Riscossione degli oneri condominiali: ruolo dell’amministratore di condominio

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I condomini devono contribuire agli oneri per le parti comuni, ma talvolta qualcuno non paga o non è puntuale nei versamenti.
L’obbligo contributivo non si limita, ovviamente, al dovere di rimborsare le spese deliberate e già sostenute, ma implica una necessaria anticipazione di quelle preventivate: l’inadempimento a tale obbligo comporta, pertanto, una necessaria attività di recupero coattivo delle rate condominiali inevase (recupero oneri condominiali).

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Indice

1. La riscossione degli oneri condominiali: un obbligo per l’amministratore


Per l’articolo 1129, comma 9, c.c., salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa degli oneri dovuti dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. La riscossione trova il suo fondamento nel preventivo e nello stato di ripartizione approvato dall’assemblea, tant’è vero che ove i condomini siano inadempienti, è previsto il potere di riscossione dei contributi in capo all’amministratore, il quale, ai sensi dell’art. 63 disp. att. civ. c.c., può richiedere, nei confronti dei condomini morosi, un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo.  
La procedura di riscossione degli oneri rientra tra le normali attribuzioni dell’amministratore. L’inadempimento rispetto a tale obbligo comporta, inevitabilmente, la responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti dei condomini.


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2. La responsabilità contrattuale dell’amministratore di condominio


Si consideri che – alla luce della Legge 4/2013 e dei requisiti richiesti dall’art. 71 bis disp. att. cod. civ. introdotto dalla Legge 220/2012 – l’amministratore di condominio è oggi un professionista.
Come tale, la diligenza con la quale egli deve adempiere le proprie obbligazioni non è più quella del buon padre di famiglia ex art. 1176, co. 1, c.c., ma quella professionale, cioè quella richiesta dalla natura del suo incarico, ex art. 1176 c.c., co. 2.
Ne consegue che, nei sei mesi, secondo il dettato legislativo l’amministratore non si dovrà limitare ad inviare una semplice diffida, ma dovrà rivolgersi al Tribunale (o al Giudice di pace) richiedendo l’emissione del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti del condomino moroso (e naturalmente è legittimato anche a resistere all’opposizione al decreto ingiuntivo o ad impugnare la sentenza conclusiva di tale giudizio). In caso contrario, l’art. 1129, comma 12, c.c. al numero 6) configura la condotta omissiva dell’amministratore quale grave irregolarità per cui il medesimo è passibile di revoca se non porta avanti con la dovuta diligenza l’azione giudiziaria intrapresa e la conseguente esecuzione. Infatti il termine semestrale non è previsto per stabilire un’inesigibilità temporanea dei contributi condominiali, ma soltanto per affermare che l’inerzia dell’amministratore protratta per oltre sei mesi è causa di responsabilità dello stesso.

3. La lettera di diffida


La lettera di diffida e messa in mora è un valido strumento a disposizione dell’amministratore per procedere al recupero del credito, dando al moroso notizia dell’intenzione di procedere con decreto ingiuntivo e mettendolo in condizioni di rivalutare l’adempimento o la richiesta di una eventuale rateizzazione.
L’amministratore, però, può agire dinanzi al giudice direttamente alla scadenza del termine per il pagamento delle quote, senza necessità di alcun preventivo sollecito di pagamento.
Infatti, nessuna norma condiziona l’emanazione di un decreto ingiuntivo e tanto meno la proposizione di una domanda giudiziale alla messa in mora del debitore ex art.1219 c.c., atto che ha unicamente l’effetto di determinare il momento di decorrenza degli interessi.

4. La dispensa dell’assemblea


Come detto l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati, salvo però che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea.
Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, nel caso in cui il credito del condominio sia tanto esiguo da rendere non conveniente ricorrere all’autorità giudiziaria.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui le spese legali che in ogni caso il condominio deve pagare al proprio legale – salvo il regresso del primo nei confronti del debitore- arrivino a superare la somma da incassare o si consideri ancora il caso in cui sia antieconomico procedere nei confronti del condomino moroso in considerazione del suo accertato stato di totale incapienza (anche di beni immobiliari).
Si consideri anche l’eventuale richiesta del debitore rivolta all’assemblea di rinviare temporaneamente la riscossione del credito a fronte di una offerta di adempimento rateizzato.
Se un condomino poi si rivolge all’amministratore per pattuire la dilazione del suo debito, è opportuno che quest’ultimo riporti la questione all’assemblea, la quale potrà decidere se accogliere o meno la richiesta (a maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio) e, quindi, eventualmente, esonerare l’amministratore dall’onere di agire in via giudiziale nei confronti del condomino moroso.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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