Sentenza n. 1736 del 2007, pubblicata il 4.7.2007,.del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA ,Sede di Bari – Sezione Prima, Allegretta – Presidente; Anastasi – Est.

sentenza 26/07/07
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REPUBBLICA ITALIANA
N.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Reg. Sent.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
N.
Sede di Bari – Sezione Prima
Reg. Ric.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 880 del 2001, proposto da ***, rappresentato e difeso dagli avv.ti **************** e *************** ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi, in Bari, via ********, n. 14;
CONTRO
1) Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, in persona del Direttore Generale in carica, rappresentata e difesa dall’avv. **************** (già dall’*************************) ed elettivamente domiciliata presso l’Ufficio Legale, in Bari, lungomare *******, n. 6 ;
2) Regione Puglia, in persona del Presidente in carica, non costituita in giudizio;  
PER L’ANNULLAMENTO
1) del provvedimento di diniego contenuto nella nota prot. n. 328 del 1.2.2001 dell’Azienda Sanitaria Locale BA/4, con la quale si comunica al ricorrente il parere negativo del Centro Regionale di Riferimento Ospedale “di Venere” di Bari sulla richiesta di autorizzazione alla fruizione di prestazioni sanitarie in forma indiretta;
2) del ridetto parere negativo del Centro Regionale di Riferimento per l’assistenza degli ammalati all’estero, Ospedale “ di Venere” di Bari;
3) di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso a quello impugnato, quand’anche non comunicato al ricorrente e/o da lui non conosciuto, per quanto di suo interesse, con particolare riferimento all’istruttoria ed alle sue risultanze, ove effettuata;
nonché per l’accertamento
del diritto del ricorrente ad ottenere il rimborso, per quanto di competenza, dell’Unità responsabile, delle spese sostenute -puntualmente documentate ed esibite- per prestazioni sanitarie e viaggio all’estero;
con consequenziale condanna
dell’AUSL BA/4, o di chi di ragione, al rimborso delle suddette spese sostenute dal ricorrente, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 4 aprile 2007, il Cons. ***************** e uditi i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato in data 4.4.2001 e depositato in data 27.4.2001, il ricorrente premetteva che, in data 6.9.2000, all’esito di una T.A.C. cranica, effettuata per un normale controllo a seguito di un banale incidente, gli veniva diagnosticata la presenza di un neurinoma delle dimensioni di circa 3 cm. dell’ottavo nervo cranico, che veniva poi confermata anche all’esito di numerosi esami radiografici successivamente effettuati.
Esponeva che, in seguito, si sottoponeva a visite specialistiche dapprima presso il reparto di neurochirurgia del Policlinico di Bari e poi presso altri    centri nazionali di eccellenza del settore della neurochirurgia, quali la “Casa di Cura di Piacenza”, l’Ospedale di Verona, l’Università di Padova (assumendosi i gravosi oneri finanziari per le spese di viaggio), i quali tutti confermavano la necessità di un delicato intervento chirurgico richiedente la previa recisione del nervo acustico ed avvertivano in ordine alle certe gravi conseguenze invalidanti che tale recisione avrebbe determinato nel fisico del ricorrente, cioè sordità totale, paresi facciale permanente, costante perdita di equilibrio, probabili rischi di destabilizzazione nonchè di paralisi totale degli arti inferiori.
Esponeva che, al fine di evitare le suddette conseguenze invalidanti, a seguito di informazioni assunte, si vedeva costretto a rivolgersi al prof. Samil della “klinikum Hannover Nordstadt” di altissima specializzazione, il quale, pur confermando al ricorrente la necessità di un intervento chirurgico, precisava che avrebbe potuto avvalersi di una tecnica chirurgica molto innovativa, tale da evitare la recisione del nervo acustico e, quindi, tutte le relative conseguenze invalidanti, già prospettate in tutti i centri italiani consultati.
Precisava che, pertanto, in data 8.11.2000, provvedeva a richiedere regolare autorizzazione preventiva, ai sensi ed agli effetti del D.M. 3.11.1989 n. 851700, presso l’intimata A.U.S.L. BA/4 territorialmente competente e, in data 20.11.2000, attesa l’urgenza clinica, si sottoponeva all’intervento chirurgico presso la suddetta “klinikum ******************”, che veniva effettuato con successo, senza lasciare conseguenze invalidanti, per cui il ricorrente, in data 5.11.2000, poteva rientrare in Italia, dopo aver speso circa 60 milioni di lire.
