Separazione, divorzio e patrimonio, le relazioni con il lato economico

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Quando due coniugi decidono di separarsi, se non sono d’accordo e si va in giudiziale, i beni in comunione assumono determinate caratteristiche.

Quando il matrimonio si rompe, si devono considerare anche gli aspetti patrimoniali.

 

Non è un segreto che in presenza di una rottura del vincolo matrimoniale, si abbiano delle inevitabili ripercussioni  e conseguenze sul patrimonio, almeno di uno dei due coniugi.

Conti correnti in comune, casa, risparmi, e altro, devono essere rimessi in discussione, al fine di potere gestire la crisi della coppia.

In presenza di simili circostanze, di solito è sempre meglio che i coniugi raggiungano un accordo e procedano a una separazione consensuale.

Procedere di comune accordo, evita di andare per le lunghe, trascinando situazioni spiacevoli, e consente anche di risparmiare soldi.

Si deve stare molto attenti, si deve pensare bene, perché in determinate situazioni, la disputa per dividersi un bene da pochi soldi potrebbe rischiare di fare salire in modo vertiginoso le parcelle degli avvocati.

Se non ci dovesse essere accordo, si va per la via cosiddetta “giudiziale”.

In presenza di simili circostanze, le questioni patrimoniali tra i coniugi vengono decise con la sentenza di separazione, o con l’omologa nel caso sia consensuale.

Si può accedere al divorzio, consensuale o giudiziale dopo un anno, con il termine lungo, se la separazione è stata giudiziale, vale a dire contenziosa, oppure dopo sei mesi, con il termine breve, se la separazione è stata consensuale, vale a dire concordata tra le parti.

A volte le persone dirette interessate pongono diverse domande in relazione alle situazioni per le quali nutrono dei dubbi.

A questo proposito, si deve sempre tenere presente che ogni giudice decide di volta in volta in base alla situazione relativa a ogni caso, alla quale si aggiungono le “personali convinzioni del magistrato”, libero di interpretare la legge in piena indipendenza.

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L’opera è un’analisi di tutti gli aspetti concernenti i trasferimenti immobiliari tra i coniugi, sia in sede di separazione sia di divorzio. Il testo è aggiornato alla più recente giurisprudenza. Rilevanti sono anche le novità legislative in materia di unioni civili e convivenze di fatto di cui alla L. 76/2016. Alla nuova disciplina si è data attuazione coi decreti delegati nn. 5, 6 e 7 del 19 gennaio 2017 e, da ultimo, è intervenuto il decreto del Ministro dell’interno 27 febbraio 2017 per la regolamentazione dei registri delle unioni civili. Con una ragionata rassegna di giurisprudenza e un    ricco formulario, il testo è un supporto pratico di particolare utilità in considerazione della rilevanza delle relazioni da regolare, anche con riferimento alla tutela dei terzi e ai profili fiscali e tributari collegati.In occasione della crisi coniugale, le esigenze di trasferire immobili (o anche solo parti di essi o diritti afferenti i medesimi) possono venire in rilievo tanto per scomporre attività o iniziative svolte in comune tra i coniugi (imprese economiche, abitazioni, gestioni, ecc.), quanto in funzione compensativa/sostitutiva dell’eventuale assegno di man- tenimento, per consentire alla parte economicamente più debole di mantenere il medesimo tenore di vita avuto durante il matrimonio. Il volume garantisce soluzioni non solo circa la regolazione delle questioni immobiliari tra coniugi, ma anche relativamente alle rica- dute per i figli beneficiari, in tutto o in parte, delle quote già appartenenti ai genitori.Il Cd-Rom allegato contiene il formulario compilabile e stampabile e la giurisprudenza.Manuela Rinaldi, Avvocato in Avezzano;  Dottore  di ricerca in Diritto dell’Economia e dell’Impresa, Diritto Internazio- nale e Diritto Processuale Civile, Curriculum Diritto del Lavoro. In- caricata (a.a. 2016/2017) dell’in- segnamento Diritto del Lavoro (IUS 07) presso l’Università degli Studi di Teramo, Facoltà di Giu- risprudenza. Dal 2011 Docente Tutor Diritto del Lavoro c/o Uni- versità Telematica Internazionale Uninettuno; relatore in vari conve- gni, master e corsi di formazione. Autore di numerose pubblicazioni, monografiche e collettanee.Almerindo Vitullo, Notaio in Avezzano.Requisiti hardware e software- Sistema operativo: Windows® 98 o successivi- Browser: Internet – Programma capace di editare documenti in formato RTF (es. Microsoft Word) 

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I beni che rientrano e non rientrano in comunione

La comunione dei beni si scioglie con la sentenza di separazione, quando ognuno dei coniugi può pretendere che i beni siano divisi.

