Provvisoria detenzione domiciliare per il genitore che deve accudire il figlio

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La Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, commi 1, 3 e 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354.

Ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al Magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 47, comma 4, della medesima legge.

Indice:

  1. Il fatto
  2. La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione
  3. Le argomentazioni sostenute dalle parti
  4. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Consulta
  5. Conclusioni

Il fatto

Il Magistrato di sorveglianza di Siena doveva provvedere sull’istanza di ammissione alla detenzione domiciliare speciale in via provvisoria ed urgente avanzata da una persona con residua pena detentiva da espiare di anni dodici, mesi tre e giorni diciassette, padre di una figlia minore di anni dieci, alla cura della quale la madre sarebbe impossibilitata per ragioni di salute.

La questione prospettata nell’ordinanza di rimessione

A fronte dell’istanza suddetta, il Magistrato senese riteneva di dovere sollevare questioni di legittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), in quanto esso, non prevedendo per la detenzione domiciliare speciale l’applicazione provvisoria consentita dall’art. 47-ter, comma 1-quater, della medesima legge per la detenzione domiciliare ordinaria, violerebbe gli artt. 3, 27, terzo comma, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione.

In particolare, in ordine alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo osservava come la denunciata lacuna normativa non fosse colmabile per via interpretativa e che l’applicazione urgente della misura domiciliare da parte dell’organo monocratico sarebbe stata resa necessaria nel caso di specie a tutela del superiore interesse della minore, in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza.

Oltre a ciò, il rimettente aggiungeva come l’applicazione provvisoria per ragioni di urgenza di misure alternative alla detenzione sia prevista, oltre che per la detenzione domiciliare ordinaria, anche per l’affidamento in prova al servizio sociale e la semilibertà, per quest’ultima essendo intervenuta in senso estensivo la sentenza n. 74 del 2020 della Consulta.

Ciò posto, in ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice remittente reputava che l’omessa previsione dell’applicazione provvisoria violi l’art. 3 Cost. per irragionevolezza proprio in quanto riferita ad una misura di tutela della prole minore, qual è la detenzione domiciliare speciale.

Inoltre, sarebbe stato altresì violato l’art. 27, terzo comma, Cost. giacché la necessità di attendere la decisione collegiale renderebbe “non umana” la pena sofferta dal genitore, che sa privo di assistenza il figlio minore di anni dieci, tenuto conto altresì del fatto che il grave pregiudizio, che sarebbe potuto derivarne al minore stesso e al rapporto parentale, avrebbe evidenziato inoltre la violazione degli artt. 30 e 31 Cost..

Infine, sarebbero state violate le fonti sovranazionali che affermano la preminenza dell’interesse del minore – si menzionano l’art. 3, paragrafo 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, nonché l’art. 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 – come interposte dall’art. 117, primo comma, Cost..

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Le argomentazioni sostenute dalle parti

Interveniva in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale chiedeva che le questioni proposte fosse dichiarate inammissibili o non fondate.

Nel dettaglio, ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, tali questioni sarebbero state inammissibili per difetto di rilevanza non avendo l’ordinanza di rimessione dato conto di un’indagine effettiva circa lo stato di salute della madre della minore e l’assenza di altri congiunti in grado di accudire quest’ultima, all’infuori del padre.

Ciò posto nel merito, le questioni sarebbero state non fondate poiché l’interesse del minore alla relazione con il genitore condannato ad espiare una pena detentiva non godrebbe di una tutela assoluta, se non quando l’età del bambino sia inferiore ad un anno, ipotesi nella quale l’art. 146, primo comma, numero 2), del codice penale stabilisce il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena.

Ad avviso dell’interveniente, invece, la mancata previsione dell’anticipazione con provvedimento monocratico e in via sommaria della detenzione domiciliare speciale si giustificherebbe quale esercizio ragionevole di discrezionalità legislativa, segnatamente nel raffronto con la detenzione domiciliare ordinaria, perché requisito della misura non anticipabile è l’avvenuta espiazione di un terzo della pena, e quindi meno stringente sarebbe la necessità di un provvedimento urgente, «in quanto il minore, figlio della persona condannata, può aver già trascorso svariati anni della propria esistenza lontano dal proprio genitore».

