Protezione internazionale umanitaria: gli elementi che il giudice deve valutare

Per la concessione della protezione internazionale, il Tribunale deve comparare la situazione familiare nel Paese di origine con quella in Italia.

Ai fini della concessione della protezione internazionale umanitaria, il Tribunale deve valutare il periodo di permanenza sul territorio, i motivi dell’eventuale interruzione del rapporto di lavoro, il comportamento dell’istante durante il periodo di disoccupazione eventualmente rilevante ai fini penali, ma anche comparare la situazione familiare nel Paese di origine con quella creatasi in Italia nel corso della lunga permanenza sul territorio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (Sezione I Civile, Ordinanza 8 marzo 2023, n. 6971). Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza.

Indice

1. L’attività politica svolta in Bangladesh


Un uomo nato in Bangladesh ha impugnato il provvedimento, reso dal Ministero dell’Interno che ha rigettato la sua domanda di protezione internazionale e, sotto altro profilo, non ha ravvisato i presupposti per il riconoscimento di altre forme di protezione ai sensi della normativa vigente. In audizione amministrativa, il ricorrente ha riferito di avere svolto attività politica per conto del partito sin dal 2002 e di essere stato eletto presidente del per una sezione nel 2005 ma che, in seguito al cambio di governo avvenuto nel 2006, era stato aggredito e preso di mira da alcuni membri di organizzazioni locali, per cui si era dovuto nascondere, chiedendo ospitalità a diversi amici, per poi trasferirsi a Dacca presso la zia paterna, formalizzando in seguito la domanda per poter entrare in Italia tramite la cosiddetta “procedura flussi” e arrivando in Italia nel 2010 per via aerea. In ipotesi di rimpatrio teme di essere ucciso o incarcerato. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza.

FORMATO CARTACEO

Immigrazione, asilo e cittadinanza

Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.

 

Paolo Morozzo della Rocca | Maggioli Editore

2. Il soggiorno regolare in Italia


L’uomo ha osservato che il decreto impugnato non ha fatto riferimento, in sede di valutazione, alla lunga durata del suo soggiorno in Italia, iniziato nel 2010 con regolare ingresso nell’ambito del decreto flussi e con regolare permesso di soggiorno ottenuto per alcuni anni, a conferma di un suo precedente positivo inserimento sociale nello Stato italiano, che si è interrotto per alcuni anni senza sua colpa avendo perso il lavoro, avendo comunque sempre osservato le regole ed i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico senza commettere alcun reato per vivere durante il periodo di irregolarità e di difficoltà personale, inserimento sociale che è ripreso nel corso del 2022 a seguito della domanda di asilo proposta e del percorso scolastico e formativo intrapreso con una cooperativa di accoglienza per migranti, che lo ha assunto come collaboratore con regolare contratto di sei mesi.

3. Integrazione sociale insufficiente per il Tribunale


Il Tribunale aveva statuito che non vi fossero elementi per ritenere che l’uomo avesse raggiunto un adeguato livello di integrazione sociale, tenuto conto che non era stata prodotta documentazione comprovante lo svolgimento di un’attività lavorativa sufficientemente stabile e con retribuzione adeguata. Le uniche allegazioni documentali si limitavano all’UNILAV che ha attestato l’esistenza di un contratto di lavoro della durata di un mese nel corso del 2023 e la partecipazione ad alcuni corsi di formazione. Inoltre, non era apparso decisivo nemmeno il richiamo alla situazione di sicurezza e di rispetto dei diritti umani relativa al Paese d’origine del ricorrente.

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4. La valutazione del periodo di permanenza per la protezione internazionale


La censura è stata reputata fondata, la motivazione carente poiché non si è fondata su una valutazione complessiva degli esiti probatori, omettendo indagini su aspetti che potrebbero essere decisivi. Non valuta il periodo di permanenza sul territorio risalente a 14 anni fa, poiché il richiedente era arrivato in Italia nel 2010 con regolare ingresso nell’ambito del decreto flussi e con regolare permesso di soggiorno ottenuto per alcuni anni. Non sono state indagate le motivazioni esistenti per l’interruzione del rapporto di lavoro; né tantomeno sul suo comportamento durante il periodo di disoccupazione eventualmente rilevante ai fini penali, non ha considerato o meglio comparato la sua situazione familiare nel Paese di origine con quella creatasi in Italia vista la lunga permanenza sul territorio italiano.

5. La cassazione del decreto del Tribunale


Il decreto impugnato è stato cassato con rinvio al Tribunale, che si atterrà a quanto indicato dalla medesima Corte, e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Avv. Biarella Laura

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