Quando i verbali di udienza non sono nulli o inutilizzabili nel processo penale?

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Il fatto

La Corte di Appello di Trieste, in parziale riforma di una pronuncia emessa dal Tribunale di Udine, previa riqualificazione del fatto ascritto all’imputato nel reato di cui all’art. 73, comma 5, dpr 309/90, rideterminava la pena allo stesso inflitta in quella di mesi 5, giorni 10 di reclusione ed euro 800,00 di multa.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato era proposto ricorso per Cassazione, da parte del difensore dell’imputato, con cui erano dedotti i seguenti motivi: a) violazione di legge per mancata registrazione e redazione del verbale stenotipico relativo ad una udienza nella quale si era proceduto all’esame dell’imputato; nullità e/o comunque inutilizzabilità dell’atto redatto in forma sintetica senza l’indicazione delle domande ed in mancanza di ogni indicazione dell’impossibilità di ricorrere all’ausilio della stenotipia o della fonoregistrazione; b) violazione di legge e vizio della motivazione stante le palesi contraddizioni in cui era incorsa la sentenza impugnata; c) violazione di legge con riferimento alla mancata applicazione dell’articolo 131-bis cod. pen.; d) erronea e/o carente motivazione in ordine alla determinazione della pena per mancata considerazione delle condizioni economiche dell’imputato.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era rigettato per le seguenti ragioni.

Quanto alla prima doglianza, dopo essere stato fatto presente che a mente dell’art. 140 cod. proc. pen. è consentito provvedere alla redazione del verbale di udienza in forma riassuntiva (Art. 140 cod. proc. pen.: “1. Il giudice dispone che si effettui soltanto la redazione contestuale del verbale in forma riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o limitata rilevanza ovvero quando si verifica una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici. 2. Quando è redatto soltanto il verbale in forma riassuntiva, il giudice vigila affinché sia riprodotta nell’originaria genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni, con la descrizione delle circostanze nelle quali sono rese se queste possono servire a valutarne la credibilità”), gli Ermellini rilevavano come la giurisprudenza di legittimità sia ferma nel ritenere che non ricorra alcuna nullità ove il giudice del dibattimento abbia disposto la verbalizzazione in forma riassuntiva in assenza dei presupposti di cui all’art. 140 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003: “Non ricorre alcuna nullità o inutilizzabilità dei verbali di udienza, nel caso in cui il giudice del dibattimento abbia disposto la contestuale redazione del verbale in forma riassuntiva in assenza delle condizioni richieste dall’art. 140 cod. proc. pen., in quanto tale inosservanza non determina alcuna sanzione processuale, non rientrando tra le ipotesi dell’art. 142 cod. proc. pen. ne’ in altre previsioni”).

