Redditometro 2017: escluso l’accertamento contro il titolare di case e veicoli

Redazione 07/04/17
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Importanti novità sul fronte fiscale, direttamente da una Commissione Tributaria Regionale. Secondo la CTR Toscana, con sentenza n. 499/2017, è illegittimo avviare un’indagine di accertamento sintetico, o c.d. da redditometro, verso un contribuente sul presupposto unico della sua titolarità di un’abitazione principale e di un’autovettura di modesto valore. In particolare, d’ora in avanti, suddetti beni non dovrebbero più considerarsi come indici effettivamente considerabili ai fini del calcolo del reddito. Ma procediamo con ordine.

 

Accertamento da redditometro: il caso

Nel caso di specie, aveva ricorso ala Commissione tributaria regionale l’Agenzia delle Entrate, in disaccordo con la sentenza tributaria provinciale. In particolare, erano stati notificati due avvisi di accertamento da redditometro per il biennio 2007/2008, avviati sul presupposto della titolarità, da parte del contribuente, del 25% di un immobile ereditato dal padre, e del 50% di un altro ereditato dalla madre; inoltre, sulla base della proprietà di un vetusto veicolo immatricolato nel 2003 e di una moto.

La CTR Toscana ha confermato la decisione di primo grado, in quanto il possesso di un immobile ad uso abitativo, nonché di veicoli di valore ordinario, non possono costituire indici di reddito giustificanti l’avvio di accertamenti fiscali nei confronti di un contribuenti. Altrimenti, sulla base di ciò, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe notificare avvisi di accertamento alla generalità dei contribuenti: sta di fatto, a ben vedere, che oggigiorno chiunque risulti in possesso di questa tipologia di beni, non considerati più come “voluttuari”, e soprattutto non più affidabili come indicatori di reddito. Nella circolare ministeriale  del 14/08/1981 n. 27/7/2648, poi, era già stato riconosciuto che “il possesso di autoveicoli è talmente generalizzato da non consentire una presunzione di maggior reddito”.

 

Casa e veicoli: quando sono indici di capacità contributiva?

Certamente, diversa è la situazione in cui un soggetto risulti proprietario di un immobile abitativo di lusso, o di un immobile adibito ad uso commerciale o produttivo, nonché di veicoli di grossa cilindrata. In quel caso, ai fini di lotta all’evasione fiscale, l’Agenzia delle Entrate potrà avviare operazioni di accertamento nei suoi confronti, essendo questi dati sintomo di capacità contributiva.

Si lascia il testo della motivazione della sentenza della Commissione tributaria regionale Toscana, sicuramente da considerarsi futura pilota nelle decisioni dell’Agenzia delle Entrate, prima ancora che delle altre Commissioni tributarie.

 

La motivazione della CTR Toscana

 “Corretta appare la motivazione della decisione impugnata nonché immune da vizi logici e giuridici e quindi da confermare integralmente laddove ha affermato che il maggior reddito imputato al (omissis) è stato ricalcolato dall’Amministrazione Finanziaria (tenuto conto dell’autotutela esercitata a fronte della dimostrazione della provenienza del maggior reddito in ordine all’immobile di via X che aveva innescato l’accertamento) erroneamente dovendosi togliere dalla base di calcolo l’abitazione principale che non costituisce un bene voluttuario considerato peraltro che al medesimo questo era pervenuto per una quota ridotta (25%) in morte del padre e riferendosi esclusivamente agli ulteriori beni indice rimasti ossia una macchina ed una moto. Sul punto facendo riferimento alla C.M. 14 agosto 1981 n. 27/7/2648 a mente della quale il possesso di autoveicoli è talmente generalizzato da non consentire una presunzione di maggior reddito e riferendosi a parametri oggettivi ossia a dati ACI relativi ai predetti mezzi (dei quali unotalmente vetusto da non comparire nemmeno più nelle relative tabelle ma comparato ad altro mezzo di stessa potenza) la CTP ha rideterminato il costo di mantenimento degli stessi, pervenendo alla conclusione corretta nelle premesse che il maggior reddito sinteticamente accertato dall’Amministrazione Finanziaria per oltre 21.000 euro era errato e non rispondente ai dati oggettivamente verificabili (e dalla CTP Fi verificati per poco più di 5.000,00 euro), tanto da imporre e giustificare la conclusione dell’illegittimità dell’accertamento operato dall’odierna appellante. Di fatto in sostanza la CTP ha reputato che una volta giustificata la fonte di innesco dell’accertamento sintetico l’Amministrazione Finanziaria ha reputato erroneamente sussistente il maggior reddito in capo al (omissis) sulla base di due soli beni indice di modestissimo valore in base – si ripete – ad accertamenti oggettivi e pienamente utilizzabili al fine di vincere la presunzione semplice dei moltiplicatori contenuti nel DM 10.9.92 e 19.11.92, senza stravolgere la loro valenza, ma semplicemente confutandoli con altri datti offerti alla sua valutazione.”

Redazione

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