Inoltre, poiché l’ammissione alla detenzione domiciliare speciale richiede l’insussistenza di un concreto pericolo di recidiva ed è concedibile anche ai condannati per gravi reati puniti con pena superiore ai quattro anni di reclusione, ad avviso di questa parte, non sarebbe irragionevole che il legislatore abbia escluso al riguardo la cognizione sommaria del giudice monocratico, esigendo viceversa «un accertamento completo e approfondito», riservato al tribunale di sorveglianza.

L’Avvocatura generale osservava per di più che, per analoghe ragioni, il legislatore non ha previsto l’applicazione provvisoria della semilibertà «nel caso in cui l’istanza provenga da persona condannata a pene medio-lunghe», cioè quando la pena detentiva ancora da espiare superi i quattro anni di reclusione, opzione discrezionale sulla quale la sentenza n. 74 del 2020 non è intervenuta.

Chiarito ciò, deve rilevarsi che si era costituito in giudizio anche l’istante sollecitando l’accoglimento delle questioni.

In particolare, egli assumeva di avere diritto all’applicazione della misura, avendo scontato più di un terzo della pena ed essendo il residuo estraneo a delitti ostativi, attesa inoltre, quanto alla necessità di cura della figlia minore di anni dieci, l’impossibilità della madre di provvedervi per ragioni di salute e l’assenza di altri congiunti in grado di farlo in sua vece.

Fatti propri gli argomenti spesi dal rimettente, la parte riteneva quindi costituzionalmente necessario consentire al Magistrato di sorveglianza l’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare speciale quando l’urgenza non permetta di attendere la decisione del tribunale di sorveglianza e, in tal senso, invoca per questa misura alternativa un intervento additivo analogo a quello operato dall’indicata sentenza n. 74 del 2020 per la semilibertà.

D’altro canto, atteso che la rilevanza delle questioni doveva essere valutata ex ante, a suo avviso, non avrebbero dovuto avere incidenza le circostanze sopravvenute, cioè che medio tempore la minore avesse superato i dieci anni d’età e il Tribunale di sorveglianza di Firenze avesse respinto l’istanza di applicazione della misura, provvedimento – quest’ultimo – che la parte riferiva tempestivamente impugnato per Cassazione.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Consulta

Per quanto concerne l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, la Consulta osservava come essa fosse priva di fondamento in quanto le questioni in esame riguardavano la sussistenza in astratto del potere cautelare del magistrato di sorveglianza, collocandosi quindi in una fase logicamente anteriore a quella dell’esercizio concreto del potere medesimo e degli accertamenti di fatto ad esso funzionali.

Per costante giurisprudenza costituzionale, invece, la rilevanza della questione incidentale si configura come necessità di applicare la disposizione censurata, senza identificarsi nell’utilità concreta per la parte del giudizio principale (ex plurimis, sentenze n. 236, n. 172 e n. 59 del 2021, n. 254 del 2020 e n. 174 del 2019).

Premesso ciò, era per di più fatto presente come lo scrutinio di merito delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione non fosse impedito neppure dalle circostanze sopravvenute riferite nell’atto di costituzione della parte, cioè che la minore avesse nel frattempo superato i dieci anni d’età e che l’istanza di applicazione della misura alternativa sia stata infine respinta dal competente tribunale di sorveglianza; circostanze, queste, valorizzate dalla difesa statale in sede di discussione in pubblica udienza, quali ulteriori ragioni di inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza nel giudizio a quo.

Invero, per l’autonomia che lo caratterizza, il giudizio incidentale di legittimità costituzionale non risente delle vicende di fatto successive all’ordinanza di rimessione, sicché la rilevanza delle questioni deve essere vagliata ex ante, con riferimento al tempo della prospettazione (da ultimo, sentenze n. 22 e n. 7 del 2022, n. 127 del 2021, n. 270, n. 244 e n. 85 del 2020).

L’avvenuta decisione, da parte del Tribunale di Sorveglianza, di reiezione dell’istanza presentata dal condannato, per il Giudice delle leggi, non può avere dunque alcun effetto sulle questioni sollevate dal Magistrato di sorveglianza giacché, come chiarito, esse concernono la mancata previsione del potere di quest’ultimo di disporre la detenzione domiciliare speciale allorquando sussistano ragioni che, nella ricorrenza dei presupposti stabiliti dalla disposizione censurata, rendano necessaria la valutazione del preminente interesse del minore.

