Quando può considerarsi legittimamente eseguito l’arresto in materia di stupefacenti

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Deve ritenersi del tutto l’esercizio del potere di arresto da parte della p.g. in costanza degli elementi di fatto direttamente percepiti all’atto della perquisizione svolta ai sensi dell’art. 103 d.P.R. n. 309/90 in occasione della quale era stata rinvenuta una duplice qualità di stupefacente ( cocaina per 26,6 gr. e hashish per oltre 72 grammi) nella disponibilità degli arrestati, la somma di denaro di 850 euro nella disponibilità di uno di essi privo di attività lavorativa, sei telefoni cellulari e materiale per il confezionamento in possesso degli altri due arrestati.

(Annullamento senza rinvio)

(Normativa di riferimento: C.p.p. artt. 380, 381, 386, c. 3 e 390, c. 1)

Il fatto

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Prato non convalidava l’arresto in flagranza operato dalla p.g. nei confronti di Z. Y., K. E. M. e C. M, imputati in ordine ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309/90, in relazione alla detenzione illecita di stupefacenti, loro ascritti.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la ordinanza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Prato che deduceva violazione della nozione della flagranza del reato in ordine alla quale non è necessaria la individuazione di potenziali acquirenti, essendo desumibile dagli esiti delle perquisizioni (suddivisione in dosi dello stupefacente, detenzione di molti telefoni cellulari, rinvenimento di materiale atto al confezionamento, condizione dei soggetti privi di lavoro e senza fissa dimora).
Con requisitoria scritta il P.G., dal canto suo, chiedeva l’annullamento senza rinvio della ordinanza essendo stati gli arresti legittimamente eseguiti.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

La Cassazione accoglieva il ricorso proposto alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si evidenziava prima di tutto come il provvedimento impugnato avesse erroneamente negato la flagranza del reato di detenzione di stupefacente ai fini dello spaccio sul rilievo che non risultavano, alla vista diretta degli operanti, contatti dei prevenuti a tal fine con terzi né risultavano nominativi di prenditori di stupefacente nei giorni immediatamente precedenti dato che, ai fini della richiesta flagranza del reato ipotizzato, non è necessaria né la contestuale attività di spaccio né l’individuazione dei potenziali acquirenti, potendosi la finalità di spaccio essere desunta dalla quantità, qualità e composizione della sostanza stupefacente detenuta nonché dalla detenzione di denaro contante, anche in rapporto al reddito del detentore, nonché dalla disponibilità di attrezzature per la pesatura o il confezionamento della sostanza, e ciò anche perché, osserva la Corte, in sede di convalida dell’arresto, il giudice, oltre a verificare l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386, comma terzo e 390, comma primo. cod. proc. pen., deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una chiave di lettura che non deve riguardare nè la gravità indiziaria e le esigenze cautelari (valutazione questa riservata all’applicabilità delle misure cautelari coercitive), nè l’apprezzamento sulla responsabilità (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito) (Sez. 6, n. 48471 del 28/11/2013, omissis, Rv. 258230).
Tal che se ne faceva conseguire come dovesse essere riconosciuto del tutto legittimo l’esercizio del potere di arresto da parte della p.g. in costanza degli elementi di fatto direttamente percepiti all’atto della perquisizione svolta ai sensi dell’art. 103 d.P.R. n. 309/90 in occasione della quale era stata rinvenuta una duplice qualità di stupefacente ( cocaina per 26,6 gr. e hashish per oltre 72 grammi) nella disponibilità degli arrestati, la somma di denaro di 850 euro nella disponibilità di uno di essi privo di attività lavorativa, sei telefoni cellulari e materiale per il confezionamento in possesso degli altri due arrestati.
La Cassazione, dunque, ne faceva discendere l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata essendo l’arresto degli imputati legittimamente eseguito.

Conclusioni

La sentenza in oggetto è condivisibile.
L’attività al fine di spaccio, difatti, può essere fatta risalire dalla quantità, qualità e composizione della sostanza stupefacente detenuta nonché dalla detenzione di denaro contante, anche in rapporto al reddito del detentore, nonché dalla disponibilità di attrezzature per la pesatura o il confezionamento della sostanza costituendo tali circostanze validi indici sintomatici da cui inferire la sussistenza di un’attività criminosa di questo genere e quindi atte a giustificare l’arresto di colui che viene accusato di averlo commesso.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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