L’attuale normativa sul riconoscimento della cittadinanza per jus sanguinis negli ultimi anni ha evidenziato un incremento abnorme delle istanze tanto che il ministero degli Esteri e della Cooperazione sociale ha stimato che gli oriundi italiani nel mondo che potrebbero chiedere il riconoscimento della cittadinanza con la legge vigente sono potenzialmente tra i 60 e gli 80 milioni. Per far fronte a questa situazione che potrebbe portare alla paralisi dei Comuni italiani, dei consolati esteri e degli uffici giudiziari, il Consiglio dei ministri in data 28 marzo 2025 ha approvato un decreto-legge e due disegni di legge per riformare le regole per ottenere la cittadinanza italiana con lo ius sanguinis, principio per il quale una persona può essere riconosciuta come italiana se è discendente di un cittadino o di una cittadina italiana. L’obiettivo della riforma è contrastare gli abusi che hanno permesso alle persone straniere con avi italiani di chiedere e ottenere la cittadinanza senza avere nessun legame con l’Italia, senza parlare italiano e senza mai essere state in Italia. I provvedimenti, che potrebbero forse non essere legittimi con riferimento allo strumento del decreto legge approvato, privo del requisito della straordinaria necessità e urgenza, appaiono tuttavia necessari per contrastare pratiche poco corrette, salvaguardando il diritto alla cittadinanza per i nostri connazionali meritevoli del riconoscimento in questione. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza.
Indice
1. Cenni sulla concessione della cittadinanza
L’istituto della cittadinanza costituisce una delle principali espressioni della sovranità dello Stato al quale, non a caso, l’art. 117 Cost. riconosce competenza legislativa esclusiva.[1]
La materia, disciplinata per la prima volta in modo organico nel 1912, è stata regolamentata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante “Nuove norme sulla cittadinanza”, che ha introdotto elementi di novità significativi, pur nella continuità, per taluni aspetti, con la normativa previgente. Si pensi, in particolare, alla prevalenza del principio dello jus sanguinis (“diritto di sangue”) che l’attuale governo ha inteso modificare.
Tuttavia, l’aspetto più significativo della citata legge n.91/1992 risiede nel fatto che essa rappresenta la prima riforma organica della cittadinanza in epoca repubblicana.
La legge in esame contiene, inoltre, tra le principali novità, sia disposizioni volte alla naturalizzazione di discendenti da cittadini italiani per nascita, sia disposizioni che hanno l’obiettivo di favorire il riacquisto della cittadinanza da parte di ex connazionali. Ciò al fine di dare concreta risposta alle pressanti istanze provenienti dalle comunità di nostri connazionali residenti in Paesi di vecchia immigrazione (soprattutto Argentina e Brasile) che intravedevano nel rientro in Italia una possibile via d’uscita dalle difficili situazioni politiche e socio-economiche di quegli Stati; fenomeno questo che ora si intende contrastare in quanto ha assunto dimensioni abnormi.
I principi generali maggiormente innovatori della legge del 1992, che informano tutte le norme di dettaglio, possono così essere sintetizzati: principio della parità tra uomo e donna, principio volontaristico, possibilità della doppia cittadinanza, volontà di evitare condizioni di apolidia.[2]
Fino al 1948 non era così: la cittadinanza italiana si trasmetteva solo per via paterna. Quindi se una cittadina italiana aveva sposato uno straniero prima di quell’anno i suoi figli e discendenti non potevano essere riconosciuti come cittadini italiani. L’entrata in vigore della Costituzione, nel 1948, garantì una maggiore parità di diritti e da quel momento lo ius sanguinis iniziò a valere anche per i figli di donne sposate con stranieri. Diverse sentenze hanno in seguito chiarito che il diritto allo ius sanguinis è valido anche per i discendenti di donne italiane nati prima del 1948.
