Società tra professionisti: chiarimenti in una circolare della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

Redazione 31/05/13
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Anna Costagliola

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato una circolare (n. 6 del 29 maggio 2013) con la quale, dopo aver ripercorso le tappe dell’evoluzione legislativa che ha portato all’istituto attualmente in vigore delle società tra professionisti (s.t.p.), si propone di fornire chiarimenti in merito alle criticità emerse in sede di prima applicazione della disciplina delle nuove società.

La premessa dello studio parte dalla considerazione che le s.t.p. possono essere un utile strumento di esercizio delle libere attività ordinistiche, a disposizione di giovani e non, e quindi rappresentare un’opportunità da utilizzare, a condizione che non siano considerate veicolo per il cui tramite realizzare scorciatoie al lecito esercizio della professione. Per evitare che ciò avvenga è considerata necessaria la stretta vigilanza dei Consigli Provinciali e la massima chiarezza normativa, in modo da non ingenerare dubbi di sorta.

Di fronte all’esigenza dei professionisti italiani di esplorare nuove forme di esercizio dell’attività professionale, capaci di contrastare, soprattutto in periodi di crisi economica che richiedono forti sinergie e multidisciplinarietà, la concorrenza esercitata da soggetti professionali stabiliti in altri Paesi dell’Unione europea, l’art. 10 della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012), ha previsto la possibilità, a far data dal 1° gennaio 2012, di costituire società tra professionisti, ovvero società che abbiano per oggetto esclusivo l’esercizio di attività professionali secondo i modelli societari già esistenti e regolati dai Titoli V e VI del Libro V del codice civile. Sulla normativa di base recata dalla L. 183/2011 ha poi inciso il D.L. 1/2012 (cd. decreto liberalizzazioni), conv. in L. 27/2012, che ha specificato ulteriori aspetti di disciplina delle s.t.p.

Nel delineare gli elementi essenziali della disciplina primaria delle s.t.p., il legislatore ha rimesso alla regolamentazione secondaria la disciplina di dettaglio relativa alle modalità dell’esecuzione, da parte del socio professionista, dell’incarico conferito alla società e di quelle relative alla designazione del professionista ovvero alla preventiva comunicazione all’utente dei nominativi dei soci abilitati all’esercizio di un’attività professionale regolamentata. È pertanto in questa direzione che ha operato il D.M. 34/2013.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro segnala come alla luce dei provvedimenti indicati emerga con chiarezza che tutti i tipi societari regolati nel codice civile possono essere impiegati per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico. Si evidenzia, infatti, al riguardo, che sia la legge istitutiva (art. 10, co. 3), sia il regolamento di attuazione (artt. 1 e 2) prevedono che la nuova disciplina sia applicabile solo con riferimento a società tra professionisti appartenenti a professioni regolamentate.

E’ ammessa dalla legge la s.t.p. che presenti una compagine «mista», ovvero caratterizzata da soci iscritti all’albo e da soci non professionisti, in tal caso solo per lo svolgimento «prestazioni tecniche», di supporto rispetto ai servizi professionali, o per «finalità di investimento», purché siano rispettate tutte le condizioni poste dalla legge.

Si consente altresì la costituzione di s.t.p. «multidisciplinari», per l’esercizio di più attività professionali. Tale previsione ha comportato la necessità di definire in ambito regolamentare gli aspetti relativi all’iscrizione e al regime disciplinare della società multidisciplinare, per cui è stabilito che (artt. 8 e 12 D.M. 34/2013):

a) la società multidisciplinare è iscritta presso l’albo o il registro dell’ordine o collegio professionale relativo all’attività individuata come prevalente nell’atto costitutivo o nello statuto;

b) nel caso di illecito disciplinare commesso da un socio iscritto ad albo differente da quello in cui risulti iscritta la società ma riconducibile a direttive impartite al socio da quest’ultima, emerge una responsabilità concorrente del primo con la seconda.

La Fondazione individua in quanto previsto in punto di iscrizione nella sezione dell’albo relativo all’attività prevalente della società multidisciplinare uno degli aspetti maggiormente problematici della disciplina. Le difficoltà che nella pratica possono incontrarsi al momento di effettuare la scelta dell’attività da indicare come prevalente nell’atto costitutivo, in assenza di specifiche indicazioni circa eventuali criteri da impiegare, consentono di suggerire un’ulteriore opzione, ovvero quella di non indicare in sede di costituzione alcuna attività come prevalente. La stessa relazione illustrativa dello schema di regolamento, precisa che i professionisti della s.t.p. possono non connotare un’attività in misura prevalente così da consentire l’iscrizione della società nelle sezioni speciali dei differenti albi o registri in cui tutti i professionisti che ne siano soci risultino iscritti. Il realizzarsi di questa opzione consentirebbe di dare maggiore certezza anche al profilo della responsabilità disciplinare, evitando che la società possa trovarsi a rispondere (nell’ipotesi di concorsi di responsabilità indicata dall’art. 12, co. 2, D.M. 34/2013) per violazioni deontologiche «esterne alla s.t.p.».

Ulteriori aspetti problematici della materia attengono al trattamento fiscale e all’assoggettabilità a fallimento. Quanto al primo profilo, i Consulenti del Lavoro sottolineano che la s.t.p. sembra essere assimilabile allo studio individuale o all’associazione professionale, con qualificazione del reddito come autonomo ai sensi dell’art. 53 del TUIR, anche in presenza di s.t.p. di capitali. Tale classificazione comporterebbe l’esclusione dal campo di applicazione dell’Ires e l’imputazione per trasparenza ai soci, compresi quelli non professionisti. La s.t.p., al pari degli studi professionali, dovrebbe essere soggetta al versamento dell’Irap.

In merito, poi, all’assoggettabilità a fallimento, i Consulenti osservano come il problema non sia stato affrontato dal legislatore. Sul punto la circolare ritiene che la società professionale, non essendo impresa commerciale, possa avere accesso al nuovo istituto della composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla L. 3/2012, modificata dal successivo D.L. 179/2012, relativo alla sistemazione delle crisi derivanti da situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili a differenti procedure concorsuali.

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