Oltre ogni ragionevole dubbio: la regola in Cassazione

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Come deve essere dedotta in Cassazione la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 533, co. 1)
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Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 44148 del 10-10-2023

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Indice

1. La questione: oltre ogni ragionevole dubbio


Una persona era stata tratta a giudizio dal Pubblico Ministero del Tribunale di Milano con decreto di citazione diretta per rispondere dei reati di truffa e di esercizio abusivo della professione.
Ciò posto, il Tribunale di Milano, all’esito del giudizio dibattimentale, aveva condannato l’imputata per i delitti alla stessa ascritti, ritenuti avvinti dalla continuazione, alla pena di sette mesi di reclusione ed euro 11.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali mentre la Corte di Appello della medesima città aveva confermato la sentenza impugnata dall’imputata appellante, che aveva altresì condannato al pagamento delle spese del grado.
Orbene, a fronte di ciò, la difesa dell’accusata proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dai giudici di seconde cure, deducendo, con un unico motivo, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per erronea applicazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio di cui agli artt. 530, 533 e 192, cod. proc. pen., nonché per vizio di motivazione.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Per quello che rileva in questa sede, la Suprema Corte riteneva la doglianza, afferente l’erronea applicazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio di cui agli artt. 530, 533 e 192, cod. proc. pen., non meritevole di accoglimento sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., non può essere dedotta con ricorso per Cassazione né quale violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, ma può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, ossia esclusivamente ove la sua violazione si traduca nell’illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (cfr. Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021; Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017; conf. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, con riferimento alla violazione dei criteri fissati dall’art. 192 cod. proc. perì. in relazione agli artt. 125 e 546 comma 1, lett. e) cod. proc. pen.).
Ebbene, alla luce di tale approdo ermeneutico, il Supremo Consesso riteneva come, nel caso di specie, la ricorrente, deducendo la violazione del canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio, non avesse censurato un vizio della motivazione, in quanto il ragionevole dubbio sarebbe stato immanente nella ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza impugnata, ma si doleva di un’errata valutazione delle prove testimoniali assunte nel corso del giudizio dibattimentale.
La censura si risolveva, dunque, per la Corte di legittimità, in un’inammissibile sollecitazione alla rinnovata valutazione delle risultanze istruttorie del giudizio, delle quali la ricorrente proponeva una lettura alternativa.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come deve essere dedotta in Cassazione la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un consolidato indirizzo interpretativo, che la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., non può essere dedotta con ricorso per Cassazione né quale violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, ma può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, ossia esclusivamente ove la sua violazione si traduca nell’illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..
È dunque consigliabile, quando ci si dolga in Cassazione di una violazione di questo genere, formulare un motivo secondo quanto richiesto dalla norma procedurale appena citata, e non ai sensi dell’art. 606, co. 1, lett. b), cod. proc. pen., né a norma dell’art. 606, co. 1, lett. c), cod. proc. pen..
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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