Project financing: profili generali dell’istituto con particolare riferimento alla fase della valutazione della proposta di cui all’art. 154 d.lgs. 165/06.

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  • Project financing: profili generali dell’istituto
  • La fase della valutazione della proposta di cui all’art. 154 d.lgs. 165/06: nota a Cons. Stato n. 6287/05
 
Project financing: profili generali dell’istituto
 
Il project financing è una particolare tecnica finanziaria che, fondamentalmente, consente la realizzazione di opere pubbliche mediante l’impiego di risorse totalmente o parzialmente private, senza, dunque, rilevanti oneri finanziari a carico della Amministrazione Pubblica interessata all’opera in questione.[1]
Questo istituto è attualmente previsto e regolato nei dettagli dagli artt. 153 e ss. del c.d. Codice dei contratti pubblici[2], entrato in vigore nel recente 2006.
In realtà, gli artt. 153 e ss. del Codice dei contratti pubblici altro non sono che l’esatta riproduzione degli artt. 37 bis e ss. della ormai abrogata l. 109/94 (c.d. Legge Merloni), così come modificata dalla   l. 415/98 (c.d. Merloni Ter).
Ebbene, alla luce di quanto espressamente disposto dall’art. 153 d.lgs. 165/06, determinati soggetti qualificati, detti promotori[3], in conformità a quanto emerge dalla programmazione triennale dei lavori pubblici di cui all’art. 128 d.lgs. 165/06 o dagli strumenti di programmazione formalmente approvati dalle amministrazioni aggiudicatrici sulla base della normativa vigente, possono presentare alle amministrazioni interessate delle proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici mediante contratti di concessione di costruzione e gestione e, soprattutto, mediante l’impiego di risorse, in tutto o in parte, private.
Dato, quindi, che lo strumento tecnico-giuridico necessario per la realizzazione di lavori pubblici in regime di project financing è il contratto di concessione di costruzione e gestione[4], le opere che possono essere interessate da questo istituto estremamente importante sono esclusivamente quelle in grado di generare flussi di cassa tali da consentire al concessionario la possibilità di ammortizzare i costi sostenuti per la realizzazione dell’opera e di ottenere un eventuale profitto aggiuntivo.
In pratica, le opere realizzabili in regime di project financing sono esclusivamente le c.d. opere calde, vale a dire quelle opere che consentono lo svolgimento di una attività organizzata di tipo imprenditoriale, caratterizzata da una serie continua di costi e di ricavi.
Quanto detto, vale, senz’altro, per quanto riguarda la realizzazione di opere pubbliche secondo il regime del c.d. project financing puro, quello, cioè, caratterizzato dall’impiego di risorse totalmente private.
Una precisazione va fatta, invece, per quanto riguarda la realizzazione di opere pubbliche secondo il regime del c.d. project financing spurio, quello, cioè, caratterizzato dall’impiego di risorse soltanto parzialmente private.
Ai sensi di quanto disposto dall’art. 143 c.4 d.lgs.165/06, infatti, l’amministrazione concedente può corrispondere al concessionario un prezzo aggiuntivo, a titolo di integrazione, finalizzato sostanzialmente ad assicurargli il perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti.
Alla luce, dunque, di questa previsione normativa, attualmente, nel nostro ordinamento, è possibile realizzare in regime di project financing anche opere, la cui gestione, di per sé, non risulta sufficiente a garantire al concessionario dei flussi di cassa tali da ammortizzare integralmente i costi sostenuti per la realizzazione delle opere in questione.
In ogni caso, però, dal momento che il contributo fornito dalla amministrazione concedente è un contributo di natura meramente integrativa[5], la gestione dell’opera da realizzare deve, comunque, essere in grado di garantire la copertura della differenza fra il costo complessivo della realizzazione dell’opera e l’ammontare del contributo accordato dalla amministrazione concedente.[6]
Il legislatore ha, poi, dettato una particolare disciplina sia per quanto riguarda i termini per la presentazione delle proposte da parte degli aspiranti promotori sia per quanto riguarda il contenuto specifico delle proposte stesse.
In particolare, per espressa previsione legislativa, le proposte devono essere presentate entro il 30 Giugno di ogni anno; se, però, entro questo termine non viene presentata alcuna proposta, allora il termine in questione è prorogato fino al 31 Dicembre del medesimo anno.
Per quanto riguarda, invece, il contenuto specifico delle proposte, va detto che, sempre alla luce di quanto disposto dall’art. 153 c.1 d.lgs. n. 165/06, esse devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un soggetto qualificato[7], una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, l’indicazione degli elementi relativi alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche dell’opera espressamente indicati dall’art. 83 c.1. d.lgs. 165/06[8] e, infine, l’indicazione delle garanzie offerte dal promotore alla amministrazione aggiudicatrice.
