Reversibilità: nella ripartizione del relativo trattamento tra coniuge divorziato e coniuge superstite operativi anche criteri ulteriori rispetto a quello legale della durata dei rispettivi matrimoni

Redazione 16/10/12
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Anna Costagliola

Nella ripartizione del trattamento economico di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite del de cuius, oltre alla durata dei rispettivi matrimoni, è legittima altresì la valutazione di ulteriori parametri, quali la convivenza more uxorio anteriore alle seconde nozze e le differenti condizioni economiche delle superstiti interessate. E’ quanto affermato nella sentenza della Cassazione del 15 ottobre, n. 17636, in applicazione delle indicazioni fornite in merito dalla Corte Costituzionale con la sent. 419/1999.

Invero, con riguardo al parametro di riparto del trattamento pensionistico in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite si sono formati nel tempo due orientamenti interpretativi contrapposti. Un primo orientamento, più rigoroso, ha attribuito una valenza pregnante al dato letterale dell’art. 9 della L. 898/1970, per cui il giudice, nel liquidare le quote di spettanza di ciascuno, deve attenersi al solo criterio matematico della durata legale dei rispettivi matrimoni, l’unico in grado di garantire maggiore certezza nel confronto tra le posizioni dei coniugi superstite e divorziato.

Sul punto è poi intervenuta la Corte costituzionale (sent. 419/1999), la quale ha statuito il principio per cui, nella ripartizione della pensione di reversibilità, può ricorrersi anche ad ulteriori elementi, correlati alla finalità previdenziale che sorregge il diritto in questione, da utilizzarsi eventualmente quali correttivi del semplice criterio temporale della durata del matrimonio quando la sua applicazione conduca ad esiti iniqui.

Dunque, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, il criterio temporale, per quanto necessario e preponderante, non è però esclusivo, comprendendo la possibilità di applicare correttivi di carattere equitativo con discrezionalità. Tra tali correttivi è compresa la durata dell’eventuale convivenza prematrimoniale del coniuge superstite, senza tuttavia confondere questa con la durata del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale.

Nella fattispecie concreta la Cassazione ha ritenuto, pertanto, che legittimamente il giudice dell’appello ha fatto applicazione di criteri correttivi rispetto a quello legale. Da un lato, infatti, la Corte di merito ha valorizzato maggiormente, rispetto alla opzione prescelta dal giudice di primo grado, la durata del primo matrimonio, avuto anche riguardo alla circostanza che, nonostante la separazione, per un lungo periodo di tempo il de cuius si astenne dal recidere definitivamente con il divorzio detto vincolo. D’altro canto, lo stesso giudice dell’appello ha tenuto nel debito conto la durata della convivenza more uxorio antecedente alle seconde nozze.

Come ancora evidenziato dagli Ermellini, il giudice di seconde cure ha pure, e ragionevolmente, attribuito rilievo alla differenza tra le condizioni economiche delle aventi causa, determinando, in applicazione di tutti gli indicati criteri, le quote di pensione di reversibilità della ex coniuge e di quella superstite nella misura del 50% ciascuna.

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