Per quanto concerne il presente lavoro, è opportuno soffermarsi sull’acquisto della cittadinanza per nascita. L’art. 1 della legge n.91/1992, nell’individuare i casi di attribuzione della cittadinanza per filiazione, sancisce il principio dello jus sanguinis, nonostante l’esistenza di ipotesi in cui l’acquisto della cittadinanza italiana, in ossequio al criterio dello jus soli, possa dipendere dalla circostanza che la nascita sia avvenuta nel territorio della Repubblica.
Secondo l’art. 1 della legge, è cittadino italiano per nascita il figlio di padre o di madre cittadini italiani, nonché chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi oppure se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
Tale normativa prevede dunque che il figlio di padre o madre cittadini acquisti la cittadinanza, a prescindere dal luogo di nascita (in Italia o all’estero) e dalla circostanza di essere figlio legittimo o naturale, purché almeno uno dei genitori sia italiano. Pertanto, anche chi riusciva a dimostrare una discendenza diretta da un cittadino italiano poteva farne richiesta e vedersi concessa la cittadinanza. In tal modo, quindi, il legislatore del 1992 ha collegato l’acquisto della cittadinanza al rapporto di filiazione, dando così risalto al principio dello jus sanguinis.
Inoltre, in presenza di determinate condizioni, l’art. 4 della legge del 1992, prevede che possa acquistare la cittadinanza lo straniero o l’apolide del quale il padre, la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado siano stati cittadini per nascita.
La prima fattispecie ricorre quando l’interessato abbia prestato effettivo servizio militare per lo Stato Italiano, previa dichiarazione di voler acquisire la cittadinanza. Altra ipotesi si ha quando l’interessato abbia assunto un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiari di voler acquistare la cittadinanza italiana. Infine, l’acquisto della cittadinanza avviene se, al raggiungimento della maggiore età, l’interessato risieda legalmente da almeno due anni nel territorio italiano e dichiari, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza.
In base a questo principio, la legge riconosceva come cittadini italiani tutti coloro che potevano dimostrare di aver avuto un antenato italiano vivo al momento della proclamazione del Regno d’Italia nel 1861.
Relativamente alle modalità del procedimento di riconoscimento del possesso jure sanguinis della cittadinanza italiana, le stesse sono state formalizzate nella circolare n. K.28.1 dell’8 aprile 1991 del Ministero dell’Interno, la cui validità giuridica non risulta intaccata dalla successiva entrata in vigore della legge n. 91/1992 e che ora sono state modificate.
L’autorità competente ad effettuare l’accertamento è determinata in base al luogo di residenza: per i residenti all’estero è l’Ufficio consolare territorialmente competente.
La procedura per il riconoscimento si sviluppa nei seguenti passaggi:
- accertare che la discendenza abbia inizio da un avo italiano (con la precedente normativa non c’erano limiti di generazioni);
- verificare che l’avo cittadino italiano abbia mantenuto la cittadinanza sino alla nascita del discendente. La mancata naturalizzazione o la data di un’eventuale naturalizzazione dell’avo deve essere comprovata mediante attestazione rilasciata dalla competente Autorità straniera;
- comprovare la discendenza dall’avo italiano mediante gli atti di stato civile di nascita e di matrimonio; atti che devono essere in regola con la legalizzazione, se richiesta, e muniti di traduzione ufficiale;
- attestare che né l’istante né gli ascendenti hanno mai rinunciato alla cittadinanza italiana interrompendo la catena di trasmissione della cittadinanza, mediante appositi certificati rilasciati dalle competenti Autorità diplomatico consolari italiane.
Il richiedente ha l’onere di presentare l’istanza corredata dalla prescritta documentazione volta a dimostrare i requisiti sopra elencati. Tale istanza deve essere presentata all’Ufficio consolare nell’ambito della cui circoscrizione risiede lo straniero originario italiano.