Ogni bene deve essere distribuito in parti uguali, sia le attività sia le passività.

I beni che non possono essere divisi vengono venduti e viene ripartito tra gli ex coniugi il prezzo che viene ricavato.

Se le parti non trovano un accordo, sulla divisione deciderà il giudice.

Nell’attivo non rientrano esclusivamente gli acquisti, rientrano anche i risparmi di ognuno dei coniugi, che rappresentano il frutto del lavoro e del patrimonio personale.

Quando due persone si sposano, scatta in automatico la comunione dei beni.

Se i coniugi vogliono mantenere la separazione dei beni, lo devono dichiarare al momento del matrimonio davanti all’ufficiale di stato civile o al ministro di culto, a seconda che il matrimonio venga celebrato con rito civile oppure religioso.

Chi non si ricorda in quale regime patrimoniale si è sposato si potrà rivolgere all’ufficio anagrafe, richiedendo un estratto per riassunto dell’atto di matrimonio, e se non c’è nessuna annotazione, significa che il regime adottato è la comunione.

Quali beni rientrano nella comunione

Costituiscono oggetto della comunione dei beni:

Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio

I frutti dei beni di proprietà di ognuno dei coniugi, ad esempio canoni di locazione, interessi sui titoli di Stato, dividendi azionari, prodotti di terreni coltivati se appartenuti al coniuge prima delle nozze o ereditati

Quello che è stato guadagnato con il lavoro o con una professione anche saltuaria di ognuno dei coniugi

Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.

Se si dovesse trattare di aziende che appartengono a uno dei coniugi prima del matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione è relativa in modo esclusivo agli utili e agli incrementi.

Quali beni non rientrano nella comunione

Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:

I beni dei quali si era proprietari prima del matrimonio

I beni ricevuti, anche in circostanze successive al matrimonio, in donazione o in eredità

I beni di utilizzo strettamente personale

I beni che servono all’esercizio della professione, tranne quelli diretti alla conduzione di un’azienda che fa parte della comunione

I beni ottenuti a titolo di risarcimento danni, nonché la pensione attinente alla perdita parziale o completa della capacità lavorativa

I beni acquisiti con il ricavato della vendita dei beni personali o col loro scambio, purché sia dichiarato all’atto dell’acquisto.

La separazione dei beni

Se i coniugi che si separano hanno adottato il regime di separazione dei beni, ognuno nei confronti dei suoi beni resta nella stessa situazione nella quale si troverebbe se non fosse sposato.

Ogni coniuge conserva la titolarità, l’amministrazione, il godimento esclusivo di ogni bene acquistato prima e durante il matrimonio.

Se i coniugi, nonostante avessero adottato il regime di separazione dei beni, avevano deciso di intestare a entrambi il conto corrente, il conto titoli, o altri beni, devono potere provare di chi sia la proprietà, con documenti, fatture, testimonianze.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale, se non lo dovessero fare, il giudice, in caso di controversia, li considera ognuno al cinquanta per cento.

Se, ad esempio, uno dei due coniugi riesce a provare che l’acquisto dei titoli è avvenuto esclusivamente con denaro che proviene dal suo conto corrente personale, ha diritto di disporre dell’intero importo dei titoli.

Il conto corrente in comune

Secondo la Giurisprudenza prevalente, il conto corrente e i titoli, azioni, obbligazioni, titoli di Stato, fanno parte della comunione, se sono intestati a uno dei due coniugi, l’altro non ha diritto a ottenere la sua parte sino a quando la comunione non venga sciolta.

Sino a quel momento, ogni coniuge può legittimamente continuare a gestire conti personali e titoli come faceva prima.

Il discorso vale anche per i conti cointestati, che però è meglio separare per prevenire altri disaccordi.

Se il conto ha le firme disgiunte, ognuno può disporre dell’intera somma depositata senza la firma dell’altro.

Ci si deve fare consegnare dalla banca un estratto dei movimenti bancari, per avere una prova delle disposizioni effettuate da entrambi i coniugi.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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