la necessità di una motivazione puntuale
Nel pronunciarsi sul ricorso, la Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi cardine. In primo luogo, il giudice è tenuto ad applicare i parametri previsti dal d.m. 55/2014, unico riferimento normativo oggi vigente. Non è dunque ammissibile un ritorno a discipline pregresse, quale il d.m. 140/2012, ormai superato e privo di efficacia.
In secondo luogo, la liquidazione delle spese non può assumere una natura meramente simbolica. La funzione dei parametri non è solo orientativa, ma garantisce il rispetto del principio di adeguatezza del compenso e tutela il decoro della professione forense. Laddove la parte vittoriosa abbia depositato una nota spese dettagliata, il giudice ha il dovere di confrontarsi con le singole voci, verificandone la corrispondenza a quelle previste dal decreto ministeriale e spiegando in maniera chiara le ragioni di ogni riduzione. Una liquidazione “forfettaria” o formulata con importi prefissati, senza un’argomentazione dedicata, costituisce violazione dei parametri e vizia la motivazione della sentenza.
Di particolare rilievo è anche il richiamo della Corte al principio secondo cui, in caso di annullamento con rinvio, il nuovo giudice deve nuovamente pronunciarsi sulle spese relative a tutti i gradi di giudizio. L’annullamento travolge infatti non solo il merito del provvedimento impugnato, ma anche la relativa statuizione economica.
Alla luce di tali rilievi, la decisione della CTR siciliana è stata ritenuta erronea e rinviata affinché venga effettuata una nuova liquidazione che rispetti sia i minimi tariffari sia il necessario apparato motivazionale.
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3. La funzione garantista dei parametri forensi nella prospettiva della Cassazione
La pronuncia conferma la centralità dei parametri forensi quale strumento di equilibrio tra esigenze di contenimento dei costi della giustizia e tutela della professionalità dell’avvocato. L’obbligo di rispettare i minimi tariffari non è un vincolo formale, ma un presidio sostanziale volto a impedire che l’attività difensiva venga retribuita in misura irragionevolmente bassa, con conseguente svilimento della funzione professionale.
Il giudice conserva certamente un margine di discrezionalità nella modulazione del compenso, ma tale potere deve essere esercitato con trasparenza e coerenza, attraverso una motivazione completa e verificabile. Una decisione che si discosti dalla nota spese senza adeguata spiegazione non solo viola la normativa vigente, ma determina un pregiudizio processuale per la parte vittoriosa, che si vede privata del ristoro economico per l’attività realmente svolta.
L’ordinanza n. 27268/2025 si inserisce dunque in un orientamento volto a rafforzare la prevedibilità delle decisioni in materia di spese e a ridurre le prassi di liquidazioni simboliche, ribadendo che la discrezionalità giudiziale non può tradursi in arbitrarietà.
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