Il reato di usura e il metodo di calcolo

Redazione 19/02/20
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L’art. 1815 c.c. in materia di mutuo prevede che “Salva diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’art. 1284. Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
Gli interessi rappresentano la prestazione corrispettiva gravante sul mutuatario.
Il secondo comma dell’articolo in questione (che originariamente prevedeva: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale”) è stato sostituito dalla legge 7.3.1996, n. 108, recante disposizioni in tema di lotta all’usura.
Il reato di usura disciplinato dall’art.644 c.p., appartenente alla categoria dei delitti contro il patrimonio, punisce con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro: “chiunque, fuori dei casi previsti dall’art. 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o vantaggi usurari”.

Struttura del delitto d’usura

L’art. 644 c.p. distingue due fattispecie di usura: l’usura presunta o oggettiva, che ricorre quando si eccede la soglia d’usura, e l’usura concreta o soggettiva che, invece, ricorre nel caso di abuso dello stato di difficoltà della vittima, quale strumento di lucro indebito attraverso la sproporzione delle prestazioni.
In particolare, il terzo comma dell’art. 644 c.p. prevede, nel suo primo periodo, che “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari” (c.d. usura presunta o oggettiva), mentre la seconda parte del terzo comma dell’art.644 c.p. prevede che “sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria” (c.d. usura in concreto o soggettiva”).
Tanto premesso, deve osservarsi che la fattispecie dell’usura oggettiva configura un’ipotesi di “norma penale in bianco il cui precetto è destinato ad essere completato da un elemento esterno, che completa la fattispecie incriminatrice giacché rinvia, al fine di adeguare gli obblighi di legge alla determinazione del tasso soglia, ad una fonte diversa da quella penale, con carattere di temporaneità, con la conseguenza che la punibilità della condotta non dipende dalla normativa vigente al momento in cui viene emessa la decisione, ma dal momento in cui avviene l’accertamento”(Cass. pen. n.46669/2011).

Il limite usuraio individuato dal MEF

Più in dettaglio, deve rilevarsi che l’individuazione del limite, superato il quale l’interesse può dirsi usurario, avviene attraverso il meccanismo delineato dall’art. 2 della L. 7.3.1996, n. 108, al quale l’art. 644 co.3 fa rinvio.

Secondo tale disposto, il Ministro del Tesoro (ora Ministro dell’Economia e delle Finanze), sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il cosiddetto tasso effettivo globale medio (TEGM), comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse (come previsto dal quarto comma dell’art. 644 c.p., secondo il quale “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”) riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia (artt. 106 e 107, D.Lgs. 1.9.1993, n. 385) nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura.
Il compito di procedere alla classificazione delle operazioni per categorie omogenee – tenuto conto della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie dell’operazione – è attribuito allo stesso Ministro del Tesoro, che procede annualmente con decreto pubblicato senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi (art. 2, co. 2, L. 7.3.1996, n. 108).

I valori medi derivanti dalla rilevazione ministeriale, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale (art. 2, co. 1, ultimo periodo, L. 7.3.1996, n. 108).
Secondo il testo originario dell’art. 2, co. 4, il tasso al di sopra del quale l’interesse è sempre considerato usurario si determinava aumentando della metà il tasso effettivo globale medio applicato dagli istituti bancari e dagli intermediari finanziati abilitati in relazione a ciascuna tipologia di operazioni.
Dopo la novella introdotta dall’art. 8, co. 5, lett. d, D.L. 13.5. 2011, n. 70 , tale limite è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. In ogni caso, la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali.
Secondo la prevalente giurisprudenza di merito le istruzioni della Banca d’Italia hanno valore vincolante e non possono adottarsi formule di calcolo differenti per la contestazione di usurarietà; invero, “le contestazioni di usurarietà del rapporto fondate su formule di calcolo differenti da quelle adottate dalla Banca d’Italia per la rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi non sono attendibili e, pertanto, rendono inammissibile in quanto esplorativa una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile” (Trib. Milano 23.12.2014).
D’altro canto, “L’osservanza, da parte degli operatori creditizi, dei tassi soglia individuati secondo le rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia deve ritenersi automaticamente rispettosa del precetto penale di cui all’art.644 c.p..

Una diversa interpretazione, infatti – seppur avallata da qualche pronuncia della Cassazione Penale – appare lesiva del principio nullum crimen sine lege, posto che la norma incriminatrice dell’art.644 cp si implementa contenutisticamente della regula via via enucleata dai decreti ministeriali di recepimento delle menzionate rilevazioni dell’istituto di vigilanza. In via transitoria, la soglia usuraria soggiace alla metodica di rilevazione fissata in precedenza dai decreti ministeriali recettivi delle rilevazioni trimestrali dalla Banca d’Italia” (Tribunale di Verona 9.12.2013) e, inoltre, “Le Istruzioni della Banca d’Italia in materia di rilevazione del Tasso Effettivo Globale, oltre a rispondere alla elementare esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di norme tecniche autorizzate” (Tribunale di Milano, 03.06.2014 n. 7234).
Quanto al profilo della legittimità costituzionale dell’art.644 c.p. quale norma penale in bianco, la S.C. ha affermato che “In tema di usura è manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 644, terzo comma cod. pen. e 2 della legge 7 marzo 1996 n. 108 per contrasto con l’art. 25 Cost., sotto il profilo che le predette norme, nel rimettere la determinazione del “tasso soglia”, oltre il quale si configura uno degli elementi soggettivi del delitto di usura, ad organi amministrativi, determinerebbero una violazione del principio della riserva di legge in materia penale. (la Corte ha osservato che il principio della riserva di legge è rispettato in quanto la suddetta legge indica analiticamente il procedimento per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministro del tesoro solo il limitato ruolo di <<fotografare>>, secondo rigorosi criteri tecnici, l’andamento dei tassi finanziari)” (Cass.pen. 20148/2003).

In conclusione, alla luce degli orientamenti illustrati, deve ritenersi che “In tema di reato di usura, il giudice è tenuto ad accertare motivatamente la natura usuraria degli interessi mediante specifico riferimento ai valori determinati dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze vigente all’epoca della pattuizione onde raggiungere il tasso soglia, ai sensi dell’art. 2 legge n. 108 del 1996”(Cass. pen. 8353/2013).

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L’usura soggettiva

Per quanto riguarda invece la c.d. usura in concreto o soggettiva, l’integrazione della fattispecie richiede due requisiti: 1) un rilevante squilibrio, valutato in relazione alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, fra la prestazione erogata dall’agente e la controprestazione promessa o pagata quale corrispettivo dal soggetto passivo; 2) le condizioni di difficoltà economica o finanziaria del soggetto che dà o promette il corrispettivo usurario.
Si tratta dunque di una seconda valutazione di “usurarietà” degli interessi, vantaggi o compensi, questa volta rimessa alla valutazione giudiziale, da compiersi sulla base di criteri oggettivi (le concrete modalità del fatto e il tasso medio praticato per operazioni similari) e soggettivi (le condizioni di difficoltà economica e finanziaria della vittima, eredità dell’abrogata fattispecie di usura impropria ex. art.644 bis).

In particolare, come anche recentemente statuito dalla S.C., “In tema di c.d. usura in concreto (art. 644 c.p., commi 1 e 3, seconda parte) la ‘condizione di difficoltà economica’ della vittima consiste in una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana; la ‘condizione di difficoltà finanziaria’ investe, invece, più in generale l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo, ed è caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni” (Cass. pen. 18778/2014). 

Si legga anche:”Usura: spese, oneri e commissioni”

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