Tal che se ne faceva conseguire che la decisione del Tribunale di Sorveglianza non incideva sulla rilevanza delle questioni, cristallizzata al momento della rimessione, come non vi incideva la sorte che quella stessa decisione avrebbe avuto in sede di impugnazione.

Ciò posto, con specifico riferimento alla prima circostanza, a parere dei giudici di legittimità costituzionale, non poteva non rilevarsi che, a norma dell’art. 47-quinquies, comma 8, ordin. penit., al compimento del decimo anno di età del figlio, il «soggetto già ammesso alla detenzione domiciliare speciale» può chiedere – a determinate condizioni – la proroga del beneficio o l’ammissione all’assistenza esterna, sicché il compimento da parte del minore dell’età prevista come soglia non comporta ex se un difetto di interesse del genitore condannato; in tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, qualora tra l’istanza e la decisione il minore raggiunga il decimo anno di età, l’istanza di detenzione domiciliare speciale non perde efficacia, ma deve essere valutata sia nei presupposti originari, sia come domanda di proroga (Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 27 febbraio 2015, n. 8860).

Chiarito ciò, la Corte costituzionale riteneva come occorresse preliminarmente essere delimitare le questioni che il giudice a quo riferiva all’art. 47-quinquies ordin. penit. nel suo complesso, ma che in realtà, considerato che l’oggetto delle censure attingevano in particolare dai commi 1, 3 e 7, concernenti rispettivamente i requisiti di ammissione della madre alla detenzione domiciliare speciale, le competenze del tribunale e del magistrato di sorveglianza nell’applicazione e attuazione della misura e infine la concessione della stessa al padre in funzione sostitutiva della madre impossibilitata.

Invero, sempre secondo la Consulta, il petitum formulato dal giudice a quo poteva essere circoscritto alla luce dei contenuti dell’ordinanza di rimessione in correlazione con la fattispecie dedotta nel processo principale (ex plurimis, sentenze n. 128 e n. 35 del 2021, n. 270 e n. 267 del 2020).

Orbene, così delimitata, era reputata fondata la questione sollevata con riferimento all’art. 31 Cost..

Si osservava a tal proposito innanzitutto che, se si confrontano, da un lato, la detenzione domiciliare ordinaria, già prevista dall’art. 47-ter ordin. penit., inserito dall’art. 13, comma 1, della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), misura alternativa alla detenzione applicabile per varie ragioni umanitarie, tra le quali la preservazione del rapporto genitoriale con minori in tenera età; dall’altro, la detenzione domiciliare speciale, misura concernente solo il rapporto genitoriale, contemplata dall’art. 47-quinquies ordin. penit., inserito dall’art. 3, comma 1, della legge 8 marzo 2001, n. 40 (Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori), per la Consulta, come già evidenziato nella sentenza n. 239 del 2014, la detenzione domiciliare speciale ha natura “sussidiaria” e  “complementare” rispetto alla detenzione domiciliare ordinaria – segnatamente a quella nell’interesse del minore, di cui all’art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), ordin. penit. – in quanto, pur condividendo con tale misura la finalità di tutela del figlio in tenera età di persona condannata a pena detentiva, può trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui la pena da scontare dal genitore superi il limite dei quattro anni di reclusione, viceversa ostativo alla concessione della misura ordinaria posto che, mentre l’art. 47-ter, comma 1, ordin. penit. consente che la madre di prole di età inferiore a dieci anni (lettera a), o in sua vece il padre (lettera b), acceda all’espiazione domiciliare della pena della reclusione non superiore a quattro anni (anche se parte residua di maggior pena), l’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit. ammette la detenzione domiciliare speciale «[q]uando non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 47-ter» – quindi anche per l’espiazione di una pena superiore ai quattro anni di reclusione –, purché non sussista «un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti» e vi sia «la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli», e ciò al dichiarato fine «di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli», e comunque «dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo».