Tra le varie componenti della proposta dell’aspirante promotore, un ruolo centrale è rivestito, senz’altro, dal piano economico-finanziario; in particolare, all’interno del piano economico-finanziario il promotore è chiamato ad esporre le previsioni dei costi dell’intervento e dei ricavi che egli ritiene di poter conseguire dalla gestione dell’opera.
In pratica, il piano economico-finanziario costituisce proprio lo strumento mediante il quale il promotore descrive alla amministrazione aggiudicatrice le condizioni finanziarie che egli considera necessarie per l’equilibrio economico dell’iniziativa e per la realizzazione stessa dell’opera.
Alla luce, dunque, della centralità del ruolo assolto dal piano economico-finanziario, la sua congruità costituisce una condizione preliminare essenziale ai fini dell’accertamento della fattibilità della proposta presentata nello specifico dall’aspirante promotore.[9]
In ogni caso, entro 15 gg. dalla ricezione della proposta, l’amministrazione aggiudicatrice deve, in primo luogo, provvedere alla nomina del responsabile del procedimento, con la conseguente comunicazione della stessa al promotore interessato; in più, l’amministrazione deve provvedere anche alla verifica della completezza della documentazione presentata e ad una eventuale richiesta di integrazione, qualora la documentazione dovesse essere incompleta.
A questo riguardo, per altro, secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, la richiesta di integrazione della documentazione presentata non dovrebbe essere consentita se la proposta risulta addirittura priva dei suoi elementi minimi ed essenziali, vale a dire il piano economico-finanziario, gli studi di inquadramento territoriale e ambientale e di fattibilità e la progettazione tecnica.
Se, infatti, la proposta è priva di uno dei suoi elementi minimi ed essenziali, l’amministrazione aggiudicatrice, anziché dover procedere alla richiesta di integrazione della documentazione, dovrebbe addirittura sancire, in via immediata, la non fattibilità della proposta in questione.
A questo riguardo, per altro, va osservato che una parte della giurisprudenza[10] sul punto ha compiuto una distinzione.
Secondo questa ala della giurisprudenza, infatti, l’integrazione della proposta nei suoi elementi minimi ed essenziali dovrebbe essere consentita nell’ipotesi in cui è stata presentata una sola proposta. La ratio di questa interpretazione risiede fondamentalmente nella assenza, in questo caso, della esigenza di tutelare gli interessi di soggetti terzi, fermo restando, ovviamente, il perseguimento dell’interesse pubblico, a cui l’azione amministrativa è, per sua stessa natura, preordinata.
Una volta ricevute tutte le proposte e accertata la completezza della documentazione, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a compiere una attenta valutazione di ciascuna singola proposta; questa valutazione, per altro, secondo la più recente giurisprudenza[11], si articola in due fasi legate fra loro da un rapporto di pregiudizialità.
In primo luogo, infatti, l’amministrazione aggiudicatrice deve procedere alla valutazione della fattibilità delle proposte non solo sotto il profilo costruttivo, urbanistico e ambientale, ma anche sotto il profilo della qualità progettuale, della funzionalità e della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, dei costi di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori, delle tariffe da applicare, delle metodologie di aggiornamento delle stesse, della attendibilità del piano economico-finanziario e del contenuto della bozza di convenzione.
Una volta accertata la fattibilità delle proposte presentate, l’amministrazione aggiudicatrice deve, poi, procedere alla individuazione delle proposte che reputa di pubblico interesse, eventualmente a seguito di un esame comparato delle stesse.
A questo punto, entro 3 mesi dal formale accertamento del pubblico interesse di una determinata proposta, l’amministrazione aggiudicatrice deve indire una gara da svolgere con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ponendo alla base di questa gara il progetto preliminare presentato dal promotore, la cui proposta è stata dichiarata di pubblico interesse.
Questa gara, tuttavia, non si conclude assolutamente con l’aggiudicazione della concessione, bensì si conclude con la semplice individuazione delle due migliori offerte da porre a confronto con quella del promotore; non a caso, proprio per questa ragione, il promotore è escluso dalla partecipazione a questa prima gara ad evidenza pubblica.
In ogni caso, una volta conclusasi questa gara preliminare, come accennato, si apre una procedura negoziata fra il promotore e i soggetti che hanno presentato le due migliori offerte nella gara preliminare; questa procedura si conclude, ovviamente, con l’aggiudicazione della concessione.
A questo riguardo, però, va precisato che, se al termine della procedura negoziata di cui all’art. 155 c.1 lett. b) d.lgs. 156/06 all’offerta del promotore viene preferita l’offerta di un altro soggetto, il promotore ha, comunque, il diritto di adeguare la propria proposta a quella ritenuta più adeguata dalla amministrazione, con la conseguente aggiudicazione della concessione.
