Relazione di apertura del convegno “Il modello italiano della portualità turistica: prospettive di sviluppo”, organizzato da Assonat-Federnautica il 12 e 13 settembre a Palermo

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La presenza di tante Autorità istituzionali – statali, regionali e locali – e quella dei presidenti delle due associazioni – l’ASSONAT e l’UCINA – che costituiscono i pilastri della presenza privata nel settore della portualità e della nautica turistiche, rappresentano la migliore dimostrazione della felice intuizione dei promotori del Convegno – e faccio riferimento per tutti all’avv. Cristina Lenoci e agli importanti gruppi imprenditoriali che la hanno supportata – che, con infaticabile entusiasmo, sono riusciti ad organizzare questa manifestazione cui arriderà sicuramente un grande successo.
 
Agli inizi degli anni 80 del secolo scorso, io sono stato Capo di Gabinetto del Ministero della marina mercantile, lavorando accanto ad un Ministro, Francesco Compagna, che era professore di geografia politica.
Fin da allora, proprio per l’insegnamento di Compagna (che, fra l’altro, era un grande sostenitore del cabotaggio: peccato che le sue idee non abbiano finora trovato attuazione!), mi sono convinto – e la nuova centralità del Mediterraneo lo conferma – dell’importanza che la posizione geografica del nostro Paese, sia nella parte peninsulare che in quella insulare (le grandi isole, prima fra tutte la maggiore, quella bellissima in cui ci troviamo, e quelle minori), costituisca il migliore dei presupposti perché possano – direi debbano – svilupparsi, in reciproca, virtuosa sinergia, la portualità turistica, da un lato, e dall’altro le attività connesse, prima fra tutte quella cantieristica e poi tutte quelle indotte.
 
Il settore della portualità turistica presenta, per sua natura, interferenze tra ambiti diversi: essa dà luogo ad interrelazioni con il sistema infrastrutturale, con quello dei trasporti e con quello dei servizi; vi sono poi interconnessioni rilevanti con il governo del territorio, con la salvaguardia del paesaggio e con la tutela dell’ambiente, che danno luogo, particolarmente dopo la riforma del Titolo V della Costituzione (ed alla insoddisfacente indicazione delle “materie” contenute nell’art. 117), a molteplici problemi sul piano istituzionale, soprattutto per quanto riguarda la ripartizione delle competenze, normative e amministrative, tra Stato, Regioni e autonomie locali. Problemi che vanno risolti – come non ha mancato di avvertire la Corte costituzionale nelle frequenti occasioni in cui se ne è occupata – con i criteri del coordinamento (nel settore in questione soprattutto tra la pianificazione territoriale e quella portuale) e della leale collaborazione.
 
Ma il settore è altresì funzionale, in maniera rilevante, allo sviluppo economico.
A tal fine la nautica da diporto – nelle sue componenti principali della portualità e dell’industria delle costruzioni – può svolgere un compito essenziale.
Recentemente ho letto che il valore della produzione delle imbarcazioni da diporto nel 2007 ha superato i 3,3 miliardi di euro, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente.
Nel terzo Rapporto sull’economia del mare si rappresenta che “la nautica da diporto, includendovi l’indotto turistico, è il comparto con la più alta capacità di attivazione a valle fra tutti i settori dell’industria marittima e conseguentemente con la maggiore capacità di generare ricchezza”.
Non possono mancare comunque iniziative da parte del potere pubblico: sul piano legislativo, innanzitutto con disposizioni di carattere ordinamentale, che dettino una disciplina certa dei rapporti tra i vari soggetti istituzionalmente competenti, e poi in materia di programmazione, di assetto del territorio, di protezione ambientale, di imposizione fiscale; e, inoltre, mediante la previsione di incentivi che favoriscano l’ulteriore sviluppo del settore, che il mutato quadro di riferimento socio-economico porta a considerare non più come un settore di nicchia.
Occorrono interventi anche sul piano amministrativo, con iniziative di promozione, quali il recupero delle infrastrutture esistenti (come quelle già adibite a porti commerciali o militari), la connessione con la rete di trasporto nazionale, l’inserimento dei porti turistici nel tessuto urbano ed altro, sì da consentire la realizzazione delle potenzialità che il settore presenta e che, soprattutto nel Mezzogiorno, costituiscono una risorsa vitale per il turismo.
 