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Ed allora, per i giudici di legittimità costituzionale, nonostante la diversità delle fattispecie regolate, connessa alla differente entità della pena da espiare, le due misure alternative perseguono la stessa finalità, cioè quella di evitare, fin dove possibile, che l’interesse del bambino sia compromesso dalla perdita delle cure parentali, determinata dalla permanenza in carcere del genitore, danno riflesso noto come “carcerizzazione dell’infante” dal momento che l’identità finalistica delle due specie di detenzione domiciliare è stata ripetutamente sottolineata dalla Corte che ne ha assimilato le discipline laddove il preminente interesse del minore non ammetteva che esse restassero distinte: così, per il margine di tolleranza degli allontanamenti ingiustificati del genitore accudente (sentenze n. 211 del 2018 e n. 177 del 2009) così, per l’eliminazione della preclusione triennale della misura a causa dell’avvenuta revoca di altro beneficio (sentenza n. 187 del 2019) e, così ancora, per l’affrancamento dal carattere ostativo dei titoli di reato di “prima fasciaex art. 4-bis ordin penit. (sentenza n. 239 del 2014) fermo restando che entrambe le specie di detenzione domiciliare sono state estese a protezione del figlio ultradecenne gravemente invalido (sentenze n. 18 del 2020 e n. 350 del 2003) mentre, in disparte, per quanto concerne l’estensione a beneficio del figlio inabile relativa ad uno stato di bisogno slegato dalla minore età, la progressiva assimilazione delle due misure è stata sorretta dall’identità dello scopo di tutelare l’interesse dei minori in tenera età nel loro essenziale rapporto con i genitori (sentenze n. 211 del 2018 e n. 177 del 2009), interesse del quale si è evidenziata la centralità alla luce dell’art. 31 Cost., arricchita dalla qualificazione di “preminenza” di cui alle fonti sovranazionali (sentenze n. 187 del 2019 e n. 239 del 2014).

Oltre a ciò, il Giudice delle leggi rilevava come, alla base della giurisprudenza costituzionale sulla detenzione domiciliare nell’interesse del minore, vi sia il principio per cui tale interesse può recedere di fronte alle esigenze di difesa sociale solo quando la sussistenza e la consistenza delle stesse sia verificata in concreto, non già quando sia collegata a indici solo presuntivi, che impediscono al giudice di apprezzare le singole situazioni (ancora sentenze n. 187 del 2019 e n. 239 del 2014) fermo restando che la necessità imposta dall’art. 31 Cost. di garantire che la detenzione domiciliare nell’interesse del minore, da valutarsi con «bilanciamenti caso per caso, refrattari a qualsiasi preclusione e automatismo», è stata in ultimo ribadita dalla sentenza n. 173 del 2021, in tema di preclusione triennale da revoca di altra misura, per giustificare la differente sorte di questa preclusione ove – come nell’affidamento in prova al servizio sociale – non sia direttamente coinvolto l’interesse del bambino alla cura genitoriale.

Ebbene, a questo punto della disamina, era fatto presente che, introdotto dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 27 maggio 1998, n. 165 (Modifiche all’articolo 656 del codice di procedura penale ed alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni), quindi sostituito dall’art. 2, comma 1, lettera b), numero 3), del decreto-legge 1° luglio 2013, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 94, il comma 1-quater dell’art. 47-ter ordin. penit. stabilisce che, «[n]ei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione», l’istanza di detenzione domiciliare – anziché al tribunale di sorveglianza – «è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura» mentre questa disposizione non è stata ripetuta, né richiamata, dall’art. 47-quinquies ordin. penit. sicché, ammessa per la detenzione domiciliare ordinaria – segnatamente per quella nell’interesse del minore ex art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), ordin. penit. –, l’applicazione provvisoria della misura alternativa non è consentita per la detenzione domiciliare speciale, che pure dell’altra condivide la ratio di tutela del fanciullo.