Come si può vedere, quindi, al promotore è riconosciuto un importantissimo diritto di prelazione.
La previsione di questo diritto di prelazione a favore del promotore ha, tuttavia, portato le istituzioni comunitarie ad avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la violazione dei principi di concorrenza e di parità di trattamento.
Il legislatore italiano, però, con la legge comunitaria 2004[12], anziché eliminare la previsione del diritto di prelazione a favore del promotore, così come auspicato dalle istituzioni comunitarie, ha semplicemente posto a carico dell’amministrazione aggiudicatrice l’obbligo di indicare, nell’avviso volto a rendere pubblica la sussistenza, nei documenti di programmazione, di interventi realizzabili in regime di project financing, sia i criteri in base ai quali dovrà, eventualmente, valutare in chiave comparata le proposte presentate dagli aspiranti promontori, sia il riconoscimento del diritto di prelazione a favore del promotore, a parità di condizioni con l’offerta giudicata migliore al termine della procedura negoziata di cui all’art. 155 c.1 lett.b) d.lgs.165/06.
In ogni caso, nell’ipotesi del mancato esercizio del diritto di prelazione dal parte del promotore, egli ha, comunque, diritto ad ottenere il rimborso, da parte dell’aggiudicatario della concessione, delle spese sostenute per la predisposizione della proposta.[13]
In ultimo, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 156 e ss., il soggetto aggiudicatario della concessione ha, almeno in via generale, la facoltà[14] di costituire una società di progetto nella forma di s.p.a. o di s.r.l., il cui oggetto sociale consiste esclusivamente nella gestione dell’opera oggetto della concessione.
Questa società, per altro, subentra all’aggiudicatario nel rapporto di concessione a titolo originario e lo sostituisce in tutti i suoi rapporti con l’amministrazione concedente.
Dato, quindi, che la società di progetto diventa concessionaria a titolo originario, e non a titolo derivativo, non si verifica assolutamente alcuna forma di cessione del contratto di concessione.
La società di progetto, inoltre, previa autorizzazione degli organi di vigilanza, può emettere obbligazioni, addirittura anche in deroga ai limiti di cui all’art. 2412 c.c., a condizione, però, che questo prestito obbligazionario sia adeguatamente sorretto da una garanzia ipotecaria.
Ovviamente, dato che, in questo caso, l’oggetto sociale dell’emittente consiste esclusivamente nella realizzazione e nella gestione dell’opera oggetto della concessione in questione, la fonte di rimborso di questi finanziamenti, in concreto, si riduce ai soli proventi derivanti da quella che sarà la futura gestione dell’opera.
Alla luce di ciò, pertanto, l’an e il quantum del rimborso di questi finanziamenti sotto forma di prestito obbligazionario dipenderanno esclusivamente dalla bontà e dalla redditività del progetto finanziato.
Ebbene, in un contesto di questo genere, il piano economico-finanziario, originariamente presentato dal promotore, ritorna prepotentemente sulla scena, in quanto costituisce, senz’altro, un valido punto di riferimento per quel che riguarda le scelte di investimento da parte dei possibili finanziatori della società di progetto.
Come si può vedere, quindi, il piano economico-finanziario si conferma essere, al tempo stesso, punto di partenza e punto di arrivo del complesso delle dinamiche rilevanti in materia di project financing.


La fase della valutazione della proposta di cui all’art.154 d.lgs. 165/06: nota a Cons. Stato n. 6287/05
 
Una volta delineati i profili generali del project financing, risulta opportuno analizzare una importantissima sentenza, mediante la quale il Consiglio di Stato ha avuto modo di pronunciarsi sullo scottante tema della scelta del promotore; questo è, senz’altro, un tema estremamente delicato e controverso, il quale è stato, per altro, oggetto di una vivace querelle giurisprudenziale[15], la quale, almeno per il momento, sembra che sia stata definitivamente risolta dal Consiglio di Stato proprio con la sentenza in esame, vale a dire la sentenza n.6287 del 10/09/05.
In particolare, in questa sentenza il Consiglio di Stato ha sviluppato nei dettagli fondamentalmente due aspetti attinenti al tema della scelta del promotore nella procedura di project financing.
In primo luogo, il Consiglio di Stato ha fornito dei chiarimenti attorno alle modalità e alle procedure da seguire per la valutazione delle proposte presentate dagli aspiranti promotori.
In più, il Consiglio di Stato ha definito nello specifico anche la natura del rapporto sussistente tra la fase della valutazione della fattibilità delle proposte presentate dagli aspiranti promotori e la fase della valutazione della loro compatibilità con il pubblico interesse.