Lamentava che, però, in data 5.2.2001, riceveva dalla A.U.S.L. BA/4 l’epigrafato provvedimento di diniego, secondo cui “l’intervento poteva essere eseguito in Italia”, che veniva impugnato con l’odierno ricorso, fondato sui seguenti motivi di diritto:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 3, del D.M. 3.11.1989 n. 851700. Violazione e falsa applicazione della legge 23.10.1995 n. 595. Eccesso di potere per erronea presupposizione di fatto, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta;
L’Amministrazione procedente erroneamente non avrebbe tenuto conto che, presso la “klinikum ******************”, l’intervento chirurgico sarebbe stato svolto mediante una tecnica operatoria altamente innovativa, non conosciuta in Italia, non richiedente la previa recisione, neanche parziale, del nervo acustico, con ciò evitando gravissime conseguenze permanentemente invalidanti per il ricorrente, per cui la richiesta autorizzazione sarebbe dovuta essere concessa a causa della “non adeguatezza della prestazione ottenibile in Italia alla particolarità del caso clinico”.
2) violazione e falsa applicazione del D. M. 3.11.1989 n. 851700. Violazione dell’art. 3 legge n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria ed ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’ art 32 Cost. ;
L’impugnato provvedimento sarebbe stato emanato con difetto di istruttoria e con motivazione stereotipata ed insufficiente.
3) eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e buona amministrazione, nonché per illogicità ed ingiustizia manifesta.
L’eccessivo dilatarsi del procedimento, oltre che l’erroneità della decisione   amministrativa assunta, lo avrebbero gravato di notevoli spese per le cure sanitarie e per il viaggio, sopportate anche grazie all’aiuto ed alla solidarietà di parenti ed amici.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria spese.   
Con atto depositato in data 29.5.2001, si costituiva l’intimata A.U.S.L. BA/4 per contestare le tesi di parte ricorrente e concludeva per l’inammissibilità e, in subordine, per l’infondatezza del ricorso, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Non si costituiva la Regione Puglia intimata.
Con nota depositata in data 19.3.2007, l’azienda sanitaria si costituiva per mezzo di nuovo difensore.
Alla pubblica udienza del giorno 4.4.2007, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
1. La presente controversia verte in tema di impugnazione di diniego di autorizzazione, reso in ordine all’istanza del ricorrente, intesa ad ottenere il rimborso di spese ospedaliere da sostenere all’estero.
Va affermata la giurisdizione di questo giudice amministrativo, dal momento che la situazione soggettiva dedotta in giudizio è certamente di mero interesse legittimo, in correlazione con la discrezionalità riconosciuta all’Autorità amministrativa, titolare del potere di autorizzazione, sul piano della valutazione della propria capacità di soddisfare, tempestivamente ed in forma adeguata, anche sotto il profilo della disponibilità finanziaria, le esigenze del richiedente.
Né può essere revocata in dubbio la necessità, nella specie, di assumere a riferimento, ai fini del riparto della giurisdizione, il criterio della natura della posizione giuridica azionata (ex plurimis: Cass. Civ., Sez. Un., ord. n. 11334/2005 cit.; TAR Lombardia, Brescia, 18 luglio 2005 n. 769), a seguito dell’intervento della sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 103 Cost., dell’art. 33 comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall’art. 7, lett. a), della legge 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla p.a. o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. n. 241 del 1990, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore": criterio prima di detta pronuncia ritenuto superato “ope legis”.
2. Osserva preliminarmente il Collegio che la Regione Puglia difetta di legittimazione passiva nella presente controversia, in quanto il sistema delineato dalla legge 23 ottobre 1985 n. 595 e dal regolamento attuativo recato con il D.M. 3 novembre 1989 ha circoscritto il ruolo della regione alla mera predisposizione delle strutture necessarie per consentire la valutazione delle istanze dirette ad ottenere l’autorizzazione, o il rimborso delle spese sostenute, per prestazioni sanitarie all’estero.
Ciò emerge, in particolare, dall’art. 3 del citato D.M. 3.11.1989, il quale prevede che "la regione attribuisce, per ogni branca specialistica, l’accertamento della sussistenza dei presupposti sanitari – che legittimano l’autorizzazione al trasferimento per cure all’estero e l’erogazione del concorso nelle relative spese – e ogni altra valutazione di natura tecnico-sanitaria, comunque connessa al trasferimento per cure all’estero, ad uno o più presidi e servizi di alta specialità di cui all’art. 5 della legge 23 ottobre 1985, n. 595, siti nel proprio territorio…" denominati “Centri Regionali di riferimento” per la branca specialistica in oggetto, con ciò esaurendo ogni competenza in merito ai procedimenti in esame.
