Sorteggio dei requisiti di ordine speciale ed escussione della cauzione provvisoria: appare d’altra parte evidente che non può addossarsi all’Amministrazione – in qualsiasi caso di superamento di un termine perentorio – la successiva distinzione fra omess

Lazzini Sonia 23/09/10
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L’art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109/94  (ora articolo 48 del codice dei contratti) non distingue fra inadempimento formale (mero ritardo nel produrre la documentazione richiesta) e inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti), in rapporto a conseguenze – esclusione dalla gara, incameramento della cauzione e segnalazione all’Autorità di vigilanza – che conseguono automaticamente alla scadenza del termine prescritto, da ritenere perentorio

Il Collegio non ignora un recente orientamento (Cons. St., sez. VI, 9.12.2008, n. 6101), secondo cui il più volte citato art. 10, comma 4 delle legge n. 109/1994 deve essere interpretato secondo un criterio logico, tenuto conto delle peculiari finalità della norma, che ha esteso le garanzie – in precedenza fissate solo per l’aggiudicatario, in ordine all’obbligazione assunta di stipulare il contratto – anche a tutti i partecipanti alla gara, a tutela della veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese partecipanti, nonché della serietà e affidabilità delle offerte.

Quando pertanto la partecipazione di un’impresa, che si dimostri “non del tutto in regola con i requisiti dal punto di vista meramente temporale”, non abbia falsato la procedura selettiva, con “innegabili riflessi sulle altre imprese partecipanti” (sotto il profilo, ad esempio, del calcolo della soglia di anomalia delle offerte), l’escussione della cauzione potrebbe rivelarsi eccedente, rispetto alle finalità sopra indicate. Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’indirizzo sopra sintetizzato potrebbe essere eccezionalmente ritenuto applicabile solo in presenza di ritardi, riconducibili a cause di forza maggiore tempestivamente segnalate alla stazione appaltante; in assenza – come nel caso di specie – di tali documentate circostanze, il ritardo nella consegna delle certificazioni richieste non può viceversa non rivelarsi indice di segno negativo, in ordine alla richiesta affidabilità dell’impresa: affidabilità che costituisce – anche in termini di puntuale adempimento di tutte le prescrizioni di gara –  requisito ulteriore e di autonoma rilevanza, rispetto a quelli specificamente richiesti dal bando. Appare d’altra parte evidente che non può addossarsi all’Amministrazione – in qualsiasi caso di superamento di un termine perentorio – la successiva distinzione fra omessa e ritardata consegna dei documenti richiesti, nonché la disamina dell’eventuale scusabilità dell’errore: quanto sopra, con indubbio aggravio procedurale e sacrificio dell’interesse pubblico al rapido espletamento delle procedure di gara.

 

Si legga anche

La cauzione provvisoria copre sia l’ inadempimento formale (per errore o altro) che inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti per partecipare alla gara)

In caso di sorteggio, non conta il dolo o la colpa

Sorteggio dei requisiti di ordine speciale: la legge non richiede il mendacio doloso in quanto non ha importanza l’elemento psicologico dell’inadempimento

Il Consiglio di Stato, con la decisione numero 5324 del 14 settembre 2006, ancora in tema di sorteggio dei requisiti speciali, ci insegna che:

<I lavori scorporabili erano di importo rilevante, pari a circa la metà del valore complessivo dei lavori messi a bando, circostanza che rende impensabile che potessero essere eseguiti senza il possesso dei requisiti occorrenti per la loro esecuzione.

Né la legge richiede il mendacio doloso ; può ammettersi che , nella specie, si sia  trattato di un errore di valutazione della ditta concorrente alla gara, ma ciò è irrilevante circa l’esclusione: infatti C. Stato, sez. V, 08-05-2002, n. 2482 ha ritenuto che l’art. 10, 1º comma quater, l. 11 febbraio 1994 n. 109, in tema di appalti di lavori pubblici, non distingue tra inadempimento formale (per errore o altro) e inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti per partecipare alla gara), con la conseguenza che non solo l’esclusione dalla gara, ma anche l’incameramento della cauzione e la segnalazione del fatto all’autorità conseguono automaticamente una volta scaduto il termine in essa indicato (dieci giorni richiesti dalla norma per comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa).>

 

 

A cura di Sonia Lazzini

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 5689 del 23 settembre  2009 pronunciata dal Consiglio di Stato

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.5689/2009

Reg.Dec.

