Recesso ad nutum del socio di Srl: come può avvenire

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Il recesso del socio di società a responsabilità limitata può avvenire ad nutum solo se la società è contratta a tempo indeterminato e non anche quando per la medesima sia fissata una durata determinata, sia pure posta molto in là nel tempo.
È questo quanto ha avuto modo di ribadire la Suprema Corte con ordinanza n. 26060 del 5 settembre 2022.   
Corte di Cassazione-Sez. I Civ. – Ordinanza n. 26060 del 05-09-2022

Indice

1. Recesso del socio di società a responsabilità limitata

L’art. 2473 c.c. stabilisce che “l’atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità”. Tuttavia, in aggiunta al principio autonomistico poc’anzi richiamato, il citato articolo fissa anche le cause legali inderogabili in virtù delle quali il diritto di recesso compete al socio “in ogni caso”.
Nello specifico, il diritto di recesso compete ai soci di società a responsabilità limitata “che non hanno consentito”:
– al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società;
–  alla sua fusione o scissione;
–  alla revoca dello stato di liquidazione;
–  al trasferimento della sede all’estero;
–  all’eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo;
–  al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’art. 2468, quarto comma, c.c..
 Inoltre, stabilisce ancora l’art. 2473 c.c. che “nel caso di società contratta a tempo indeterminato il diritto di recesso compete al socio in ogni momento e può essere esercitato con preavviso di almeno centottanta giorni”.
È quest’ultimo il cosiddetto diritto di recesso ad nutum, la cui ratio risiede nella volontà del legislatore di evitare l’assoggettamento a tempo indeterminato del socio al contratto di società.

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2. Presunta equiparabilità della Srl contratta per una durata molto lunga alla Srl a tempo indeterminato (Cass. Civ., sentenza n. 9662 del 22 aprile 2013)

Ma cosa accade, con riferimento al diritto di recesso ad nutum, quando la durata per la quale la società è stata contratta è talmente ampia da poter in qualche modo essere considerata alla stessa stregua di una durata indeterminata?
Un risalente orientamento della S.C. (Cass. ci., sentenza n. 9662 del 22 aprile 2013) operava una sostanziale equiparazione della società contratta a tempo indeterminato a quella contratta per una durata molto lunga, ritenendo, pertanto, legittimo anche in questo secondo caso il recesso ad nutum del socio.
A sostegno di tale tesi, la Cassazione, con il citato arresto, ha preliminarmente sostenuto che la fissazione di una durata per la società equivale alla formulazione di una valutazione prognostica circa il periodo temporale occorrente per la realizzazione del “progetto di attività” che si intende perseguire. Cosicché, quando lo spazio temporale programmato e/o necessario per la realizzazione degli scopi societari è spostato in avanti fino ad una data oltremodo lontana nel tempo, si perde ogni pratica “possibilità di ricostruire l’effettiva volontà delle parti circa l’opzione fra una durata a tempo determinato o indeterminato della società”.
Con la conseguenza che la scelta di un termine di durata significativamente ampio si risolverebbe “in un sostanziale intento elusivo degli effetti che si produrrebbero con la dichiarazione di una durata a tempo indeterminato”.
In secondo luogo, a sostegno della propria tesi, la S.C. ha affermato che il legislatore della riforma del diritto societario ha inteso rafforzare il diritto di recesso riconosciuto ai soci di società a responsabilità limitata, in quanto se “ha, da un lato, voluto semplificare la gestione e l’esercizio dell’impresa affidata alla s.r.l., (…) per altro verso ha voluto tutelare i soci di minoranza favorendo l’accessibilità al recesso come contropartita delle ampie facoltà attribuite al controllo da parte dei soci di maggioranza”.
Di modo che, quando la durata della società sia talmente ampia dal finire per l’acquistare i caratteri della perpetuità, ecco che il diritto di recesso ad nutum diventa lo strumento attraverso il quale il socio tutela il proprio diritto a svincolarsi, laddove lo ritenga, rispetto ad un progetto imprenditoriale il cui orizzonte di realizzabilità appaia, nella sostanza, sconfinare verso la scala della indeterminabilità.

3. La recente ordinanza della Suprema Corte ordinanza n. 26060 del 5 settembre 2022

Ma, come poc’anzi ricordato, quello cristallizzato nella sentenza n. 9662 del 2013 rappresenta un orientamento risalente, giacché successivamente, in particolare, con la sentenza n. 4716 del 21 febbraio 2020, la S.C. ha ribadito che “la possibilità per il socio di recedere ad nutum sussiste solo nel caso in cui la società sia contratta a tempo indeterminato e non anche a tempo determinato, sia pure lontano nel tempo”, perché vi è “prevalenza, sull’interesse del socio al disinvestimento, dell’interesse della società a proseguire nella gestione del progetto imprenditoriale e dei terzi nella stabilità dell’organizzazione imprenditoriale e all’integrità della garanzia patrimoniale offerta esclusivamente dal patrimonio sociale”.
La recente ordinanza n. 26060 del 5 settembre 2022 accoglie e assicura continuità all’orientamento in ultimo delineato.
Essa, infatti, da una parte sottolinea che vi è la necessità di assicurare carattere di certezza e univocità alle informazioni desumibili dagli atti iscritti nel registro delle imprese, anche nel caso in cui la s.r.l. sia stata costituita a tempo determinato “lungo”, in considerazione del fatto che “i terzi – e i creditori, in particolare – hanno interesse a conoscere in anticipo (…) il catalogo esatto delle ipotesi di recesso dei soci, in relazione alla potenziale distrazione di patrimonio dagli scopi dell’iniziativa e alla alterazione della generica garanzia del credito rappresentata dal patrimonio sociale”.
Dall’altra, propendendo per una interpretazione letterale del testo dell’art. 2473 c.c., nega la possibilità di ancorare il diritto di recesso ad nutum all’aspettativa residua di vita del socio, come previsto dall’art. 2285 c.c. per i soci di società di persone, anche per l’impossibilità di estendere analogicamente alle s.r.l. una previsione normativa pensata per tipi societari aventi un differente regime patrimoniale e relativamente ai quali resta forte il riferimento all’intuitus personae.
Così come esclude, per altro verso, che la durata “eccessiva” della società, quale parametro legittimante il recesso ad nutum, possa effettivamente rappresentare una oggettiva e non opinabile proxy della durata del progetto imprenditoriale, atteso che l’individuazione dell’arco temporale entro il quale lo stesso potrà ritenersi compiuto costituisce un esercizio, per definizione, complesso e dall’esito incerto.

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