Pertanto, va disposta l’estromissione della Regione Puglia dal presente giudizio, che rimane ritualmente instaurato nei confronti dell’Azienda Unità Sanitaria Locale BA/4, che ha adottato il provvedimento in impugnativa.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce che l’Amministrazione procedente erroneamente non avrebbe tenuto conto che, presso la “klinikum ******************”, l’intervento chirurgico si sarebbe svolto mediante una tecnica operatoria altamente innovativa, non conosciuta in Italia, che non comporterebbe la recisione, neanche parziale, del nervo acustico, con ciò evitandogli gravissime conseguenze permanentemente invalidanti, per cui la richiesta autorizzazione sarebbe dovuta essere concessa a causa della “non adeguatezza della prestazione ottenibile in Italia alla particolarità del caso clinico”.
L’art. 3, comma 5, della legge n. 595 del 23 ottobre 1985 (“Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-88”) stabilisce che le prestazioni di assistenza sanitaria vengono generalmente erogate in via diretta dalle strutture pubbliche o da quelle private convenzionate con il servizio sanitario nazionale, ammettendo, al contempo, in deroga al predetto principio, che i cittadini residenti in Italia fruiscano, in via indiretta, di prestazioni sanitarie presso centri di altissima specializzazione ubicati all’estero, purchè sussistano due condizioni non concorrenti: la prima concernente l’impossibilità di ricevere tempestivamente in Italia le medesime prestazioni; la seconda concernente la non adeguatezza alla particolarità del caso clinico delle prestazioni che potrebbero essere rese in Italia, assegnando ad un decreto del Ministro della Sanità la determinazione regolamentare dei criteri e delle modalità di accesso a tale forma di assistenza indiretta .
Il D. M. 3 novembre 1989 (“Criteri per la fruizione di prestazioni assistenziali in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all’estero”), emanato in attuazione della precitata norma legislativa, specifica, fra l’altro, che è considerata "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico" la prestazione che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche curative non praticate ovvero attrezzature non presenti delle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale" ( art. 2, commi 3 e 4 ).
Gli artt. 59 e 60 del Trattato CEE stabiliscono i principi della libera circolazione delle persone e della libera prestazione dei servizi.
La Corte di Giustizia CE, con sentenza 13 maggio 2003, n. 385, ha precisato che gli art. 59 (divenuto in seguito a modifica, art. 49 Ce) e 60 del trattato Ce (divenuto poi art. 50 Ce) del Trattato Cee vanno interpretati nel senso che (essi) non ostano alla normativa di uno Stato membro che “subordini il rimborso di cure ospedaliere ottenute in uno stato membro diverso e senza alcuna convenzione con il prestatore, alla previa autorizzazione".
Dal canto suo, la giurisprudenza interna ha avuto modo di affermare che "l’attuale disciplina in materia di assistenza sanitaria all’estero in favore dei cittadini italiani garantisce agli stessi una assistenza di carattere esclusivamente sussidiario, destinata ad operare solo quando le strutture interne non siano in grado di supplire ad esigenze indifferibili, mentre non prevede il diritto del cittadino ad una assistenza sanitaria globale, usufruibile dovunque egli si trovi e per qualsiasi ragione, compreso il caso della urgenza derivante da sinistro o, comunque, imprevista fino al momento del passaggio della frontiera nazionale …" (in termini, Cass. Sez. Lavoro, 20 agosto 2003 n. 12249).
Pertanto, la normativa nazionale, che richiede la previa autorizzazione al ricovero estero nei sensi sopra chiariti, può essere considerata alla stregua di un punto di ragionevole equilibrio tra la tutela del diritto alla salute e quella di altri beni giuridici parimenti tutelati dalla Costituzione che non stride affatto con la normativa comunitaria sul diritto di libera circolazione delle persone, atteso che ben può il cittadino intracomunitario rivolgersi a strutture sanitarie appartenenti ad uno dei paesi dell’UE ove sussistano obiettive ragioni di urgenza, inconciliabili con i tempi e le possibilità del ricovero interno.
