Sentenza n. 9098/2006 del Tar Lazio in tema di autorizzazione degli incarichi extragiudiziari e formazione del silenzio assenso.

sentenza 19/10/06
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Sent. 9098/2006
R.G. 5966/2004
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Roma – Prima Sezione
nelle persone dei magistrati:
****************  Presidente
**************  Componente
*************  Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 5966/2004, proposto da: ***, rappresentato e difeso dagli **************************** e ************, presso lo studio della quale è elettivamente domiciliato, in Roma, p.zza ******* n. 27
contro
Ministero della Giustizia – Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui ope legis domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi n. 12
per l’annullamento, previa sospensione
– del provvedimento n.P. 6962/2004 del 09.04.2004, avente ad oggetto il diniego di autorizzazione per l’espletamento di incarico extragiudiziario consistente in otto ore di lezione presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” – Facoltà di Giurisprudenza – Scuola di specializzazione per le professioni legali;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi comprese le circolari che regolano la materia;
   Visto il ricorso, notificato il 31.05.2004 e depositato il 09.06.2004,con i relativi allegati;
   Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;
   Vista l’ordinanza n. 3727/2004;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Designato relatore, alla pubblica udienza del 24 maggio 2006, il Referendario ****************** ed uditi, altresì, i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
     Il dott. *** – sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di ***, già autorizzato ad espletare un incarico extragiudiziario presso l’Università degli Studi di Cassino – in data 23.02.2004 ha chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura di essere autorizzato ad effettuare otto ore di insegnamento in materia di giustizia costituzionale presso l’Università degli Studi di Napoli; con successiva nota del 16.03.2004 ha chiesto di poter optare (in caso di accertata incompatibilità tra i due incarichi) per il secondo incarico, precisando, altresì, che l’incarico presso l’Università di Cassino non aveva avuto ancora inizio e che l’insegnamento presso l’Università di Napoli sarebbe stato effettuato in due giornate di congedo ordinario.
     Con il provvedimento indicato in epigrafe il C.S.M. ha respinto la richiesta di autorizzazione all’insegnamento presso l’Università di Napoli, motivando il diniego sull’autorizzazzione precedentemente concessa al dott. ***, senza tener conto della summenzionata richiesta di opzione.
     Con il ricorso in esame il dott. *** ha impugnato il rigetto dell’autorizzazzione all’insegnamento presso l’Università “Federico II” di Napoli, deducendo, attraverso un unico articolato motivo di ricorso i vizi di volazione di legge ed eccesso di potere.
     Parte ricorrente sostiene che l’articolo 53 del D.Lgs n. 165/2001 prevede che l’amministrazione di appartenenza del richiedente deve pronunciasi sulla richiesta di autorizzazione nel termine di trenta giorni dal ricevimento della medesima, decorso il quale (nel caso di incarico conferito da pubbliche amministrazione) la richiesta s’intende autorizzata; pertanto, il provvedimento di diniego sarebbe illegittimo in quanto adottato oltre il termine di trenta giorni. Inoltre, il provvedimento sarebbe carente sotto il profilo della completa istruttoria, poiché l’amministrazione non avrebbe tento conto che l’incarico precedentemente  autorizzato non aveva ancora avuto esecuzione e che il ricorrente aveva espressamente manifestato la volontà di scegliere il secondo incarico.
      L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza delle censure dedotte e concludendo per il rigetto del ricorso.
     In particolare, la difesa dell’amministrazione sostiene l’inapplicabilità del meccanismo del silenzio- assenso di cui all’articolo 53 del D.lgs n. 165/2001, in considerazione della particolare natura giuridica del C.S.M. (che ne escluderebbe la qualificazione come pubblica amministrazione in senso soggettivo) e aggiunge che “la necessità di un ‘autorizzazione espressa deriva dalla molteplicità e diversità dei paramentri che il C.S.M. deve considerare nel caso in cui il magistrati si dedichi ad attività libere che comportano l’esigenza di una valutazione di compatibilità in concreto con il prestigio dell’ordine giudiziario”. Infine, sottolinea, la conformità del provvedimento impugnato alla consolidata prassi consiliare che individua preventivamente limiti quantitativi ai fini dell’autorizzabilità degli incarichi di insegnamento.
     Con ordinanza n. 4336 del 24.05.2005, la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato è stata accolta.
      Alla pubblica udienza del 24 maggio 2006, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
     Il ricorso è fondato.
     Come già rilevato in sede di accoglimento dell’istanza cautelare, appaiono poco condivisibili le argomentazioni svolte dalla difesa dell’amministrazione resistente circa l’inapplicabilità del termine di trenta giorni previsto dall’articolo 53 del D.Lgs n. 165/2001, atteso che l’ampiezza di tale termine consente una ponderata valutazione circa la compatibilità dell’incarico extragiudiziario del magistrato con le esigenze di servizio e con le funzioni giudiziarie concretamente svolte; di conseguenza, l’eventuale formazione del silenzio-assenso in caso di mancata adozione di un provvedimento espresso entro il suddetto termine non incide né sulla rilevanza costituzionale del Consiglio Superiore della Magistratura, né sull’autonomia dell’ordine giudiziario.
     Ciò posto, il punto principale ed assorbente del gravame è costituito dal fatto che le motivazioni espresse nel provvedimento impugnato non consentono la ricostruzione dell’iter logico seguito dall’amministrazione, né dei criteri utilizzati per applicare, al caso di specie, la normativa e la prassi consiliare relativa al confeirimenti di incarichi di insegnamento, e, soprattutto, omettono qualsiasi valutazione in ordine all’istanza del 16.03.2004, con la quale il ricorrente aveva chiesto di poter essere posto in condizione di scegliere tra i due incarichi non ancora iniziati.
     Invero, il provvedimento impugnato motiva la decisione di rigetto sulla circostanza che il magistrato fosse già stato autorizzato a svolgere 36 ore di lezione presso l’Università degli Studi di Cassino e che la prassi consiliare ha preventivamente quantificato in 35 ore per anno accademico il limite massimo di autorizzazione per incarichi di insegnamento, al fine di evitare sottrazioni prolungate all’attività di servizio.
     Tuttavia, tale valutazione non solo non ha tenuto conto che l’incarico di trentasei ore autorizzato presso l’Università di Cassino non prevedeva un impegno omogeneo, (atteso che 20 ore erano destinate ad attività didattica e le rimanenti 16 erano destinate ad attività di ricevimento degli studenti), ma – omettendo qualsiasi riferimento all’istanza del ricorrente e all’eventuale facoltà di rinuncia all’incarico già autorizzato – ha, di fatto,  impedito una bilanciata comparazione degli interessi, ben potendo il C.S.M., anche in assenza di norme che disciplinino tale meccanismo di opzione, autorizzare il nuovo incarico sotto la condizione della rinuncia all’espletamento di quello già autorizzata, ma non ancora in corso di esecuzione.
     Ritiene, pertanto, il Collegio che il provvedimento impugnato non soddisfi i requisiti minimi di motivazione che devono contenere gli atti destinati a realizzare l’ottimale contemperamento tra le esigenze di servizio e l’espletamento degli incarichi extragiudiziari, a maggior ragione se aventi conseguenze sfavorevoli in capo al destinatario.
     Dichiarate assorbite le ulteriori censure, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, annullato l’atto impugnati, fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
     Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
     il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione Prima, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
     Spese compensate.
     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 maggio 2006. 
**************** Presidente 
*************  Estensore
Depositata il 21.9.2006

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