La trattazione del sistema normativo inerente la cittadinanza non sarebbe completo senza l’esame delle due leggi speciali che, alle particolari condizioni stabilite dalle stesse e dalle circolari applicative, consentono o hanno consentito il riconoscimento della cittadinanza italiana a numerosi soggetti.
Si tratta della legge 14 dicembre 2000, n. 379, recante “Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza alle persone nate e già residenti nei territori appartenenti all’impero austro-ungarico e ai loro discendenti” e della legge 8 marzo 2006, n.124, recante “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, concernenti il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e ai loro discendenti”.
In entrambi i casi, si tratta di un acquisto ex lege della cittadinanza, che non postula un procedimento di concessione, ma un’attività di riconoscimento a seguito di un’istruttoria che verifichi la sussistenza dei requisiti di legge.
Quanto alla legge n.379/2000 essa prevedeva che le persone originarie dei territori individuati all’art. 1, comma 1, già appartenuti all’impero austro-ungarico, emigrate all’estero prima del 16 luglio 1920 e i loro discendenti, potessero ottenere il riconoscimento della cittadinanza, qualora presentassero una dichiarazione in tal senso entro cinque anni dall’entrata in vigore della legge, vale a dire entro il 20 dicembre 2005, termine prorogato di altri cinque anni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.
Al contrario di tale norma, è ancora in vigore la legge n. 124/2006, riguardante le istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana dei connazionali dell’Istria, di Fiume, della Dalmazia e dei loro discendenti. Tale normativa, che ha introdotto nella legge del 1992 gli artt. 17-bis e 17-ter, ha previsto il riconoscimento della cittadinanza italiana per due categorie di ex cittadini italiani:1) i destinatari del diritto di mozione previsto dal trattato di pace di Parigi del 1947; 2) i destinatari del diritto, riconosciuto dal trattato di Osimo del 1975, di trasferire la propria residenza dalla zona B alla zona A (territorio italiano), categorie di soggetti che, non essendosi avvalsi delle facoltà loro riconosciute, avevano perduto la cittadinanza italiana; analogo diritto è riconosciuto ai figli e discendenti in linea retta di tali soggetti, purché di lingua e cultura italiana. Anche tale legge deve ora essere adeguata alla nuova normativa. Per approfondire il tema dell’immigrazione consigliamo il volume: Immigrazione, asilo e cittadinanza.
Immigrazione, asilo e cittadinanza
Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.
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2. Il decreto legge n. 36 del 28 marzo 2025
Secondo una nota della Farnesina, i Paesi di maggiore emigrazione italiana hanno avuto negli ultimi anni un forte incremento di riconoscimenti della cittadinanza. Dalla fine del 2014 alla fine del 2024 i cittadini residenti all’estero sono aumentati da circa 4,6 milioni a 6,4 milioni: un aumento del 40% in 10 anni. Ad esempio, l’Argentina è passata dai circa 20.000 del 2023 a 30.000 riconoscimenti l’anno successivo; il Brasile è passato da oltre 14.000 nel 2022 a 20.000 lo scorso anno; il Venezuela contava quasi 8.000 riconoscimenti nel 2023. Gli oriundi italiani nel mondo che potrebbero chiedere il riconoscimento della cittadinanza con la legge vigente sono potenzialmente tra i 60 e gli 80 milioni. Al momento i procedimenti giudiziari pendenti per l’accertamento della cittadinanza sono oltre 60mila, spesso giacenti nei tribunali italiani che non riescono a smaltire tutte le pratiche.[3]
Addirittura esiste un team nella F.I.G.C. che ha il compito di ricercare per il mondo i calciatori più bravi e promettenti con genitori italiani sfruttando i gradi di parentela. Con la precedente normativa era quindi possibile far ottenere il passaporto ad atleti che avevano avi in Italia anche più di cento anni fa. Pertanto, se lo Stato non dovesse conferire la cittadinanza per merito, la federazione dovrà affinare le sue ricerche per rimanere competitiva.[4]
Per far fronte a questa situazione, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge n.36/2025 (“Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza”) approvato il 28 marzo scorso e due disegni di legge per riformare le regole per ottenere la cittadinanza italiana mediante lo ius sanguinis, per il quale una persona può essere riconosciuta come italiana se è discendente di un cittadino o di una cittadina italiana. L’obiettivo della riforma è contrastare gli abusi che hanno permesso alle persone straniere con avi italiani di chiedere e ottenere la cittadinanza senza avere nessun legame con l’Italia, senza parlare italiano e senza mai essere state in Italia; ma è anche quello di alleggerire il lavoro per i Comuni italiani, i consolati esteri e gli uffici giudiziari che sono a rischio di paralisi.[5]
Il governo ha quindi deciso di regolamentare la materia in due fasi. Il decreto legge n.36/2025 prevede che i discendenti nati all’estero saranno automaticamente cittadini italiani soltanto per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore, un nonno o una nonna nati in Italia sarà cittadino dalla nascita. Gli stessi discendenti avranno automaticamente la cittadinanza italiana se nascono in Italia oppure se prima della loro nascita uno dei loro genitori aveva abitato per almeno due anni continuativi in Italia.