Nel caso di specie, si controverte dell’ipotesi che l’art. 2, comma 4, del DM 3.11.1989 definisce "prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico" ossia la "prestazione che richiede specifiche professionalità ovvero procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale".
Ed infatti, dalla documentazione sanitaria prodotta dal ricorrente, non smentita dall’Amministrazione procedente, emerge che le strutture sanitarie di eccellenza presenti in Italia ed interpellate dal ricorrente avrebbero potuto effettuare l’intervento chirurgico finalizzato alla rimozione del neurinoma dell’ottavo nervo cranico, con la tecnica standard che postula necessariamente la previa recisione del nervo acustico, con gravi conseguenze permanentemente invalidanti, consistenti nella certezza della perdita dell’udito, della paresi facciale e della perdita dell’equilibrio, oltre che nel rischio di perdita delle funzioni degli arti inferiori, laddove l’intervento effettuato in Germania, presso la “klinikum ******************”, con una tecnica altamente innovativa, non comporta la previa recisione del nervo acustico e, quindi, neanche le suddette gravi conseguenze permanentemente invalidanti.
Ma di ciò l’impugnato provvedimento non ha assolutamente tenuto conto, essendosi semplicemente limitato ad affermare che l’intervento poteva essere effettuato in Italia, come se i fattori gravemente invalidanti, puntualmente indicati come conseguenza della tecnica chirurgica standard utilizzata in Italia, fossero irrilevanti non solo ai fini della tutela del diritto alla salute ed all’integrità personale del ricorrente ( che è compito precipuo dell’amministrazione sanitaria tutelare), garantiti dall’art. 32 della Costituzione, ma anche al fine di evitare i notevoli “costi sociali” per l’erario pubblico (assistenza invalido, cure e terapie, pensioni, etc..) connessi ad una futura situazione di invalidità permanente (data per certa), sicuramente più onerosi rispetto a quelli richiesti per il rimborso delle spese sanitarie documentate effettuate all’estero.
Per tutte le suddette argomentazioni, la censura merita adesione.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce difetto di motivazione e di istruttoria.
Il procedimento amministrativo per conseguire l’autorizzazione in questione è disciplinato dall’art. 4 del citato DM 3.11.1989 n. 851700, che demanda al Centro Regionale di riferimento territorialmente competente l’accertamento dei presupposti sanitari per usufruire delle prestazioni richieste, sulla base dell’istanza dell’interessato trasmessa attraverso l’Azienda sanitaria locale.
Si tratta, in sostanza, di un vero e proprio procedimento amministrativo che si conclude con un provvedimento di accoglimento o di reiezione.
Invero, l’autorizzazione all’assistenza sanitaria all’estero può essere negata soltanto se esistono in Italia strutture sanitarie, in grado di erogare la prestazione tempestivamente ed in forma adeguata alla particolarità del caso clinico, in modo da rendere il più possibile agevole, per l’assistito (spesso in condizioni psico-fisiche provate dalla gravità dello stato patologico), il conseguimento della prestazione alternativa a quella richiesta.
In particolare, è stato affermato che:
– l’amministrazione sanitaria deve procedere, in concreto, all’analisi della possibilità di fruire in forma diretta della medesima prestazione richiesta e, in caso positivo, deve espressamente indicare le strutture del Ssn capaci di erogarla (cfr.: Cons. Stato Sez. V, 29.1.2004 n. 309);
– il Centro di Riferimento deve prendere contatto con gli ospedali idonei e informarsi del tempo d’attesa (cfr. : Cons. Stato Sez. V, 10.7.2003 n. 4115);
– è onere dell’azienda pubblica, che intenda respingere una domanda di autorizzazione ad effettuare cure sanitarie all’estero, individuare e precisare le possibili, adeguate e tempestive alternative praticabili in Italia, con la conseguenza che, in difetto della detta indicazione, il rifiuto è illegittimo (cfr.: T.A.R. Lombardia, Milano Sez. I, 5.12.2002, n. 4761).
Applicando i suddetti principi al caso in esame, il Collegio rileva che, nella specie, il Centro Regionale di riferimento ha svolto una inadeguata e incompleta attività istruttoria sullo specifico caso clinico ad esso prospettato, come comprova il fatto che esso ha omesso del tutto di prendere in considerazione, nel parere contrario espresso, il dato fondamentale secondo cui tutte le strutture italiane interpellate dall’interessato avevano proposto il solo trattamento chirurgico standard, con recisione del nervo acustico, comportante conseguenze gravemente invalidanti per il ricorrente, contrariamente a quanto, invece, proposto dal centro “klinikum ******************”.