A fronte di ciò, una volta evidenziato che, ad avviso della difesa statale, la mancata previsione dell’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare speciale troverebbe giustificazione nell’assenza di un massimo di pena per l’accesso alla misura, giacché concedibile anche quando la pena da espiare superi i quattro anni di reclusione sicché ragionevolmente il legislatore avrebbe qui escluso la cognizione sommaria e monocratica del magistrato di sorveglianza, esigendo quella piena e collegiale del tribunale di sorveglianza, tenuto conto altresì del fatto che, posto che la misura extramuraria della cui anticipazione si tratta richiede l’avvenuta espiazione di un terzo della pena, il minore potrebbe già aver trascorso lungo tempo lontano dal genitore, e ciò renderebbe meno urgente l’applicazione della misura stessa, secondo la Corte costituzionale, tali assunti non potevano essere condivisi posto che la “quota di espiazione preliminare”, che rappresenta l’essenziale aspetto distintivo della detenzione domiciliare speciale rispetto a quella ordinaria, ha proprio la funzione di bilanciare il superamento del “tetto” dei quattro anni di reclusione, poiché l’espiazione intramuraria di almeno un terzo della pena (o quindici anni nel caso di ergastolo) consegna agli uffici di sorveglianza i risultati di una consistente esperienza trattamentale e queste evidenze ben possono ritenersi idonee a guidare le determinazioni cautelari del Magistrato di sorveglianza che quindi decide sulla base di un quadro ben definito e che gli consente di valutare se l’interesse del minore – “stella polare” del suo giudizio – imponga l’anticipazione della misura o receda di fronte alle esigenze di difesa sociale o richieda esso stesso di non adottarla.

Al contrario, sempre a giudizio della Consulta, non era in discussione, in rapporto alla fattispecie oggetto del giudizio principale, l’eventualità che fosse espiata in ambiente domiciliare anche la “quota preliminare”, come consentito dal comma 1-bis dell’art. 47-quinquies ordin. penit., inserito dall’art. 3, comma 2, lettera b), della legge 21 aprile 2011, n. 62 (Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori), occorrendo tuttavia considerare che tale eventualità è subordinata dal legislatore al concorrere di determinati requisiti, cioè – eliminata la preclusione da ostatività dei titoli di reato ex art. 4-bis ordin. penit. (sentenza n. 76 del 2017) – che «non sussist[a] un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga», requisiti il cui apprezzamento appartiene al tribunale di sorveglianza, nello svolgimento della competenza generale ad esso attribuita dall’art. 70, comma 1, ordin. penit. e, pertanto, il sistema è congegnato in modo che l’intervento cautelare del giudice monocratico non possa prescindere dall’espiazione intramuraria della quota preliminare sicché la fisiologica sommarietà della sua valutazione è bilanciata dai dati oggettivi di un periodo di espiazione “osservata”.

Da ciò se ne faceva conseguire come l’esclusione dell’anticipazione della detenzione domiciliare speciale non trovi una valida ragione giustificativa nel carattere sommario della decisione monocratica, rilevandosi però al contempo come tale esclusione, tuttavia, sacrifichi in termini astratti l’interesse del minore all’accudimento genitoriale, impedendo al Magistrato di sorveglianza di valutare le particolarità del caso concreto, il che si risolve in una violazione del favor minorile assicurato dall’art. 31 Cost..

Pertanto, imposto dall’identità della ratio di tutela del figlio in tenera età, l’allineamento dell’art. 47-quinquies ordin. penit. al comma 1-quater dell’art. 47-ter ordin. penit., per la Corte, riguarda anche il terzo periodo del comma medesimo a tenore del quale «[s]i applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4», quindi le disposizioni sull’applicazione provvisoria dell’affidamento in prova al servizio sociale, e da ciò discende che il magistrato di sorveglianza può applicare in via provvisoria la detenzione domiciliare speciale «quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione» e «al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione», a ciò provvedendo con ordinanza tipicamente interinale, la quale «conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente gli atti, che decide entro sessanta giorni».

L’allineamento dell’art. 47-quinquies ordin. penit. al combinato disposto degli artt. 47, comma 4, e 47-ter, comma 1-quater, ordin. penit., di conseguenza, per la Consulta, determina il riconoscimento della natura cautelare dell’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare speciale che viene disposta dal magistrato di sorveglianza con apprezzamento dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, mediante provvedimento di carattere interinale, cui deve seguire quello finale del collegio entro sessanta giorni, termine (ritenuto) idoneo a garantire la relativa brevità dell’anticipazione della misura.

Evidenziata quindi dal Giudice delle leggi riguardo all’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare “in surroga” di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, ordin. penit. (sentenza n. 245 del 2020), la natura cautelare del provvedimento, ciò a suo avviso comporta anche per la detenzione domiciliare speciale la possibilità della revoca anticipata da parte dello stesso organo monocratico qualora sopravvenienze di fatto contraddicano la prognosi favorevole da lui posta a base dell’ordinanza secondo una prospettiva che la giurisprudenza di legittimità ha già indicato per l’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare ordinaria (Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 19 dicembre 2018, n. 57540).