In particolare l’art. 1 del decreto prevede, tra l’altro, che la cittadinanza può essere acquistata se:
“[…] c) un genitore o adottante cittadino è nato in Italia;
d) un genitore o adottante cittadino è stato residente in Italia per almeno due anni continuativi prima della data di nascita o di adozione del figlio;
e) un ascendente cittadino di primo grado dei genitori o degli adottanti cittadini è nato in Italia […]”.
In questo modo, se un cittadino italiano non ha mai risieduto nel nostro Paese, non potrà trasmettere la cittadinanza ai figli per discendenza.
Inoltre, spiega il ministero degli Esteri, “si impone di mantenere nel tempo legami reali con il nostro Paese, esercitando i diritti e i doveri del cittadino almeno una volta ogni venticinque anni”. In questo modo, se un cittadino italiano non ha mai risieduto nel nostro Paese, non potrà trasmettere la cittadinanza ai figli per discendenza.
Per evitare una transizione troppo rapida, sarà riconosciuto cittadino italiano chi ha già presentato una domanda documentata entro la mezzanotte dello scorso 27 marzo. Il governo specifica anche che chi ha già avuto la cittadinanza dopo un riconoscimento di un tribunale, di un Comune o di un consolato continuerà ad avere la cittadinanza.
Nella seconda fase, normata da un disegno di legge, si introdurranno nuove modifiche più sostanziali. Per esempio, verrà imposto a chi ha la cittadinanza di esercitare i diritti e i doveri dei cittadini almeno una volta ogni 25 anni. Basterà rinnovare il passaporto o la carta d’identità, votare, aggiornare lo stato civile, o comunque avere un minimo contatto con la pubblica amministrazione italiana. Le persone nate all’estero dovranno inoltre registrare il loro atto di nascita prima di compiere 25 anni, altrimenti non potranno chiedere in seguito la cittadinanza.
Un’altra novità introdotta per incentivare l’immigrazione di ritorno riguarda i coniugi di cittadini italiani, che potranno continuare a ottenere la naturalizzazione e quindi la cittadinanza solo se abitano in Italia.
Il disegno di legge chiarisce anche l’interpretazione di una norma su cui negli anni ci sono state diverse contestazioni: la trasmissione della cittadinanza italiana per via materna vale per tutte le persone nate dopo il 1° gennaio 1927, ovvero a chi era ancora minorenne il giorno dell’entrata in vigore della Costituzione, cioè l’1 gennaio del 1948 (a quel tempo la maggiore età in Italia si raggiungeva a 21 anni). Grazie a questo chiarimento, molte persone non saranno più costrette a rivolgersi ai tribunali per ottenere la cittadinanza, come fatto finora, ma potranno presentare la domanda ai Comuni o agli uffici dei consolati.