A giudizio del Collegio, quindi, nella specie, è mancata una valutazione sullo specifico caso clinico, ossia sull’effettiva patologia del ricorrente e sul concreto intervento proposto all’estero, al fine di individuare istituti italiani in grado di offrire l’identica prestazione chirurgica.
Occorre poi osservare che manca del tutto l’indicazione dei tempi di attesa, poiché un’istruttoria approfondita, condotta secondo i criteri sopra indicati, avrebbe imposto di fornire direttamente all’interessato i tempi di attesa per l’intervento presso le strutture italiane, una volta accertato che si tratta dell’identico intervento proposto all’estero.
Dagli atti impugnati non emerge altresì l’avvenuta presa di contatto tra il Centro regionale di riferimento e le strutture italiane ritenute idonee, al fine di fornire all’interessato tutte le ulteriori informazioni per un agevole e tempestivo ricovero.
In conclusione, si può ritenere che il provvedimento di rigetto della richiesta di autorizzazione non assolve all’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della legge n. 241 del 1990 né a quello, derivante dalla disciplina della legge in materia, nonché dai generali principi di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e di tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo (art. 32 Cost.), di informazione a favore del cittadino, nonostante quest’ultimo, nella specie, abbia diligentemente fornito circostanziati e puntuali elementi, atti a giustificare la necessità di effettuare l’intervento chirurgico presso la “Klinikum Hannover Nordstadt”, tali da consentire al giudice un sindacato esteso a valutazioni di natura tecnica.
Pertanto, la censura si appalesa fondata.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta che l’eccessivo dilatarsi del procedimento, oltre che l’erroneità della decisione   amministrativa assunta, lo avrebbe aggravato di notevoli spese per le cure sanitarie e per il viaggio, sopportate anche grazie all’aiuto ed alla solidarietà di parenti ed amici.
Anche questa censura è fondata, dal momento che, sulla richiesta di autorizzazione del ricorrente del 8.11.2000, la P. A. si è pronunciata soltanto in data 1.2.2001, cioè a distanza di quasi tre mesi, così venendo meno al suo preciso dovere di tutelare immediatamente la salute del ricorrente ai sensi dell’art . 32 Cost ( peraltro in presenza di una patologia oncologica da trattare con la massima tempestività), con la conseguenza che soltanto la provvida autonoma iniziativa del ricorrente di recarsi all’estero, ponendo interamente a suo carico le spese di cura e di viaggio anche grazie al supporto di parenti ed amici, ha potuto evitargli quelle gravissime conseguenze invalidanti permanentemente (o persino altre ancora più gravi connesse con l’evolversi nel tempo della patologia oncologica) che gli sarebbero certamente derivate se, prima di sottoporsi all’intervento chirurgico, avesse atteso l’emanazione del provvedimento amministrativo e poi lo avesse pedissequante eseguito, come pure richiederebbe il principio di presunzione di legittimità dell’agire amministrativo e come pure sarebbe stato costretto a fare, in mancanza di idonei mezzi finanziari personali.
Pertanto, anche questa censura è fondata.
In conclusione, il ricorso è fondato, e, per l’effetto, va posto l’obbligo, in capo all’Azienda Sanitaria Locale BA/4, in persona del Direttore Generale in carica, di rimborsare al ricorrente le spese di cura anticipate e debitamente documentate, detratto quanto già eventualmente versato a tale titolo, oltre interessi ai sensi di legge.
 Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in motivazione.
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sezione Prima,  definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, previa estromissione della Regione Puglia, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento, facendo obbligo all’Azienda Sanitaria Locale BA/4, in persona del Direttore Generale in carica, di rimborsare al ricorrente le spese di cura anticipate e debitamente documentate, detratto quanto già eventualmente versato a tale titolo, oltre interessi ai sensi di legge.
Condanna l’A.U.S.L. BA/4 al pagamento delle spese e degli onorari del presente giudizio, che liquida, complessivamente e forfettariamente, nella misura complessiva di € 3.000 (euro tremila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 4 aprile 2007, con l’intervento dei Signori:
****************** – Presidente
***************** – Componente, Est.
**************     – Componente                                                                                                                         
 

sentenza

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