Tal che se ne faceva discendere come il provvedimento cautelare avvii un continuum procedimentale sottoposto alla vigilanza costante dell’organo monocratico, fino al giudizio del Tribunale di Sorveglianza che, lungi dall’avere ad oggetto la mera convalida del provvedimento stesso, verifica l’attuale sussistenza delle condizioni della misura richiesta dal detenuto (Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 22 febbraio 2021, n. 6761), tenuto conto altresì del fatto che, anche nell’applicazione urgente della detenzione domiciliare speciale, e nel corso della sua esecuzione, il Magistrato di sorveglianza può disporre procedure di controllo con mezzi elettronici, in base al potere attribuitogli dall’art. 58-quinquies, comma 1, ordin. penit., inserito dall’art. 3, comma 1, lettera h), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2014, n. 10.

Ciò posto, era altresì notato che, seppure da prospettive differenti, sia il giudice a quo, sia la difesa statale, sia la parte, richiamavano la sentenza n. 74 del 2020 con la quale era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 50, comma 6, ordin. penit., nella parte in cui non consentiva al magistrato di sorveglianza di applicare in via provvisoria la semilibertà “surrogatoria” dell’affidamento in prova e, pertanto, per quanto la fattispecie allora in scrutinio fosse differente, anche perché interessata dal principio di “gradualità” dei benefici penitenziari, che viceversa non rilevava nel caso di specie, quel precedente segnalava tuttavia la negativa incidenza dell’«attesa dei tempi – fisiologicamente più lunghi – richiesti per la decisione del tribunale di sorveglianza», incidenza la cui gravità, venendo in rilievo il preminente interesse del bambino alle cure del genitore, assume qui «una pregnanza particolare» (sentenze n. 187 del 2019, n. 76 del 2017 e n. 239 del 2014).

Pertanto, alla stregua di quanto sin qui enunciato, la Consulta, preso atto che la mancata previsione di una delibazione urgente nell’interesse del minore, ai fini dell’anticipazione cautelare della detenzione domiciliare speciale, impedisce il vaglio di quell’interesse in comparazione con le esigenze di difesa sociale ed è suscettibile di determinare l’ingresso del bambino in istituti per minori nella non breve attesa della decisione collegiale, esito che viceversa può essere evitato quando lo consenta una prognosi favorevole riveniente dal buon pregresso carcerario del genitore, riteneva come l’astrattezza del diniego normativo, rapportata alla sola entità della pena in espiazione, vulnerasse il favor per gli istituti di protezione del figlio in tenera età, assicurato dall’art. 31, secondo comma, Cost., «da leggersi anche alla luce delle disposizioni internazionali e sovranazionali che ne arricchiscono e completano il significato» (sentenza n. 187 del 2019).

L’art. 47-quinquies, commi 1, 3 e 7, della legge n. 354 del 1975 era quindi dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 31 Cost., nella parte in cui non prevede che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al magistrato di sorveglianza, che può disporre l’applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 47, comma 4, della medesima legge.

Conclusioni

Nella decisione qui in esame, dopo un lungo e articolato ragionamento giuridico, i giudici di legittimità costituzionale hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, commi 1, 3 e 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al Magistrato di sorveglianza, che può disporre l’applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 47, comma 4, della medesima legge.

Di conseguenza, per effetto di questa pronuncia, in relazione a quanto previsto dall’art. 47-quinquies della legge n. 354/1975, ai commi 1, 3 e 7, è ora previsto che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al Magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 47, comma 4, della medesima legge, le quali a loro volta dispongono quanto segue: “All’atto della scarcerazione è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto deve seguire nei rapporti con il servizio sociale”.

Di conseguenza, ove ricorra una delle condizioni contemplate ai commi summenzionati dell’art. 47-quinquies della legge n. 354/1975, e, quindi, per le condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, nel caso in cui il Tribunale di Sorveglianza disponga la detenzione domiciliare speciale, anche a favore del  padre detenuto, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, per effetto di questa pronuncia, è ora possibile proporre – allorché ricorra un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore – istanza di detenzione domiciliare al Magistrato di sorveglianza che, a sua volta, può disporre l’applicazione provvisoria della misura e, nel qual caso, all’atto della scarcerazione, è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto deve seguire nei rapporti con il servizio sociale.

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Sentenza collegata

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