N. 2006 Reg.Ric.

ANNO   2008

Disp.vo n. 524/2009

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2006/2008, proposto dalla società RICORRENTE s.r.l. (già Giacomo Ricorrente Building Contractor s.r.l.), quale capogruppo della costituenda ATI G. Ricorrente Building Contractor s.r.l.– RICORRENTE DUE s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Renato Labriola ed elettivamente domiciliata presso l’Avv. Stefano Idolo in Roma, via Tomassini, 9;      

contro 

– l’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO, AREA II, COMUNICAZIONE E AFFARI GENERALI, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;    

– l’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO, in persona del Rettore p.t.,

– il MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA SCIENTIFICA, in persona del Ministro p.t., costituiti in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati in Roma via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Salerno, n. 2796/06 del 23.11.2007;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate; 

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 5 giugno 2009 relatore il Consigliere Gabriella De Michele;         .

Uditi l’avv. Bielli per delega dell’avv. Labriola e l’avv. dello Stato Palmieri;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O  

Attraverso l’atto di appello in esame, notificato il 6.3.2008 e depositato il 12.3.2008, si impugnava la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Salerno, n. 2796/06 del 23.11.2007, notificata il 13.2.2008, con la quale veniva dichiarato inammissibile il ricorso della società Giacomo Ricorrente Building Contractor s.r.l., quale capogruppo della costituenda ATI fra la medesima società e la Ricorrente due. s.r.l., avverso il provvedimento dell’Università degli Studi di Salerno di incameramento della garanzia provvisoria ex art. 10 L. n. 109/1994 (determinazione n. 43465 del 25.9.2006) e della relativa comunicazione (nota n. prot. 43473 del ); quanto sopra, dopo l’esclusione della medesima ATI – per tardiva produzione documentale –  dall’asta pubblica per l’affidamento dei lavori di completamento, relativi al recupero dell’edificio denominato “Palazzo Barra”. Nella citata sentenza il ricorso veniva ritenuto inammissibile, in quanto sottoscritto solo dal rappresentante della società capogruppo, pur non essendo ancora l’ATI un soggetto già costituito.

In sede di appello, le predette considerazioni venivano contestate sulla base di precedenti giurisprudenziali, secondo i quali dovrebbe essere consentito a ciascun partecipante ad una costituenda associazione temporanea di imprese di impugnare, anche disgiuntamente, gli atti di una gara d’appalto; l’art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109/1994, inoltre, sarebbe stato erroneamente applicato, dovendo riferirsi l’incameramento della cauzione a casi in cui l’impresa obbligata non abbia in assoluto assolto all’obbligo di produzione documentale, o sia risultata priva dei requisiti prescritti. Nel caso di specie, infatti, si sarebbe soltanto verificato un ritardo nella anzidetta produzione documentale, pur essendo le imprese sopra citate in possesso di tutti i requisiti prescritti.

Le Amministrazioni appellate, costituitesi in giudizio, ricostruivano la cronologia della vicenda in esame, a partire dall’invito rivolto all’attuale appellante – con telegramma in data 7.2.2006 – alla produzione delle certificazioni di cui al paragrafo 9 del disciplinare di gara, ai sensi dell’art. 10, comma 1 quater della legge n. 109/1994, con successiva trasmissione di quanto richiesto, da parte delle imprese interessate, quando il termine perentorio era scaduto da dieci giorni e con esclusione, pertanto, della costituenda ATI dalla gara, contestualmente all’avvio della procedura di incameramento della cauzione. L’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – alla quale veniva trasmessa la prevista comunicazione – con nota n. 62772 del 21.12.2006 deliberava di “non doversi procedere” nei confronti della medesima ATI, ma “fatti salvi…i provvedimenti adottati dalla Stazione Appaltante”.

