La rotazione ordinaria come misura di prevenzione del rischio corruttivo

Le pubbliche amministrazioni devono prevedere, in settori particolarmente esposti alla corruzione, la rotazione di dirigenti e funzionari.

L’art. 1, co. 5, lett. b) della l. 190/2012, prevede che le pubbliche amministrazioni devono definire e trasmettere all’ANAC «procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari». Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 1, co. 10, lett. b) della l. 190/2012, il RPCT deve verificare, d’intesa con il dirigente competente, «l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione». In questo articolo analizzeremo i principali ostacoli per l’attuazione di tale misura preventiva e i possibili rimedi. Per approfondire, puoi consultare la nostra Guida normativa per l’Amministrazione Locale

Indice

1. Rotazione ordinaria del personale

 
Come noto la rotazione ordinaria del personale costituisce una delle misure preventive più efficaci per prevenire il verificarsi di fatti corruttivi, in quanto finalizzata a limitare il consolidarsi di relazioni che possono alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, quale conseguenza della permanenza nel tempo di determinati dipendenti, soprattutto apicali, nel medesimo ruolo o funzione.
L’alternanza tra più “preposti” nell’assunzione delle decisioni e nella gestione delle procedure, infatti, riduce il rischio che possano crearsi relazioni particolari tra amministrazioni ed utenti, con il conseguente consolidarsi di situazioni di privilegio. La ratio della misura di prevenzione non è certamente quella di non confermare il personale dirigenziale o di comparto avente le dovute competenze professionali nelle attività che svolgono, ma quella di evitare che un soggetto sfrutti un potere o una conoscenza acquisita per ottenere un vantaggio illecito o, quanto meno, improprio.
Nel corso degli anni l’Autorità anticorruzione ha rilevato in molti casi che le Pubbliche Amministrazioni nei Piani anticorruzione non programmavano la misura della rotazione ordinaria e che anche quando programmata all’interno dei PTPC, solo raramente la misura è stata poi effettivamente attuata, né si è fatto ricorso a misure alternative.
L’Anac ha avuto modo di precisare che l’alternanza riduce il rischio di osmosi o di opacità delle scelte pubbliche dovuta al fatto che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti possa instaurare relazioni privilegiate con alcuni soggetti ovvero mediante la frequentazione con gli stessi utenti: «possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate»[1].
A tal fine, fermo restando la primaria necessità di contemperare l’applicazione di tale Istituto con la garanzia della continuità dell’azione amministrativa e della ricchezza delle competenze professionali specialistiche acquisite, diversamente si potrebbero verificare fenomeni di “maladministration” tali da non garantire l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa, l’Anac ha più volte avuto modo di ribadire che le Pubbliche Amministrazioni devo applicare tale misura preventiva anche se l’effetto indiretto della rotazione potrebbe comporta un lieve e temporaneo rallentamento dell’attività ordinaria dovuto al tempo necessario per acquisire la diversa professionalità. Per approfondire, puoi consultare la nostra Guida normativa per l’Amministrazione Locale

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2. Profili normativi


L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nei PNA succedutisi negli anni individua l’istituto della rotazione ordinaria del personale tra le misure di organizzazione generale di cui le amministrazioni pubbliche dispongono al fine di prevenire condotte illecite dalla connotazione corruttiva.
Introdotta dall’art. 1, c. 5, lett. b) della Legge 06 novembre 2012, n. 190 si estrinseca in una limitazione temporale degli incarichi affidati a taluni dipendenti, ricoprenti ruoli o esercenti funzioni potenzialmente interessati dal meccanismo corruttivo.
Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 1, co. 10, lett. b) della l. 190/2012, il RPCT deve verificare, d’intesa con il dirigente competente, «l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione».
La rotazione del personale, oltre ad assumente il precipuo fine di prevenire il fenomeno corruttivo rappresenta, inoltre, un rilevante criterio di tipo organizzativo delle Pubbliche Amministrazioni che contribuisce:

  • all’implementazione delle conoscenze e delle competenze del pubblico dipendente interessato, il quale, mediante la rotazione, si ritrova ad operare in distinti ambiti professionali;
  • all’elevazione delle capacità professionali complessive delle amministrazioni pubbliche coinvolte.