Invero, dal momento che, a norma dell’art. 142 cod. proc. pen., il verbale è nullo solo se vi sia incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto, va da sé che non ricorre pertanto alcuna nullità o inutilizzabilità dei verbali di udienza nel caso in cui il giudice del dibattimento abbia disposto la contestuale redazione del verbale in forma riassuntiva sia pure in assenza delle condizioni richieste dall’art. 140 c.p.p. o in mancanza del consenso espresso delle parti, ai sensi dell’art. 559 c.p.p., comma 2, in quanto tali inosservanze non determinano alcuna sanzione processuale, non rientrando tra le ipotesi tassativamente previste dall’art. 142 cod. proc. pen., ne’ in altre previsioni (Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003; Sez. 6, n. 1400 del 10/12/2009) fermo restando però che la nullità sussiste solo se, in conseguenza anche della mancata riproduzione riassuntiva dei verbali di testimonianza, si verifichi la totale mancanza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova, poiché in tal caso si tratterebbe di nullità d’ordine generale per violazione del diritto di difesa ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., evenienza questa non realizzatasi e nemmeno dedotta dalla difesa nel ricorso [cfr. Sez. 3, n. 37463 del 26/06/2008:” In tema di atti processuali, integra una nullità d’ordine generale per violazione del diritto di difesa (art. 178, comma primo, lett. c) cod. proc. pen.) la totale assenza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova. (Fattispecie nella quale il giudice aveva posto a fondamento della decisione prove dichiarative sprovviste di documentazione, sia per l’assenza di trascrizioni dovuta a malfunzionamento dell’apparecchio di fonoregistrazione, sia per la mancata redazione del verbale riassuntivo in violazione dell’art. 139, comma terzo, cod. proc. pen.)”] mentre, quanto all’interrogatorio dell’imputato, ad avviso del Supremo Consesso, occorre rilevare come l’art. 141-bis cod. proc. pen. preveda l’obbligo della riproduzione fonografica in caso d’interrogatorio di persona detenuta che non si svolga in udienza, ricollegando alla violazione di detta modalità la sanzione dell’inutilizzabilità e, dunque, argomentando “a contrario“, si riteneva che, qualora detto interrogatorio si svolga in udienza, sia consentita l’utilizzazione anche della sola verbalizzazione sintetica, anche perchè tale interpretazione trova avallo nel dictum delle Sezioni Unite, sentenza n. 9 del 25/03/1998, in cui è esplicitamente escluso che le formalità di cui trattasi debbano adottarsi anche in caso di interrogatorio reso in udienza, e ciò perché «la “ratio” della norma in esame, rappresentata dalla necessità di evitare qualsiasi rischio di coartazione della volontà del detenuto che, per la sua particolare condizione, possa essere indotto, come è stato sottolineato nel corso dei lavori parlamentari, a “suggestioni comportamentali che possono dar luogo a verità ma anche a menzogne“, deve escludersi che le modalità di documentazione di cui trattasi debbano essere osservate quando la persona da interrogare non sia ristretta in vincoli in apposito istituto o in locali diversi dalla propria abitazione e non si trovi, pertanto, in condizioni, non solo psicologiche, ma anche ambientali, di minorata difesa».

Oltre a ciò, una volta constatato come non si vedeva come il ricorso alla sola verbalizzazione sintetica nel corso dell’interrogatorio avrebbe pregiudicato l’esercizio del diritto di difesa dell’imputato, tanto più se si considerava che sul punto neppure la difesa di parte ricorrente, per la Corte di legittimità, aveva spiegato adeguatamente tale doglianza se non ricorrendo ad affermazioni apodittiche legate alla non verbalizzazione delle domande, gli Ermellini rilevavano altresì che, in ordine alla mancata sottoscrizione apposta su ogni foglio del verbale d’udienza, la giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso di ritenere che ciò non determini una nullità ai sensi dell’art. 142 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, n. 1740 del 07/10/2010:”In tema di documentazione degli atti, non determina la nullità, ex art. 142 cod. proc. pen., la mancata sottoscrizione del verbale di udienza in ogni foglio, in quanto tale sanzione è prevista solo per il caso in cui manchi del tutto la sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale redigente, determinando incertezza assoluta sulle persone intervenute nella formazione dell’atto, ma non riguarda ogni inosservanza delle formalità indicate dall’art. 137 cod. proc. pen.”).

Ciò posto, terminata la disamina del primo motivo, per quanto concerne il secondo, i giudici di piazza Cavour osservavano come esso fosse palesemente versato in fatto: dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge e del vizio della motivazione, si prospettava, infatti, per la Suprema Corte, una diversa ricostruzione fattuale, inammissibile in sede di legittimità, essendo preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice di merito (cfr. Sez. U, n. 12 del 31/05/2000; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997).