L’ultimo punto della riforma consiste in un secondo disegno di legge approvato per modificare le procedure burocratiche: chi abita all’estero non dovrà più rivolgersi ai consolati per ottenere la cittadinanza, ma a un nuovo ufficio centralizzato gestito dal ministero degli Esteri. L’obiettivo è rendere le procedure più rapide e snelle e prevenire pressioni e irregolarità scoperte negli ultimi anni in molti consolati. Il disegno di legge prevede di attivare il nuovo ufficio al massimo entro un anno: fino ad allora bisognerà rivolgersi ancora ai consolati.
Nonostante ciò, le domande non saranno compilabili online, ma tutta la documentazione dovrà pervenire all’ufficio del ministero per posta e solo dopo la pratica verrà digitalizzata, con le comunicazioni che, invece, arriveranno solo per via telematica. Tuttavia, una maggiore concentrazione potrebbe determinare più tempo necessario per smaltire il crescente numero di domande; non a caso, si allungano i tempi dell’istruttoria, con i limiti che passano da 24 a 48 mesi. Oltre a queste restrizioni, per frenare le risposte positive alla cittadinanza potrebbe esserci anche il limite che si vuole imporre al numero di richieste che possono essere accettate annualmente.[6]
È previsto, inoltre, un aumento del costo per chiedere la cittadinanza: il ministro degli Esteri ha infatti riferito che l’obiettivo è alzare il prezzo a 700 euro per sostenere i costi che sostengono i Comuni. Lo stesso ministro ha anche spiegato che grazie alle nuove regole verranno regolarizzate le procedure delle agenzie straniere che gestiscono le pratiche per l’ottenimento della cittadinanza.
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3. Conclusioni
Si deve preliminarmente prendere atto che la crescente domanda di integrazione derivante dall’imponente fenomeno dell’immigrazione di stranieri di solito privi di alcun legame precedente con l’Italia mantiene vivo il dibattito politico sull’opportunità di una modifica della legge del 1992 che tenga conto delle istanze dei sempre più numerosi stranieri residenti in Italia, per i quali la cittadinanza italiana rappresenta l’esito ideale di un percorso di inserimento nel tessuto politico, sociale, economico e culturale del nostro Paese.[7]
Ne è una riprova il referendum ammesso dalla Corte costituzionale, con ordinanza del 20 gennaio 2025, che si terrà nei giorni 8 e 9 giugno di quest’anno, in cui è previsto il dimezzamento da dieci a cinque anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana.
L’attuale provvedimento del governo va in una direzione opposta, anche se si può considerare ampiamente motivato tenuto conto dei dati forniti dal ministero degli Esteri e della Cooperazione sociale.
Negli anni, infatti, la cittadinanza è stata riconosciuta anche a persone senza alcun legame concreto con l’Italia ma che discendevano alla lontana da un avo italiano.
Il fenomeno più comune è quello degli oriundi nel mondo dello sport, cioè atleti (soprattutto argentini e brasiliani) “naturalizzati” perché discendenti da antenati italiani, come ad esempio i calciatori della nazionale Mauro Gérman Camoranesi, Jorginho e Thiago Motta.
Il caso più emblematico è quello del fuoriclasse Lionel Messi. L’argentino è in possesso della cittadinanza italiana grazie al suo trisavolo Angelo Messi, nato nel 1886 a Recanati, in provincia di Macerata, e poi emigrato in Argentina. Nel 2010 il padre di Leo, Jorge, si è recato in quel Comune per ottenere la cittadinanza italiana per il figlio; oggi, con la nuova normativa non gli verrebbe più concessa.[8]
Pertanto, come ha precisato il ministro degli Esteri “La riforma è di grande importanza perché punta a rinforzare il legame tra chi vuole essere cittadino italiano e l’Italia”. In questo modo “Non verrà meno il principio dello jus sanguinis e molti discendenti degli emigrati potranno ancora ottenere la cittadinanza italiana, ma verranno posti limiti precisi soprattutto per evitare abusi o fenomeni di commercializzazione dei passaporti italiani”.
