Rapporto tra giudicato penale e giudizio civile

Redazione 17/10/18
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Il tema dei rapporti tra il giudicato penale ed il giudizio civile, disciplinato dagli artt. 651-654 c.p.p. (libro X, titolo I), ha subito, nel nuovo codice di rito del 1988, rilevanti variazioni rispetto al codice abrogato, che dava netta precedenza e prevalenza all’accertamento del fatto avvenuto in sede penale.
In particolare, il codice del 1930 (artt. 25-28 c.p.p.), influenzato dal contesto politico del tempo, si ispirava al principio della preminenza della giurisdizione penale su ogni altra diversa giurisdizione, nel quadro di una tendenziale unicità della funzione giurisdizionale esercitata dagli organi giudiziari dello Stato Sovrano; ne conseguiva l’autorità erga omnes del giudicato penale di condanna o di assoluzione nei giudizi civili di danno, nonché l’autorità di tale giudicato in ogni altro giudizio extra-penale, ove si controvertesse intorno a diritti o interessi il cui riconoscimento dipendesse dall’accertamento dei medesimi fatti materiali; ne derivava, inoltre, la pregiudizialità penale, e cioè la subordinazione del corso e della sorte dei giudizi extra-penali rispetto alla formazione del giudicato penale vincolante. Naturale conseguenza di ciò, sul piano processuale, era la previsione ex lege della sospensione necessaria dei giudizi extra-penali, la quale era destinata a durare sino a quando nel giudizio penale non venisse pronunziata la sentenza inoppugnabile ed irrevocabile.

Gli interventi della Corte Costituzionale

A modificare la situazione fin qui delineata è intervenuta dapprima la Corte Costituzionale, che, con le sentenze n. 55 del 1971 e n. 99 del 1973, ha dichiarato illegittimi gli artt. 25, 27 e 28 c.p.p., in rapporto agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevedevano la vincolatività del giudicato penale anche nei confronti di soggetti che non avessero partecipato o che comunque non fossero stati posti in condizione di partecipare al giudizio penale.
Gli interventi della Corte Costituzionale hanno portato al venir meno dell’efficacia assoluta del giudicato penale nei giudizi extra-penali e, per converso, all’affermarsi di un’efficacia relativa dello stesso nei soli confronti dei soggetti che abbiano avuto quantomeno la possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa.
I principi fissati dalla Corte, inoltre, hanno fortemente influenzato le direttive di politica processuale dettate dalla legge del 16 febbraio 1987, n. 81, recante delega al Governo per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale.
In particolare, in tale legge: a) viene affermata la generale tendenza verso l’autonomia e la separazione dei giudizi, i quali devono essere preferibilmente promossi davanti al loro rispettivo “giudice naturale”; b) viene sottolineata l’esigenza di circoscrivere con rigore la possibilità di esplicazione ultra partes dell’efficacia vincolante del giudicato penale, limitandola soltanto ai soggetti che abbiano partecipato o siano stati posti in condizione di partecipare al giudizio penale in cui il giudicato si forma; c) vengono posti dei limiti ai casi in cui i procedimenti extra-penali “pregiudicati” debbano essere necessariamente sospesi fino a quando nel processo penale “pregiudicante” non sia pronunziata una sentenza irrevocabile di condanna o di assoluzione; d) vengono, infine, rafforzati i poteri processuali spettanti alla parte civile costituita.

Il nuovo codice di procedura penale

Nel nuovo codice di procedura penale il rapporto tra processo civile e processo penale si configura in termini di completa autonomia e separazione, salvi i casi di cui agli artt. 75 co. 3 c.p.p e 211 delle disp. att. c.p.p. Il terzo comma dell’art. 75 c.p.p. prevede la prima eccezione alla regola, disponendo che: il giudizio civile di danno debba essere sospeso soltanto allorché l’azione sia stata proposta in sede civile dopo la sentenza penale in primo grado o dopo la precedente costituzione di parte civile nel processo penale, salve ovviamente le eventuali eccezioni previste dalla legge, in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno, che pertanto non può pervenire anticipatamente ad un esito potenzialmente difforme da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o più dei comuni presupposti di fatto; inoltre, secondo quanto previsto all’art. 211 delle disp. att. c.p.p. il processo civile può essere sospeso fino alla definizione del processo penale se questo può dare luogo a una sentenza che abbia efficacia di giudicato nell’altro processo e se è già stata esercitata l’azione penale.

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