Premesso quanto sopra, le medesime Amministrazioni sottolineavano come, fino alla formale costituzione dell’ATI, mancasse “un centro unitario di imputazione degli interessi”, con conseguente “difetto di legittimazione attiva per conto del raggruppamento in capo alla singola aspirante associata”. Nel merito, comunque, il ricorso sarebbe stato infondato, non risultando affidata all’Amministrazione alcuna valutazione discrezionale, in ordine alle misure sanzionatorie di cui al più volte citato art. 10 L. n. 109/1994. L’effettivo possesso, da parte delle imprese di cui trattasi, dei requisiti per partecipare alla gara – e la conseguente limitazione dell’inadempienza al mero ritardo nella relativa documentazione – aveva infatti reso possibile l’esclusione di ulteriori misure repressive da parte dell’Autorità di Vigilanza, ma non anche l’omissione dei provvedimenti doverosamente assunti dall’Ateneo, in osservanza alla predetta norma.

DIRITTO

La prima questione sottoposta all’esame del Collegio è quella della legittimazione attiva della società, indicata come capogruppo nell’ambito di una costituenda associazione temporanea di imprese, in sede di ricorso giurisdizionale avverso provvedimenti inerenti la procedura di gara; quanto sopra, prima che fosse conferito il mandato con rappresentanza, anche processuale, che avrebbe dovuto accompagnare – dopo l’aggiudicazione – la formale costituzione dell’ATI.

A tale riguardo il Collegio non condivide la motivazione della sentenza appellata, nella parte in cui quest’ultima non riconosce tale legittimazione, anche sulla base di una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sez. II, 8.9.2005, causa C-129/04), in base alla quale “ciascuno Stato membro ben può prevedere che, in caso di ATI costituenda, il ricorso debba essere sottoscritto da ciascuna impresa, senza perciò ledere i principi comunitari”. 

Se da una parte, infatti, è stato ritenuto conforme alla direttiva ricorsi (n. 665/1989) che il raggruppamento di imprese possa agire come tale in base al diritto nazionale – ove non ancora formalmente costituito – solo a firma di tutti i soggetti che lo compongono,  non può d’altra parte negarsi che le singole imprese, in quanto dotate di autonoma soggettività, siano titolari di un interesse protetto azionabile, in rapporto alle vicende e all’esito di una procedura di gara, a cui le stesse abbiano partecipato: anche la Corte del Lussemburgo ha del resto confermato la legittimità, a livello comunitario, della disciplina normativa nazionale che abiliti singole imprese, partecipanti all’ATI, a proporre autonomo ricorso avverso gli atti di gara di un pubblico appalto (ord. 4.10.2007, resa nella causa C-492/06).

Corrisponde a principi di ordine generale, inoltre, che chiunque possa agire in giudizio – nei modi previsti dai singoli ordinamenti giuridici degli Stati (per l’Italia, anche a livello costituzionale) – a tutela di proprie situazioni soggettive protette ed è evidente in tale ottica che un’impresa, nel partecipare ad una gara in associazione con altre imprese, debba ritenersi titolare di un interesse anche autonomo all’aggiudicazione, alla successiva costituzione dell’ATI, all’eventuale rinnovazione della procedura di gara (ove quest’ultima risulti illegittimamente svolta), nonché alla reintegrazione “pro quota” delle garanzie offerte ed al risarcimento dei danni, in presenza dei correlativi presupposti (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. V, 23.10.2007, n. 5577; Cons. St., sez. VI, 23.7.2008, n. 3652 e 6.3.2009, n. 1346). Pur in assenza, in altre parole, del potere di rappresentanza per impegnare nell’azione – e nel relativo esito – le imprese che non abbiano ancora conferito al riguardo il necessario mandato, non viene per questo meno l’interesse differenziato della singola impresa ad agire per la tutela dei propri peculiari diritti ed interessi, anche di natura meramente economica (ferma restando peraltro, in caso di riconosciuto titolo all’aggiudicazione del raggruppamento, in un primo tempo escluso, la possibilità di far valere il vincolo giuridico, assunto anche dalle imprese non ricorrenti in ordine alla costituzione dell’ATI).

