Revocatoria fallimentare: l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo (Cass. Civ., Sez. I, 12 settembre 2014, n. 19314)

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In una recente  pronuncia (Cass. Civ., Sez. I, 12 settembre 2014, n. 19314)  la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in riferimento al momento in cui debbano essere individuati i presupposti dell’azione revocatoria fallimentare nell’ipotesi di  atto di compravendita immobiliare stipulato in adempimento di contratto preliminare: se debba quindi prendersi in considerazione il momento della stipula del preliminare o, piuttosto, quella del definitivo.

Giova ricordare che la revocatoria fallimentare è prevista e disciplinata dal legislatore all’art. 67 l. fall. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267). E’ un’azione esperibile dal curatore fallimentare (unico soggetto legittimato a proporla) volta a rendere inefficaci alcuni atti compiuti dal fallito e idonei ad alterare la cd. par condicio creditorum.  La finalità precipua di tale azione, quindi, è quella di salvaguardare le posizioni creditorie che potrebbero essere pregiudicate da atti comportanti la riduzione dell’attivo fallimentare. Si desume da ciò che l’azionabilità della  revocatoria prescinde dal danno patrimoniale importando invece che l’atto sia concluso in un periodo sospetto di volta in volta individuato dall’art. 67 l.fall.. Presupposto soggettivo dell’azione è la cd. scientia decoctionis, id est la conoscenza da parte del terzo dello stato di insolvenza del creditore. Mentre non assume rilevanza la consapevolezza del pregiudizio dell’atto. Per quanto qui di interesse, poi, in particolare, il co.1 n.1) dell’art. 67 l.fall. dispone che sono , fermo restando il presupposto soggettivo sopra richiamato, revocati gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso.

Nel caso di specie, una società edilizia posta in liquidazione procedeva alla vendita degli immobili da essa realizzati e ciò in esecuzione di contratti preliminari. Dichiarata fallita la società, il curatore fallimentare proponeva revocatoria ex art. 67 co1 l.fall dell’atto di alienazione immobiliare contro gli acquirenti . L’azione veniva accolta con sentenza nei due primi gradi di giudizio. Seguiva ricorso per Cassazione nel quale i ricorrenti – terzi acquirenti- denunciata la violazione e falsa applicazione della norma suddetta sia in ordine alla determinazione del valore del bene  ai fini dell’accertamento della sproporzione sia in ordine all’elemento soggettivo. In particolare, parte ricorrente affermava di aver fornito prova della cd. inscienza decoctionis (la non conoscenza dello stato di insolvenza del debitrore-fallito) al tempo in cui era stato stipulato il preliminare e affermava altresì che fosse questo il momento in cui andava valutata la sproporzione tra le prestazioni.

La corte di Cassazione respinge le censure suddette, pronunciando il seguente  principio di diritto: “ nell’ipotesi di revocatoria ai sensi dell’art. 67, primo comma, n.1, legge fall., di atto di compravendita preceduto dalla stipula di un contratto preliminare, la sproporzione tra le prestazioni deve essere valutata con riferimento al momento della conclusione del contratto definitivo essendo questo che determina l’effettivo passaggio dell proprietà, e a tal momento occorre riferirsi per la determinazione del valore venale del bene”.

Dunque, i giudici di legittimità confermando i propri precedenti (Cass. Civ., Sez. VI, Ord., 21 ottobre 2011, n. 21927; Cass. Civ., Sez. I, Sent., 5 marzo 2007, n. 5058 ), affermano che la consapevolezza dell’insolvenza del debitore deve essere collegata al momento in cui il bene esce dal patrimonio di quest’ultimo e quindi al momento della stipula dell’atto finale (contratto definitivo), in quanto  è in questo momento che si pregiudica l’attivo e quindi la garanzia dei creditori. Non assume invece rilevanza lo stato soggettivo nel momento in cui è assunta l’obbligazione. Inoltre-  ricorda altresì la Corte- il promissario acquirente può invocare la tutela di cui all’art. 1461 c.c. e non addivenire alla stipulazione del definitivo  qualora nel momento fissato per la stipulazione di quest’ultimo sussista pericolo di revoca dell’acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore.

Esposito Anna Pia

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