3. Adempimenti preliminari alla rotazione ordinaria


La misura della rotazione ordinaria risulta tuttavia di complessa attuazione e può comportare, se non realizzata in una visione organica dell’azione amministrativa e delle priorità dell’amministrazione, disfunzioni e rallentamenti, per tale motivo la stessa necessita di adempimenti preliminari.
Nel PNA 2019/2021 (allegato 2), l’ANAC ha ribadito che le condizioni in cui è possibile realizzare la rotazione sono strettamente connesse a vincoli di natura soggettiva attinenti al rapporto di lavoro e a vincoli di natura oggettiva, connessi all’assetto organizzativo dell’Amministrazione, in particolare:

  • Vincoli soggettivi: le amministrazioni sono tenute ad adottare misure di rotazione compatibili con eventuali diritti individuali dei dipendenti interessati soprattutto laddove le misure si riflettono sulla sede di servizio del dipendente;
  • Vincoli oggettivi: la rotazione va correlata all’esigenza di assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa e di garantire la qualità delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di talune attività specifiche, con particolare riguardo a quelle con elevato contenuto tecnico.

Si tratta di esigenze già evidenziate da ANAC nella propria Delibera n. 13 del 4 febbraio 2015, ove si esclude che la rotazione possa implicare il conferimento di incarichi a soggetti privi delle competenze necessarie per assicurare la continuità dell’azione amministrativa.
Tralasciando in questa sede l’esame sui vincoli di natura soggettiva, è utile soffermarsi sui vincoli di natura oggettiva, ovvero sui limiti nell’utilizzo di tale Istituto nel rispetto del principio di buon andamento (art. 97 Cost.) che deve caratterizzare l’azione amministrativa.
Giova ricordare che nel diritto amministrativo è stata elaborata una nozione di “corruzione” più ampia di quella penalistica, che rinvia non solo a condotte penalmente rilevanti, ma anche a “condotte” che sono fonte di responsabilità di altro tipo o non espongono ad alcuna sanzione, ma sono comunque sgradite all’ordinamento giuridico, tra cui va sicuramente menzionato, per quanto qui di interesse, la violazione del principio costituzionale di “buon andamento” dell’amministrazione nel suo complesso.

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4. Misure alternative alla rotazione ordinaria

 
L’Autorità tenuto conto dei suindicati vincoli suggerisce alle amministrazioni impossibilitate ad attuare la rotazione ordinaria, di dotarsi di “misure alternative” tra le quali oltre all’adozione di regolamenti di organizzazione del personale o altri provvedimenti di carattere generale, a titolo meramente esemplificativo, è possibile annoverare la «condivisione delle attività» fra i pubblici funzionari ricorrendo alla cosiddetta “segregazione delle funzioni”.
A tal riguardo, sarebbe opportuno, ove più mansioni vengano a convogliarsi in capo ad un unico dipendente, vagliare l’opportunità di:

  • affidare le fasi procedimentali a distinti soggetti (sebbene l’emanazione del provvedimento finale permanga a carico del personale dirigenziale o suo delegato funzionale);
  • ove le istruttorie siano particolarmente delicate e si innestino in aree ad alto rischio corruttivo, promuovere l’affiancamento all’istruttore di un’ulteriore unità lavorativa, talché più soggetti condividano le valutazioni circa gli elementi rilevanti per la decisione finale.

Giova rilevare che anche in questo caso, tali forme di segregazione dell’attività amministrativa, se da un lato conducono a ridurre i cd. fenomeni corruttivi, è indubbio che si vanificano i processi di cambiamento, uno su tutti la semplificazione dell’azione amministrativa, concetto centrale nelle politiche pubbliche moderne, volto a rendere l’azione amministrativa più rapida, trasparente ed efficiente.