Detto questo, anche il terzo motivo era reputato inammissibile  in quanto, una volta fatto presente che la Corte territoriale aveva ritenuto che il fatto non potesse essere reputato di particolare tenuità ostandovi il numero significativo di dosi singole ricavabili dal quantitativo caduto in sequestro, così come le modalità della condotta, che apparivano essere tutt’altro che occasionali (si richiamavano in motivazione le annotazioni sull’agenda del ricorrente riguardanti fitti rapporti commerciali ricondotti allo smercio di droga), evidenziandosi altresì ancora il profilo riguardante la cospicua somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, incompatibile con i redditi del prevenuto, la Cassazione riteneva logiche argomentazioni prodotte in motivazione e, in quanti tali, idonee a giustificare l’esclusione di un’offesa di minima entità al bene tutelato dalla norma incriminatrice dal momento che è pacifico che il giudizio sulla tenuità, nella prospettiva delineata dall’art. 131-bis cod. pen., richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo arrecato (Sez. U., n 13681 del 25/2/2016), così come è altrettanto pacifico come, ai fini dell’esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sia sufficiente l’assenza anche di uno soltanto dei presupposti richiesti dalla norma (Sez. 3,n. 34151 del 18/06/2018).

Infine, quanto alla determinazione della pena, si rammentava come la quantificazione della pena nell’ambito della cornice edittale rientri nella discrezionalità del giudice di merito insindacabile in sede di legittimità ove motivata con succinti richiami ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., specie nel caso in cui non si discosti in misura rilevante dal minimo edittale.

Si è quindi ritenuto che il giudice ottemperi adeguatamente all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod. pen. anche ove adoperi solo espressioni come “pena congrua“, “pena equa“, “congruo aumento” (cfr. ex multis Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007) essendo nel richiamo al criterio di adeguatezza della pena impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 46412 del 05/11/2015).

Orbene, nel caso di specie, per il Supremo Consesso, il giudice di merito aveva esposto le ragioni della quantificazione della pena ponendo l’accento sulla non occasionalità della condotta e sull’intensità del dolo, rendendo in tal modo congrua ed idonea indicazione dei criteri seguiti nell’esercizio delle sue valutazioni discrezionali.

Da ultimo, ad avviso della Corte di legittimità, occorreva rilevare come la questione riguardante l’applicazione dell’art. 133-bis cod. proc. pen. non fosse stata mai posta all’attenzione della Corte di Appello con l’impugnazione ed i motivi aggiunti mentre, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la regola, ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., impone che non possano essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello a meno che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello fermo restando che tale regola trova il suo fondamento nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello in quanto non devoluto ad essa con l’impugnazione (ex multis, Sez.4, n.10611 del 4/12/2012).

Il ricorso in questione, quindi, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, era rigettato, e da tale reiezione se ne faceva conseguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

La decisione in questione è assai interessante essendo ivi chiarito quando i verbali di udienza non sono nulli o inutilizzabili nel processo penale.

Difatti, fermo restando quando sancito dall’art. 142 cod. proc. pen. che, come è noto, dispone che, salve “particolari disposizioni di legge, il verbale è nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto”, nella pronuncia qui in commento, citandosi precedenti conformi, si afferma che, invece, i verbali di udienza non sono nulli o inutilizzabili nel caso in cui il giudice del dibattimento abbia disposto la contestuale redazione del verbale in forma riassuntiva sia pure in assenza delle condizioni richieste dall’art. 140 c.p.p. o in mancanza del consenso espresso delle parti, ai sensi dell’art. 559 c.p.p., comma 2 (“Anche fuori dei casi previsti dall’articolo 140, il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono e il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale”), in quanto tali inosservanze non determinano alcuna sanzione processuale, non rientrando tra le ipotesi tassativamente previste dall’art. 142 cod. proc. pen., ne’ in altre previsioni.

Pur tuttavia, in tale pronuncia, sempre sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, si fa presente che, invece, la nullità sussiste se, in conseguenza anche della mancata riproduzione riassuntiva dei verbali di testimonianza, si verifichi la totale mancanza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova, poiché in tal caso si tratterebbe di nullità d’ordine generale per violazione del diritto di difesa ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen..

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di verificare se si possa validamente eccepire la nullità o la inutilizzabilità di un verbale di udienza in ambito penale.

Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, non può che essere positivo.

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