Risponde di omicidio colposo l’imprenditore che non adotta le cautele necessarie per evitare la dispersione delle polveri di amianto

Redazione 04/12/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 46428 del 30 novembre 2012 la Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo, il titolare di una ditta, condannato a cinque mesi di reclusione per il reato di cui all’articolo 589 del codice penale (omicidio colposo), per aver indirettamente procurato la morte di alcuni dipendenti e di qualche residente nella zona limitrofa al proprio stabilimento.

Secondo quanto era emerso dalla perizia la dispersione delle poveri di amianto proveniente dalla fabbrica aveva determinato un acceleramento dell’asbetosi che aveva portato al decesso delle vittime.

L’imprenditore è stato quindi individuato come responsabile, avendo peraltro omesso di adottare tutte le cautele e i presidi necessari a contenere la diffusione, in loco e negli ambienti esterni alla fabbrica, delle sostanze nocive: infatti, né era stata fatta un adeguata campagna informativa nei confronti dei dipendenti, né era stato in modo alcuno contenuto il rischio, né era stata posta attenzione alla cura e alla fornitura del materiale, insomma non era stata adottata alcuna precauzione.

Del resto, era anche impossibile da parte dell’imputato negare di conoscere i rischi per la salute derivanti dall’esposizione ad amianto: «la pericolosità dell’amianto ha una stretta correlazione esistente tra l’esposizione a tale sostanza e talune patologie tumorali, nota fin dagli anni sessanta, tanto che persino alcune scritte apposte sui sacchi adoperati dall’azienda avvertivano della presenza di fibre di asbesto ed invitavano a porre attenzione al fine di evitare la formazione di polveri e di respirarne, poiché l’assunzione di esse avrebbe potuto provocare il cancro e altre gravi malattie. Di qui la prova della prevedibilità dell’evento e della evitabilità dello stesso ove fossero state rispettate le norme prevenzionali».

Dunque il titolare della ditta era obbligato ad adottare serie misure di prevenzione, e la sua condotta omissiva ha determinato irrimediabilmente una progressione della malattia, sfociata nel mesotelioma e nel conclusivo arresto cardiaco per grave insufficienza respiratoria.

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