5. Conclusioni


La rotazione del personale, come già più volte ribadito nel corso degli anni dall’Autorità, rappresenta una delle misure che la l. 190/2012 ha introdotto nel nostro ordinamento al fine di contrastare, se non debellare, il dilagante fenomeno corruttivo nelle pubbliche amministrazioni.
Nonostante gli interventi normativi e regolamentari in materia, l’Anac ha riscontrato che nel maggior numero delle odierne amministrazioni pubbliche continuano a registrarsi restrittive interpretazioni circa l’obbligo di previsione, programmazione ed attuazione della misura in argomento nei rispettivi Piani triennali.
L’attuazione della misura della rotazione ordinaria seppur rimessa alla autonoma programmazione delle amministrazioni, in modo che sia adattata alla concreta situazione dell’organizzazione e degli uffici, tuttavia tale rinvio all’autonoma determinazione delle amministrazioni non può giustificare la totale, mancata applicazione della disciplina sulla rotazione ordinaria, ovvero motivatamente di misure ad essa alternative.
Tali restrittive interpretazioni sono, con molta probabilità, legate alle oggettive difficoltà che si riscontrano nella nuova assegnazione degli incarichi e nell’attribuzione delle relative responsabilità, proprio per tale evenienza, le amministrazioni, talvolta timorose nell’utilizzo del meccanismo in argomento pena la violazione del diritto costituzionalmente tutelato relativo al buon andamento, provvedono sempre più a valutare l’opportunità di attivare le cd. misure alternative.
Uno studio elaborato nel novembre 2015, a cura di Sistema Susio srl – con la collaborazione di Samuele Motta (Ricercatorepresso l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli studi di Milano – CROSS) seppur datato, concernente un “benchmarking sull’impatto organizzativo dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione tra i comuni capoluogo di provincia italiani” ha rilevato, per quanto qui di interesse, che “tra gli elementi di maggior carenza nelle misure organizzative adottate vi è la rotazione dei responsabili sulle aree a rischio di corruzione. Questa modalità, tra le più efficaci nel contrasto alla “sedimentazione” delle relazioni non sane e nel mettere in evidenza eventuali prassi non corrette, è adottata (almeno come impegno nei PTPC) solo da poco più del 40% delle amministrazioni. Considerando che l’analisi ha riguardato enti, comuni capoluogo di provincia, sufficientemente strutturati in termini di risorse umane disponibili, la nostra considerazione è che occorre avere maggiore incisività in questo campo, anche mettendo in gioco le necessarie misure organizzative e di formazione/addestramento delle risorse coinvolte”.[2]
Il ricorso da parte delle P.A. alle misure alternative da attuare secondo il criterio di gradualità e ragionevolezza che deve caratterizzare l’attuazione delle stesse, fa sì che la rotazione del personale deve necessariamente essere contemperata con l’ottimizzazione funzionale delle strutture organizzative pubbliche interessate.
Tale contemperamento può essere preliminarmente garantito mediante un’adeguata formazione, che si configura quale strumento finalizzato:

  • ad assicurare la continuità funzionale e organizzativa della struttura coinvolta;
  • ad incrementare e rendere trasversali le competenze del personale interessato, sicché da renderlo fungibilmente impiegabile in diversificate attività.

La formazione, pertanto, può contribuire a rendere il personale più flessibile e adattabile. Si tratta di un processo volto a rendere fungibili le competenze, che possano porre le basi per agevolare, anche nel lungo periodo, il processo di rotazione.
Necessari risultano essere altresì la definizione dei criteri generali utili a contemperare le esigenze dettate dalla legge con quelle dirette a garantire il buon andamento dell’amministrazione, tra le quali va annoverato anche il cd “affiancamento” di medio periodo tra il personale che deve ruotare oltre a garantire la necessaria alternanza della rotazione tra il personale dirigenziale e il personale di comparto incardinato nello stesso Ufficio sottoposto a rotazione al fine di non depauperare la professionalità delle risorse umane.
Criteri tesi a non permettere di realizzare la rotazione ordinaria in modo acritico e generalizzato, ma avviando tale processo da quegli ambiti nei quali è più elevato il rischio di corruzione nei “limiti” stabiliti dai criteri fissati dall’Amministrazione interessata.

Giovanni Scalera

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