E’ poi fondamentale il ruolo dei privati, attesa l’estrema necessità, anche in questo settore, dell’apporto di capitali privati a fronte della crisi strutturale della finanza pubblica, per cui va favorita al massimo l’applicazione dei vari strumenti inquadrabili nell’ambito del partenariato pubblico-privato, a partire dal project financing.
 
Ma l’interesse di questo Convegno – al quale ne seguirà un altro, sempre sulla portualità, promosso dall’UCINA, che si svolgerà all’inizio del prossimo mese, a Genova, in occasione del Salone – risiede anche nella interdisciplinarietà dei temi trattati.
Se, infatti, si svolge il fil rouge degli argomenti dei due giorni di lavori, sapientemente posti sul tappeto dall’avv. Lenoci e tutti trattati da relatori autorevoli e specialisti dei singoli temi, è facile rilevare che vi è una stretta connessione fra di loro: dall’auspicio di un intervento normativo sulla semplificazione delle procedure (relazione del cons. Modica de Mohac) agli aspetti di diritto amministrativo marittimo attinenti al demanio ed al procedimento e al provvedimento concessorio (le relazioni affidate al cons. Mastrandrea, al prof. Corso e al cons. Merone), ai profili urbanistici e territoriali che saranno trattati domani dall’avv. Sanino e dalla prof.ssa Sandulli, nelle cui relazioni si rinvengono spunti interessanti intesi ad aprire l’accordo di programma alla partecipazione dei privati, nel quadro del fenomeno, di sempre più frequente applicazione, dell’esercizio della funzione amministrativa mediante moduli consensuali, sia nella fase della programmazione (la c.d. programmazione negoziata) che in quella attuativa; a queste relazioni si connette lo stimolante intervento odierno dell’avv. Lenoci sul “porto turistico quale strumento strategico di rigenerazione urbana”, nel quale si riscontra un certo, purtroppo giustificato, pessimismo per la situazione attuale nel nostro Paese, soprattutto se raffrontata a quella di Stati vicini, quali la Spagna e la Francia, ma si rinvengono anche utilissimi spunti propositivi.
Per continuare con le relazioni di domani: quella dell’avv. D’Amelio, sul punctum dolens dei canoni demaniali, soprattutto dopo la legge finanziaria del 2007 e quella del prof. Longo sugli aspetti economico-finanziari e imprenditoriali; senza che manchino, peraltro, agganci concreti alla realtà locale (mi riferisco all’ultimo intervento della sessione odierna del prof. Bevilacqua, Presidente dell’Autorità portuale di Palermo, sulla situazione e le prospettive della portualità turistica nella bella città che ci ospita), nonché riferimenti a realtà più generali, quella amministrativa, e qui ci sarà il “grido di dolore” del dott. Blandina sul “peso” delle procedure burocratiche (ma, a mio avviso, una buona e forte pubblica amministrazione costituisce una garanzia per i cittadini e un fattore di sviluppo per l’economia: a condizione che sia buona e forte!) e infine quella giudiziaria, di cui si occuperà il cons. Sandulli, ed al riguardo io vorrei soltanto osservare che l’intervento del giudice amministrativo da un lato non può essere escluso (contrariamente a quanto talvolta ancora si sostiene), giacchè esso, anche sul piano cautelare, è garantito a tutti dalla Costituzione e dalla normativa comunitaria e, dall’altro, non costituisce certo un fattore di rallentamento, perché i ritardi, che purtroppo si verificano e talvolta sono gravissimi, sono dovuti ad altre cause, mentre la giustizia amministrativa ha il merito, incontestabile, di costituire la forma più sollecita di tutela giurisdizionale.

De Lise Pasquale

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