Sicurezza nei luoghi di lavoro: infortunio, malattia e richiesta di indennizzo. Le patologie già esistenti non sono indennizzabili (Cass. civ. 28434/2013)

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Lavoro – rapporto – sicurezza nei luoghi di lavoro – infortunio – malattia – indennizzo – richiesta

 

Massima

Il prestatore di lavoro non ha diritto al risarcimento del danno a causa dell’infortunio poiché la patologia del prestatore di lavoro era derivata dalla riacutizzazione della malattia e non invece dall’evento lesivo.

Da ciò ne consegue che non può essere riconosciuta quale ulteriore invalidità temporanea.

 

Premessa

 

Nella decisione del 19 dicembre 2013 n. 28434 i giudici di Cassazione hanno precisato che il lavoratore non ha diritto al risarcimento del danno – indennizzo per danno biologico, derivante dall’infortunio, quando il presunto sforzo dallo stesso denunciato non ha costituito causa efficiente, concausa e nemmeno causa scatenante dello stato morboso.

La Corte d’Appello aveva accolto il gravame proposto dall’INAIL; in riforma della decisione impugnata aveva rigettato la domanda del lavoratore intesa all’ottenimento dell’indennizzo per danno biologico derivante dall’infortunio occorso allo stesso e riconosciuto dal Tribunale nella misura del 6%.

I giudici della Corte d’Appello aveva rilevato che il consulente tecnico, all’esito dell’accertamento espletato, aveva evidenziato che lavoratore risultava affetto da discopatie multiple lombari con ernie discali che avevano reso necessari due interventi di discolisi.ù

Tale patologia preesisteva almeno da cinque anni con i caratteri della cronicità (1).

Il consulente officiato aveva, poi, escluso l’origine post traumatica degli esiti invalidanti in quanto le lesioni discali erano preesistenti all’evento lesivo ed aveva anche evidenziato come la riacutizzazione della malattia, , a distanza di due anni dall’evento lesivo, non poteva essere riconosciuta come ulteriore invalidità temporanea, ma fosse inquadrabile come malattia comune senza postumi permanenti.

La questione si spostava dinanzi l’attenzione dei giudici di legittimità con due motivi di ricorso.

Con il primo motivo, si denunciava violazione e/o erronea applicazione dell’art. 2 del D.P.R. 1124/1965, nonché di ogni altra norma e principio in tema di nesso di causalità tra attività lavorativa ed infortunio sul lavoro, ex art. 360, n. 3, c.p.c., richiamando le conclusioni delle c.t.u. di primo e secondo grado, la seconda delle quali aveva escluso l’origine post traumatica della malattia in quanto le lesioni discali erano preesistenti all’evento lesivo.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo, ovvero un punto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., sostenendo che la patologia preesisteva da vari anni, almeno cinque, rispetto alla relazione peritale del febbraio 2009 e non da vari anni rispetto all’epoca dell’infortunio, avvenuto nell’ottobre 2003 e che il C.t.u., pur avendo rilevato che l’esordio della malattia era coinciso con l’evento del 3 ottobre 2003 e che la prima TC del rachide era stata eseguita nel novembre 2003, quindi dopo l’infortunio, ha ritenuto erroneamente che la patologia fosse già in atto al momento dello stesso.

 

Conclusioni

 

 

Con la decisione del 19 dicembre 2013 n. 28434 la Corte di Cassazione, intervenendo in tema di indennità per patologie  ha evidenziato che non compete al lavoratore il danno biologico derivante da infortunio sul lavoro da parte dell’istituto per una lombosciatalgia verificatasi sul luogo di lavoro, che, però, è stata considerata manifestazione di una patologia cronica già esistente.

Nella sentenza oggetto di commento secondo la Corte è emerso che lo sforzo “presunto” del lavoratore non ha costituito una causa efficiente, una concausa e nemmeno una causa scatenante dello stato morboso.

Si legge nella motivazione che “Alla stregua di tali considerazioni e valutata la diversa natura della invalidità temporanea riconosciuta dall’istituto, di indubbia valenza assistenziale, che non incide ai fini della valutazione del nesso causale, della qualificazione del fatto e della indennizzabilità delle invalidità denunciate, deve pervenirsi alla reiezione del ricorso, dovendo ritenersi correttamente applicati al caso di specie i principi che regolano la materia” (2).

Ne consegue il rigetto del ricorso con compensazione delle spese di lite.

 

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1)     Aveva ancora aggiunto il CTU  che l’esordio clinico della patologia era stato improvviso ed era coinciso con l’infortunio, consistito in un blocco lombare insorto nel tentativo di sollevare un termosifone

2)     Cass. civ.24 maggio 2010 n. 12597

Sentenza collegata

40559-1.pdf 102kB

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Rinaldi Manuela

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