Se è vero che alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, è altrettanto vero che, non trattandosi comunque di atti irricevibili, le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse via pec possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione

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(Annullamento con rinvio)

Il fatto

Il Tribunale del riesame di Bologna confermava una ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini con la quale era applicata a carico di taluno la custodia cautelare in carcere per i delitti di maltrattamenti e di lesioni personali in danno della sua compagna nonché per il porto e la detenzione non autorizzati di una pistola clandestina.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la decisione summenzionata proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato con la quale si eccepiva la nullità dell’udienza tenutasi dinanzi a quel Tribunale e degli atti consequenziali, tra cui l’ordinanza impugnata, a causa dell’omessa notificazione del relativo avviso di fissazione ad uno dei suoi due difensori di fiducia.

Ci si lamentava in particolare in ordine all’erroneità e, dunque, alla contrarietà alla legge, dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto che la rinuncia al mandato difensivo da parte del primo difensore di fiducia da lui nominato, in quanto da questi trasmessa al giudice procedente tramite pec, non avesse spiegato alcun effetto: ond’è che la nomina fiduciaria in favore di altri due professionisti, successivamente operata dall’indagato, sarebbe stata rimasta improduttiva di effetti nei confronti del secondo di essi,al quale, pertanto, correttamente non era stato notificato l’avviso di fissazione dell’anzidetta udienza.

Deduceva altresì il ricorrente come il Tribunale avesse fondato tale suo assunto su una giurisprudenza di legittimità non univoca e non pertinente in quanto maturata con riferimento alla nomina del difensore che è atto dell’imputato e per il quale l’art. 96 c.p.p., comma 2, prevede specifiche formalità, funzionali ad assicurare con certezza l’assistenza difensiva fiduciaria; formalità, invece, che non richiede il successivo art. 107 c.p.p. a tenore del quale è sufficiente che la rinuncia al mandato difensivo, che è atto del professionista e non della parte, venga sollecitamente comunicata all’autorità giudiziaria, implicitamente lasciando all’interessato, dunque, la scelta delle relative modalità.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

 

La Suprema Corte osservava prima di tutto come dovesse ribadirsi il principio generale, ripetutamente affermato dalla Cassazione, secondo cui, nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata (Sez. 1, n. 26877 del 20/03/2019; Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018; Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017; Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015) rilevandosi al contempo come sia insuperabile, in tal senso, l’assenza di una norma che conferisca loro tale facoltà, analogamente a quanto l’art. 148 c.p.p., comma 2-bis, prevede specificamente ed esclusivamente per gli uffici giudiziari.
Pur tuttavia, a fronte di tale approdo ermeneutico, veniva però notato che, superando inutili formalismi, ed enunciando un principio già espresso in motivazione in alcuni dei precedenti appena menzionati, la Corte di Cassazione, Sez. 6, nella decisione n. 2951 del 25/09/2019, ha precisato che, non trattandosi comunque di atti irricevibili, le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse via pec possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione.

Orbene, nello specifico, i giudici di piazza Cavour ritenevano come il Tribunale del riesame non avesse fatto buon governo di tali regole giuridiche atteso che emergeva indiscutibilmente dallo stesso provvedimento impugnato che l’atto di rinuncia al mandato professionale da parte del primo difensore di fiducia, da questi trasmesso al giudice procedente a mezzo pec, non solo era pervenuto a tale autorità giudiziaria ma era stato altresì da essa valutato, al punto da aver quest’ultima proceduto ad una nomina d’ufficio a norma dell’art. 97 c.p.p., comma 1.

L’atto difensivo, dunque, benché portato a conoscenza del giudice irritualmente, aveva spiegato i suoi effetti realizzando lo scopo cui era preordinato senza alcun pregiudizio per eventuali esigenze concorrenti dato che la ragione giustificatrice delle limitazioni all’uso dei “mezzi tecnici idonei” nelle comunicazioni tra i soggetti del procedimento è quella di evitare dubbi sulla paternità degli atti che ne sono oggetto al fine di garantire la certezza dei rapporti processuali: nello specifico, perciò, avendo l’atto raggiunto il suo destinatario ed essendo stato da questi valutato, per la Suprema Corte, appariva del tutto irrazionale una vanificazione dei relativi effetti ex post, per di più, nell’assenza di qualsiasi incidenza negativa sulle ragioni di altre parti o sulle esigenze di certezza e speditezza processuali.
L’ordinanza impugnata, pertanto, veniva stimata affetta da nullità di ordine generale, tempestivamente eccepita dal difensore comparso in udienza, e meritava, di conseguenza, di essere annullata con restituzione degli atti al Tribunale del riesame per un nuovo giudizio previa la rituale instaurazione del contraddittorio.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui, da una parte, si afferma che, nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, dall’altra, si postula però che, non trattandosi comunque di atti irricevibili, le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse via pec possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione.

Orbene, fermo restando la condivisibilità di tale approdo ermeneutico in quanto ispirato alla logica e al buon senso, sarebbe però opportuno che il legislatore intervenisse su tale materia prevedendo, per l’appunto ex lege, che alle parti private sia consentito compiere comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della p.e.c..

Invero, l’utilizzo di tali tecnologie eviterebbe molte problematiche, oggi frequenti, inerenti il non corretto invio di questi atti, che, invece, potrebbero essere agevolmente risolte attraverso l’uso di questa tecnologia.

L’auspicio, quindi, è che il legislatore intervenga in tal senso.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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