Retribuzione imponibile ai fini previdenziali e polizza assicurativa (Cass. n. 18527/2013)

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Massima

Nella base imponibile – su cui calcolare l’entità del contributo di solidarietà – da versare a titolo di finanziamento dei fondi di previdenza integrativi (per le prestazioni previdenziali o assistenziali) devono includersi anche le quote di accantonamenti riferibili al personale già in quiescenza.

Ciò essendo unica la causa del versamento e non essendo possibile distinguere se il beneficiario della prestazione sia un lavoratore ancora in servizio oppure pensionato. 

  

1.     Premessa

Nella decisione in commento del 2 agosto 2013 n. 18527, i giudici di legittimità hanno precisato che nella base imponibile, su cui calcolare l’entità del contributo di solidarietà a carico del datore di lavoro, da versare (1) a titolo di finanziamento dei fondi di previdenza integrativi (2), devono essere incluse anche le quote di accantonamenti riferibili al personale già in quiescenza, essendo unica la causa del versamento, il che non consente di distinguere se il beneficiario della prestazione sia un lavoratore ancora in servizio o pensionato. 

 

            1.1. La fattispecie

In primo grado il Tribunale rigettava i ricorsi (riuniti in corso di causa) con cui l’Unione degli industriali aveva affermato di non essere tenuta al pagamento del contributo previdenziale di solidarietà sui premi pagati al fine di assicurare i rischi professionali ed extraprofessionali dei propri dipendenti, come richiesto dall’INPS, ai sensi dell’articolo 1, c. 194, della l. 23.12.96 n. 662 e dell’art. 9 bis, d. 1, del d.l. 29.03.91 n. 103, convertito  dalla 1. 1.06.91 n. 166, e quantificato in £ 38.987.000, dapprima con verbale di accertamento e successivamente con cartella esattoriale notificata dalla locale società di riscossione.

Proposto appello dall’UPI, la Corte d’appello di Bologna con sentenza in data 10.12.07 accoglieva l’impugnazione dichiarando la nullità della cartella esattoriale e l’inesistenza del credito contributivo vantato dall’INPS.

Di seguito i motivi di impugnazione dell’INPS.

Carenza di motivazione, in quanto il giudice di appello avrebbe affermato che i premi erano connessi a polizze assicurative che soddisfacevano un interesse proprio del datore di lavoro e non costituivano una erogazione a favore dei dipendenti in maniera apodittica, senza alcun supporto motivazionale, omettendo di esaminare i contratti di assicurazione. In ogni caso, con questa affermazione sì porrebbe in contraddizione l’affermazione del giudice che le polizze assicurative avevano anche “l’obiettivo dichiarato di integrare le prestazioni derivanti dal sistema previdenziale ed assistenziale”.

Violazione dell’art. 12 della 1. 30.04.69 n. 153, dell’art. 9 bis del d.l. 29.03.91 n. 103 (conv. dalla 1.1.06.91 n. 166), dell’art. 1, c. 193 e 194, della 1. 23.12.96 n. 662, in relazione all’art. 3, c. 9 e 10, della 1. 8.08.95 n. 335, in quanto il giudice dì appello ha erroneamente affermato che l’esclusione dei premi assicurativi dalla contribuzione deriverebbe direttamente dall’art. 12 della 1. n. 153 del 1969, atteso che quest’ultima disposizione non prevede la fattispecie in esame tra le ipotesi di esclusione del versamento dei contributi assicurativi.

L’art. 9 bis del d.l. 29.03.91 n. 103 (conv. dalla l. 1.06.91 n. 166) escludeva dalla retribuzione imponibile di cui all’art. 12 che precede “le contribuzioni e le somme versate o accantonate … a finanziamento dì casse, fondi, gestioni o forme assicurative previsti da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari, nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione.

 

2. Conclusioni

I giudici della Corte di Cassazione accolgono il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello, in differente composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Nella decisione in commento si legge testualmente che La retribuzione imponibile ai fini previdenziali, prevista dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969, c. 1, comprende tutto ciò che in danaro od in natura venga dal datore di lavoro corrisposto in favore del lavoratore in costanza del rapporto di lavoro, con esclusione delle somme erogate per uno dei titoli elencati nel capoverso successivo, a nulla rilevando che l’attribuzione patrimoniale venga effettuata non nelle mani del lavoratore medesimo, ma a terzi estranei al rapporto di lavoro, oppure consista in somme accantonate su fondi previdenziali od assistenziali.

Detta attribuzione patrimoniale deve essere causalmente ricollegata (anche latu sensi) al rapporto dì lavoro e deve assicurare al lavoratore un bene o un vantaggio economicamente valutabile (3).

Continuano i giudici della Cassazione nella decisione in commento, ricordando ancora la citata giurisprudenza, affermando che “rientrano nella retribuzione imponibile le somme (continuativamente ed obbligatoriamente) erogate dal datore di lavoro ad una compagnia di assicurazione per il pagamento del premio di una polizza assicurativa dei suoi dipendenti (“terzi” beneficiari del contratto assicurativo) contro i rischi da infortuni extraprofessionali (ossia verificatisi fuori dall’attività lavorativa); mentre non rientrano nella retribuzione imponibile i premi pagati dal datore di lavoro per l’assicurazione dei rischi da infortuni professionali (4), perché in tal caso il pagamento del premio non costituisce un’integrazione della retribuzione, ma è diretto a soddisfare un’obiettiva esigenza del datore di lavoro di cautelarsi dagli eventuali effetti della propria responsabilità ex art. 2087 cod. civ., o per il fatto dei propri dipendenti”.

Concludono i giudici di legittimità precisando che in ragione dell’insufficiente esame compiuto dal giudice di merito, sono dunque fondati il primo motivo e quella parte del secondo che sostiene la non automatica esclusione dei premi assicurativi dal concetto di retribuzione imponibile, mentre deve ritenersi assorbito il secondo profilo di censura del secondo motivo, attinente la prescrizione del credito.

Il ricorso va dunque accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice di merito che procederà a nuovo esame secondo Ì principi indicati al capo che precede, all’esito pronunziando anche sull’eccezione di prescrizione e sulle spese del presente giudizio di legittimità

 

Manuela Rinaldi  
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti.

 

_________

(1) Ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 9 bis D.L. del 29 marzo 1991, n. 103, come introdotto dalla legge di conversione, con modifiche, dalla legge del 1 giugno 1991, n. 166.

(2) Costituiti al fine di erogare prestazioni previdenziali o assistenziali in favore del lavoratore e dei suoi familiari.

(3) Cass., 22 novembre 2011, n. 24602 e 5 giugno 2007, n. 13097.

(4) Ossia verificatisi a causa od in occasione dell’attività lavorativa. 

Sentenza collegata

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