Pertanto, la nuova normativa libererà risorse per rendere i servizi consolari più efficienti, nella misura in cui questi potranno dedicarsi in via esclusiva a chi ne ha una reale necessità in virtù del suo concreto legame con l’Italia. Secondo la Farnesina, infatti, “il sistema attuale si ripercuote sull’efficienza degli uffici amministrativi o giudiziari italiani, messi sotto pressione da chi si reca in Italia solo nel tentativo di accelerare l’iter del riconoscimento della cittadinanza, alimentando anche frodi o pratiche scorrette”.
L’intento è rendere più efficienti le procedure, con economie di scala evidenti. I consolati dovranno concentrarsi sull’erogazione dei servizi a chi è già cittadino e non più a “creare” nuovi cittadini. Il provvedimento contiene infine altre misure per migliorare e modernizzare l’erogazione dei servizi: legalizzazioni, anagrafe, passaporti, carte d’identità valide per l’espatrio.
Si potrebbe, tuttavia, discutere se il provvedimento in esame contenga i requisiti previsti per l’emanazione di un decreto-legge adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal governo ai sensi dell’art. 77 , comma 2, della Costituzione e regolato dall’art. 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Infatti, anche se il sindacato sulla necessità e l’urgenza dell’atto è di natura prettamente politica, tuttavia è possibile una conseguente valutazione, anche solo sotto il profilo formale; per cui è accaduto che la Corte costituzionale[9] abbia dichiarato incostituzionale un comma di un decreto in materia di enti locali per mancanza dei requisiti di necessità e urgenza. Di conseguenza una declaratoria d’illegittimità costituzionale da parte della Consulta produrrebbe effetti anche sulla legge di conversione eventualmente approvata dal Parlamento o pubblicata in Gazzetta Ufficiale prima della pronuncia, rendendola nulla. E nella fattispecie in esame non sembra che sussistano i citati requisiti previsti dalla Carta costituzionale, in quanto gli scopi prefissati si sarebbero potuti realizzare con un disegno di legge ordinario, considerata anche la solida maggioranza dell’attuale governo.
In conclusione si ritiene che, al di là degli aspetti formali evidenziati, il provvedimento sia sufficientemente motivato e costituisca uno strumento efficace per contrastare pratiche poco corrette, salvaguardando tuttavia il diritto alla cittadinanza per i nostri connazionali meritevoli del riconoscimento in questione.
Note
[1] G. Barbaro, G. Capuzzi, La cittadinanza italiana, in Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno a cura di Maria Teresa Sempreviva Dike, 2017
[2] Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione, Direzione Centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze (a cura di), io cittadino. Regole per la cittadinanza italiana, Franco Angeli, Milano, 2009.
[3] Redazione, Cittadinanza italiana e ius sanguinis, cosa cambia con la stretta del Governo? I requisiti, in SKY TG 24 del 28 marzo 2025.
[4] G. Lengua, Retegui e Jorginho non sarebbero azzurri, “punteremo ai talenti con due passaporti”, ne Il Quotidiano di Puglia del 29 marzo 2025.
[5] Redazione, Come cambiano le regole per avere la cittadinanza con lo ius sanguinis, in Il Post del 28 marzo 2025.
[6] F.Q., Limiti alla discendenza e Consolati esclusi: ok alla stretta sulla cittadinanza. Ma nel governo è già tensione, in Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2025.
[7] G. Barbaro, G. Capuzzi, La cittadinanza italiana, in Ordinamento e attività istituzionali del Ministero dell’Interno, cit.
[8] F. Gozzo, Stretta del governo Meloni sulla cittadinanza per i discendenti di italiani all’estero: cosa cambia, in Euro news del 1° aprile 2025.
[9] Sentenza n. 171 del 2007.
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