Riforma sentenza assolutoria: quando la motivazione rafforzata

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Nel caso di riforma, su appello del pubblico ministero, di una sentenza assolutoria in una decisione di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., occorre la motivazione rafforzata
Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n.1087 del 7-12-2022

Indice

1. La questione

La Corte di Appello di Campobasso, su ricorso del pubblico ministero, riformava una decisione del Tribunale di Isernia che aveva assolto l’imputato dal reato di lesioni personali gravi perché il fatto non sussiste, provvedendo al suo proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen..
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’accusato che, tra i motivi addotti, deduceva vizio di motivazione quanto al dovere di motivazione rafforzata che grava sul Giudice di appello che riformi la pronunzia assolutoria, ritenendosi come, invece, nel caso di specie, la Corte distrettuale, al contrario, si fosse limitata ad offrire una propria parziale e superficiale rilettura dei fatti, senza confrontarsi e senza disattendere puntualmente le argomentazioni del Giudice di prime cure.

2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il motivo summenzionato era reputato fondato.
In particolare, gli Ermellini addivenivano a siffatta conclusione considerando i rapporti tra la pronunzia assolutoria di primo grado ed il proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., e giungendo alla conclusione che si tratti di ribaltamento in malam partem.
Più nel dettaglio, per quel che rileva ai fini della pronuncia qui in commento, i giudici di piazza Cavour osservavano, proprio in ordine ai suddetti rapporti, che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto lascia inalterata la rilevanza penale della condotta e che tale formula liberatoria ha conseguenze, in punto di verifica dell’illiceità della condotta, anche nei giudizi amministrativi o civili di danno, in guisa tale che deve ritenersi che il passaggio da una declaratoria di assoluzione perché il fatto non sussiste in primo grado ad una pronunzia ex art. 131-bis cod. pen. in appello costituisca un overturning che impone l’applicazione delle regole normative e giurisprudenziali che riguardano tali situazioni.
Segnatamente, a livello di regole giurisprudenziale, si riteneva, proprio per ritenere quale standard giustificativo debba essere richiesto al Giudice del ribaltamento rispetto ad una decisione liberatoria in primo grado, come un passaggio esegetico assolutamente centrale sia costituito da quanto enunciato dalle Sezioni Unite, nella sentenza n. 33748 del 2005, nella parte in cui è ivi postulato che «il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato» (Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005; in termini, Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, in motivazione; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013; Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008).
In effetti, come ricostruito (per la Corte di legittimità) in modo del tutto comprensibile nella sentenza n. 15259 del 2020, attraverso il richiamo di plurimi precedenti sempre emessi dalla Cassazione in subiecta materia (ex multis Sez. 4, n. 42868 del 26/9/2019; Sez. 6, n. 51898 del 11/7/2019; Sez. 5, n. 54300 del 14/9/2017; Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014; Sez. 1, n. 12273 del 15/12/2013; Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012), i giudici del ribaltamento in appello della decisione liberatoria di primo grado hanno l’obbligo di una motivazione rafforzata, dovendo dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza del primo giudice, fermo restando che ciò passa attraverso una puntuale ed approfondita verifica critica cui consegua una differente, completa e più persuasiva motivazione che, sovrapponendosi complessivamente alle ragioni della sentenza di primo grado, dia conto degli esiti difformi ai quali si giunge e della maggiore o diversa valenza conferita a ciascun elemento di prova che faccia parte della piattaforma istruttoria. La sentenza di ribaltamento, di conseguenza, deve essere dotata di maggior forza persuasiva tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato in caso di overturning di condanna e non limitarsi ad una ricostruzione alternativa rispetto a quella del primo Giudice.
Orbene, declinando tali criteri ermeneutici rispetto alla fattispecie in esame, ad avviso della Suprema Corte, la Corte di Appello di Campobasso, a fronte alla (ritenuta) diffusa motivazione del Tribunale di Isernia, si era limitata: 1) a valutare la compatibilità della versione della persona offesa circa la genesi delle lesioni con la documentazione medica, sostenendo che, in caso di caduta accidentale, «non verosimilmente»,vi sarebbero state lesioni fratturative al volto ed all’articolazione superiore laterale; 2) ad affermare che la dichiarazione della persona offesa trovava conferma nel racconto immediatamente fatto ad una delle persone sentite nel corso del processo; 3) a ritenere le accuse della vittima non smentite dalle dichiarazioni rese da uno dei testimoni.
Il Supremo Consesso, pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, formulava il principio di diritto secondo il quale, nel caso di riforma — su appello del pubblico ministero — della sentenza assolutoria di primo grado perché il fatto non sussiste in una decisione di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., si impone l’obbligo di una motivazione rafforzata, nonché quello di rinnovare l’assunzione della prova dichiarativa ritenuta decisiva sia nell’ottica della pronunzia liberatoria del Giudice di prime cure che in quella della pronunzia di proscioglimento per particolare tenuità del Giudice di appello e, dall’applicazione di esso, i giudici di piazza Cavour provvedevano ad annullare la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello affinché provvedesse alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante nuova assunzione delle prove reputate decisive nei termini sopra individuati ed affinché, nel caso si fosse determinato per un nuovo esito di ribaltamento della decisione di prime cure, fornisse a tal proposito una motivazione rafforzata

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, nel caso di riforma, su appello del pubblico ministero, di una sentenza assolutoria in una decisione di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., occorre la motivazione rafforzata.
In tale pronuncia, infatti, come appena evidenziato, è affermato il principio di diritto secondo il quale, nel caso di riforma, su appello del pubblico ministero, della sentenza assolutoria di primo grado perché il fatto non sussiste in una decisione di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen., si impone l’obbligo di una motivazione rafforzata, oltre ad essere richiesta anche la rinnovazione dell’assunzione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sia nell’ottica della pronunzia liberatoria del Giudice di prime cure, che in quella della pronunzia di proscioglimento per particolare tenuità del Giudice di appello.
Ove invece il Giudice di secondo grado non provveda in tal senso, ben si potrà quindi ricorrere per Cassazione, richiamandosi il criterio ermeneutico appena citato.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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