Sotto il profilo in questione, pertanto, l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata.

Nel merito, tuttavia, le argomentazioni dell’appellante non appaiono meritevoli di accoglimento, in base a principi che appaiono confermati dalla prevalente giurisprudenza, secondo la quale l’art. 10, comma 1 quater, della legge n. 109/94 non distingue fra inadempimento formale (mero ritardo nel produrre la documentazione richiesta) e inadempimento sostanziale (mancanza dei requisiti), in rapporto a conseguenze – esclusione dalla gara, incameramento della cauzione e segnalazione all’Autorità di vigilanza – che conseguono automaticamente alla scadenza del termine prescritto, da ritenere perentorio (Cons. St., sez. V, 8.5.2002, n. 2482, 18.10.2002, n. 5786, 4.5.2004, n. 2721, 23.1.2007, n. 328; Cons. St., sez. VI, 14.9.2006, n. 5324).

Il Collegio non ignora un recente orientamento (Cons. St., sez. VI, 9.12.2008, n. 6101), secondo cui il più volte citato art. 10, comma 4 delle legge n. 109/1994 deve essere interpretato secondo un criterio logico, tenuto conto delle peculiari finalità della norma, che ha esteso le garanzie – in precedenza fissate solo per l’aggiudicatario, in ordine all’obbligazione assunta di stipulare il contratto – anche a tutti i partecipanti alla gara, a tutela della veridicità delle dichiarazioni fornite dalle imprese partecipanti, nonché della serietà e affidabilità delle offerte.

Quando pertanto la partecipazione di un’impresa, che si dimostri “non del tutto in regola con i requisiti dal punto di vista meramente temporale”, non abbia falsato la procedura selettiva, con “innegabili riflessi sulle altre imprese partecipanti” (sotto il profilo, ad esempio, del calcolo della soglia di anomalia delle offerte), l’escussione della cauzione potrebbe rivelarsi eccedente, rispetto alle finalità sopra indicate. Ad avviso del Collegio, tuttavia, l’indirizzo sopra sintetizzato potrebbe essere eccezionalmente ritenuto applicabile solo in presenza di ritardi, riconducibili a cause di forza maggiore tempestivamente segnalate alla stazione appaltante; in assenza – come nel caso di specie – di tali documentate circostanze, il ritardo nella consegna delle certificazioni richieste non può viceversa non rivelarsi indice di segno negativo, in ordine alla richiesta affidabilità dell’impresa: affidabilità che costituisce – anche in termini di puntuale adempimento di tutte le prescrizioni di gara –  requisito ulteriore e di autonoma rilevanza, rispetto a quelli specificamente richiesti dal bando. Appare d’altra parte evidente che non può addossarsi all’Amministrazione – in qualsiasi caso di superamento di un termine perentorio – la successiva distinzione fra omessa e ritardata consegna dei documenti richiesti, nonché la disamina dell’eventuale scusabilità dell’errore: quanto sopra, con indubbio aggravio procedurale e sacrificio dell’interesse pubblico al rapido espletamento delle procedure di gara.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il ricorso di primo grado non può che essere respinto; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ritiene doverne disporre la compensazione, tenuto conto della sussistenza in materia di indirizzi non univoci.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie in parte l’appello, per quanto riguarda i motivi di rito e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado, compensa le spese dei due gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2009 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo – Presidente

Aldo Fera – Consigliere

Rosanna De Nictolis – Consigliere

Domenico Cafini – Consigliere

Gabriella De Michele – Consigliere est.

 

 

Presidente

 

Consigliere                                                                           Segretario

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

il..23/09/2009

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

Maria Rita Oliva

 

 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

Addì……………………………..copia conforme alla presente è stata trasmessa

 

al Ministero………………………………………………………………………………….

 

a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 

Il Direttore della Segreteria

Lazzini Sonia

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