Separazione e divorzio: l’obbligo degli alimenti può essere a tempo indeterminato?

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Se si  considera che un mutuo viene percepito come un peso gravoso che accompagna per un lungo arco della vita, coloro che decidono di separarsi e devono mantenere l’ex coniuge non stanno meglio di sicuro.

A questo proposito, l’ex marito che mantiene l’ex moglie si chiederà quanto durerà il mantenimento dopo il divorzio e se ci sia un limite di tempo oltre il quale il mantenimento “scada”.

La questione non può essere risolta in modo veloce e superficiale.

In questo articolo, per comprendere bene in che modo stiano i fatti si dovrà compiere un passo indietro e spiegare a chi spetti il mantenimento e a quali condizioni.

Indice

  1. Dopo il divorzio a chi spetta il mantenimento?
  2. Dopo il divorzio si può chiedere il mantenimento?
  3. A chi non spetta il diritto all’assegno di divorzio?
  4. Qual è la durata del mantenimento?

1. Dopo il divorzio a chi spetta il mantenimento?

L’assegno di mantenimento dopo il divorzio che, in modo più esatto, viene detto assegno divorzile, serve per garantire all’ex coniuge con il reddito più basso la possibilità di e in mantenere modo autonomo e di essere autosufficiente, conducendo una vita dignitosa in relazione al contesto in nel quale vive.

Il mantenimento non deve essere visto come un sussidio vitalizio né come una rendita parassitaria, lo ha precisato nel 2017 la Suprema Corte di Cassazione.

L’assegno spetta esclusivamente quando il beneficiario dimostri che il suo stato di incapacità economica non dipende da pigrizia e da altre colpe che gli possono essere attribuite, ma da cause esterne, ad esempio, età, difficoltà occupazionali.

Da questa regola rigida resta esclusa la casalinga, anche se ha un lavoro part time.

Coloro che per l’intera durata del matrimonio e d’accordo con il coniuge, hanno rinunciato alla carriera per badare alla casa e ai figli, perdendo ogni prospettiva di guadagno, hanno sempre diritto a un assegno divorzile, che deve essere proporzionato all’incremento di ricchezza conseguito dal marito a fronte di questo sacrifico.

2. Dopo il divorzio si può chiedere il mantenimento?

In seguito al divorzio, il coniuge che subisce un peggioramento della situazione economica può chiedere all’ex aiuto sotto forma di assegno divorzile, anche se in precedenza non aveva chiesto né era titolare del beneficio.

Per farlo, si deve instaurare un giudizio di revisione delle condizioni di divorzio, che ha specifiche regole regole, che sono state di recente precisate da parte della giurisprudenza.


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3. A chi non spetta il diritto all’assegno di divorzio?

L’assegno di divorzio non spetta a coloro che hanno subito il cosiddetto addebito, vale a dire, se vengono dichiarati responsabili per la fine del matrimonio, se hanno violato i doveri di coppia che il codice civile impone, che sono convivenza, fedeltà e assistenza.

Questo consegue a un accertamento durante la causa di separazione, in relazione alle prove depositate da parte dell’ex coniuge.

L’assegno di mantenimento non spetta neanche a coloro che hanno un reddito che gli permetta di mantenersi da sé, indipendentemente dalla condizione agiata dell’ex.

Ad esempio, una donna con uno stipendio di impiegata non ha diritto al mantenimento dal marito anche se sia molto più facoltoso di lei.

Allo stesso modo, non ha diritto all’assegno di divorzio la donna giovane, con una formazione e una capacità di lavoro che le consentirebbe di procurarsi da vivere.

Il giudice considera le potenzialità di reddito del soggetto.

L’assegno di divorzio non spetta a coloro che possono fare affidamento su una ricchezza immobiliare o mobiliare, anche se non pienamente liquida oppure a coloro che ricevono una cospicua eredità e che hanno un patrimonio dal quale potere attingere.

La giurisprudenza nega l’assegno di divorzio a coloro che convolano ad altre nozze e a coloro che iniziano una relazione a carattere stabile con un’altra persona, che si basa sulla convivenza “more uxorio”, vale a dire, la tipica della famiglia fondata sul matrimonio.

Questo però non è automatico.

In simili casi, il coniuge beneficiario dell’assegno deve avere rinunciato alla sua carriera durante il matrimonio e, nonostante la convivenza con un’altra persona, avrebbe lo stesso diritto all’assegno di  mantenimento se le sue condizioni economiche dovessero essere precarie.

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4. Qual è la durata del mantenimento?

Il mantenimento dopo il divorzio dura sino a quando permane la situazione di incapacità economica involontaria dell’ex coniuge.

L’obbligo di versare gli alimenti cessa in due casi:

  • Quando la situazione di incapacità economica non è più incolpevole ma determinata da una scelta volontaria.

Ad esempio, l’ex moglie che, nonostante lo possa fare, non si mette alla ricerca di un lavoro o rinunci a offerte di occupazione:

  • Quando cessa la situazione di incapacità economica

Ad esempio, quando una donna disoccupata, venga assunta o erediti un patrimonio immobiliare che le consenta di mantenersi mettendolo a reddito o vendendolo.

In questi due casi, il coniuge che dovrebbe versare il mantenimento non può interrompere il pagamento di sua spontanea volontà, se lo dovesse fare potrebbe essere querelato per il reato di violazione degli obblighi familiari.

Si dovrebbe prima rivolgere al giudice, in modo che cancelli il precedente provvedimento e revochi l’obbligo di corrispondere il mantenimento o ne riduca l’importo.

Il giudice, per valutare se la domanda di modifica può essere accolta e, di conseguenza, modificare il contributo divorzile, deve verificare che le questioni sollevate dal soggetto obbligato non esistessero alla data del precedente provvedimento.

Se, dopo il divorzio, non si dovessero verificare simili condizioni, l’assegno divorzile resterebbe immutato sino alla morte di uno dei due coniugi.

Diventerebbe una specie di assegno a tempo indeterminato.

In caso di morte del soggetto obbligato al pagamento, l’onere economico non ricade sui suoi eredi,  che non dovranno continuare a pagare il mantenimento a favore dell’ex coniuge del defunto.

In caso di morte del soggetto beneficiario, i suoi eredi non potranno pretendere di ottenere, dal soggetto obbligato, la prosecuzione del pagamento degli assegni mensili.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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