Smart working: a chi si rivolge la proroga del lavoro da remoto

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Rinviato a fine giugno lo smart working per i lavoratori fragili.
Sulla norma del Milleproroghe che ha reintrodotto sino a fine giungo il diritto al lavoro da remoto esclusivamente per i dipendenti pubblici e privati “fragili” e genitori di prole che ha meno di 14 anni, si registrano dei contrasti interpretativi.
Il diritto in questione può essere fatto valere a due condizioni.
La prima è che nel nucleo familiare non ci sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito (per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa), oppure, non ci sia un genitore non lavoratore.
La seconda è che la modalità di lavoro sia compatibile con le i caratteri della prestazione che deve essere resa.
Sulla Gazzetta Ufficiale 49 del 27 febbraio 2023 è stata pubblicata la conversione del decreto 198/2022 (legge 14/2023).
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Indice

1. Prorogato sino a fine giugno il lavoro da remoto per le persone fragili


Il lavoro da remoto in scadenza 30 marzo, viene prorogato sino a fine giugno per i lavoratori del settore pubblico e del settore privato cosiddetti “fragili”, vale a dire, coloro che sono affetti da gravi patologie indicate dal Ministero della Salute nel decreto del 4 febbraio 2022.
I giuslavoristi sono d’accordo con l’interpretazione della norma nel senso del riconoscimento di un diritto al lavoro da remoto “integrale”, e sul fatto che il ricorso allo smart working sia riconosciuto anche se ci sia incompatibilità delle mansioni con il lavoro svolto da remoto, senza che la retribuzione percepita venga ridotta.

2. L’esercizio del diritto dei genitori con figli under 14


In relazione alla portata della previsione normativa del Milleproroghe per il genitore di figli minori di 14 anni nel privato, ci sono due correnti di pensiero che si scontrano.
Se l’organigramma aziendale non prevede il lavoro agile, il genitore di figli minori di 14 anni ne avrà diritto lo stesso.
Lo sostiene Arturo Maresca, professore ordinario di diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma, intervistato dal quotidiano Il Sole 24 ore.
Se l’azienda prevede una simile modalità di esecuzione del lavoro, il genitore ne avrà diritto secondo la disciplina che stabilisce l’imprenditore, alternando i giorni di presenza da remoto e la collocazione temporale della prestazione che vale anche per gli altri dipendenti.
Questa interpretazione è condivisa da molti giuslavoristi e associazioni datoriali.
Al contrario, ci sono altri giuslavoristi e i sindacati, secondo i quali la norma, a causa della mancanza di limitazioni espresse, garantirebbe un diritto assoluto a lavorare sempre fuori dei locali aziendali, prestando la propria attività sempre da remoto.


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3. La disciplina che prevede l’impresa


La norma si limita a riconoscere il diritto di questi genitori a potere lavorare in modo agile senza dare una definizione del contenuto e della sua misura, alternando giorni di presenza e giorni di lavoro da remoto.
In una simile prospettiva, il genitore di figli minori di 14 anni, stando alla relativa norma , ha diritto al lavoro agile, esercitandolo secondo la disciplina che prevede l’impresa.
Sempre secondo il Professor Maresca, dovrebbe essere riconosciuto il diritto del dipendente al lavoro agile, non il diritto al lavoro da remoto.
Il lavoro agile prevede come requisito l’alternanza tra lavoro in presenza e lavoro da remoto, senza la quale non si configura lo smart working.
A questo proposito, se l’attività viene svolta esclusivamente da remoto, non si parla  di lavoro agile, ma di lavoro da remoto, vale a dire, un rapporto di lavoro, dove il modo nel quale lo stesso viene eseguito si incentra sul fatto che il dipendente lavora sempre da remoto, senza che ci sia alternanza. 

4. Lo smart working “integrale”


L’altro punto di vista è dell’avvocato Aldo Bottini, anche lui intervistato dal quotidiano Il Sole 24 ore, secondo il quale, eventuali accordi individuali o collettivi che limitino esclusivamente a determinati giorni il lavoro da remoto, si devono intendere superati dalla norma di legge che sembra attribuire il diritto a uno smart working, “integrale».
A differenza dei cosiddetti lavoratori “fragili”, il diritto è condizionato alla compatibilità del lavoro agile con le caratteristiche della prestazione.
Questo preclude un simile lavoro a coloro che possono lavorare esclusivamente in presenza, lasciando la possibilità di negarlo dove si possa dimostrare che il lavoratore in questione non sia compatibile con la prestazione, vale a dire, che l’alternanza tra presenza e lavoro da remoto, prevista dagli accordi, sia indispensabile per svolgere le relative mansioni.
Non essendo una prova facile, rappresenta una possibilità nella maggior parte dei casi più teorica che pratica.

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