Nello specifico, sulla base degli indirizzi fissati dalla Regione Toscana in tema di interventi sanitari, le ASL di Lucca, Prato, Massa Carrara e Pistoia hanno costituito un organismo associativo (SIOR[16]), avente il compito di curare in modo unitario la procedura per la realizzazione in regime di project financing di quattro nuove strutture ospedaliere.
Dopo la regolare pubblicazione dell’avviso di cui all’art.153 d.lgs.165/06[17], al SIOR sono pervenute due proposte, da parte rispettivamente del Consorzio Toscana Salute e della ATI Astaldi, Techint, Pizzarotti.
A questo punto, a seguito della valutazione delle proposte in questione, il SIOR ha dichiarato non di pubblico interesse la proposta del CTS, mentre, al contrario, ha dichiarato fattibile e di pubblico interesse la proposta presentata dalla ATI Astaldi, Techint, Pizzarotti.
Questa delibera del SIOR è stata, tuttavia, impugnata dinanzi al TAR Toscana dal CTS, il quale, in questa sede, ha contestato sia la procedura seguita dal SIOR per la valutazione delle proposte sia il merito della valutazione in concreto compiuta dallo stesso SIOR.
In particolare, il CTS, sulla base della convinzione secondo cui la procedura di scelta del promotore debba essere soggetta alle regole dell’evidenza pubblica, ha contestato la legittimità della procedura in concreto seguita dal SIOR adducendo fondamentalmente tre ragioni:
  • la valutazione sarebbe stata effettuata non solo dalla commissione tecnica appositamente nominata dal SIOR, ma anche da soggetti ad essa estranei;
  • la commissione tecnica avrebbe violato le regole sulla collegialità;
  • la commissione, infine, avrebbe omesso anche la verbalizzazione delle sue sedute.
Come detto, il CTS ha impugnato la delibera del SIOR anche per una serie di motivi attinenti al merito della valutazione sulla compatibilità della sua proposta con l’interesse pubblico e alla comparazione della stessa con quella presentata dalla ATI Astaldi, Techint, Pizzarotti.
Ebbene, il TAR Toscana, con sentenza n. 2860/04, ha accolto il ricorso presentato dal CTS, sulla base della violazione, da parte del SIOR, dei principi procedimentali dell’evidenza pubblica, primi fra tutti i principi di par condicio e di trasparenza. Secondo il TAR Toscana, infatti, questi principi dovrebbero applicarsi in via analogica anche alla procedura di scelta del promotore, nonostante il silenzio del legislatore.
Sempre in questa sentenza, poi, il TAR Toscana, rigettando le eccezioni di inammissibilità del ricorso presentato dal CTS per difetto di interesse del ricorrente, derivante dalla preventiva valutazione negativa attorno alla fattibilità della proposta[18], ha precisato che la valutazione della proposta presentata dagli aspiranti promotori, pur essendo articolata in più fasi e in più momenti valutativi, conserva, comunque, i caratteri di unicità e di globalità, in quanto è unica la determinazione finale con la quale l’amministrazione procedente è tenuta a pronunciarsi.
In pratica, il TAR Toscana ha radicalmente escluso un rapporto di pregiudizialità tra la fase della valutazione della fattibilità della proposta e la fase della valutazione della compatibilità con il pubblico interesse.
Contro la sentenza n.2860/04 del TAR Toscana l’ATI Astaldi, Techint, Pizzarotti ha presentato ricorso dinanzi al Consiglio di Stato, sostenendo fondamentalmente le medesime ragioni espresse nel giudizio di primo grado dinanzi al TAR Toscana.
In pratica, l’ ATI Astaldi, Techint, Pizzarotti ha continuato a sostenere sia l’inammissibilità del ricorso presentato in primo grado dal CTS per difetto di interesse, derivante dalla preventiva valutazione negativa da parte del SIOR attorno alla fattibilità della proposta, sia la legittimità della procedura seguita dal SIOR ai fini della valutazione di entrambe le proposte.
Ebbene, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso principale presentato dalla ATI Astaldi, Techint, Pizzarotti, ha completamente capovolto la sentenza di primo grado del TAR Toscana, sancendo, al tempo stesso, due importantissimi principi in materia di scelta del promotore nell’ambito della procedura di project financing.
In particolare, il Consiglio di Stato, in primo luogo, ha riconosciuto la legittimità della procedura di valutazione seguita dal SIOR, sostenendo, fondamentalmente, la tesi secondo cui la valutazione delle proposte presentate dagli aspiranti promotori non è assolutamente sottoposta alle regole dell’evidenza pubblica, bensì è espressione tipica della discrezionalità amministrativa, con la conseguente applicazione della disciplina generale sul procedimento amministrativo fornita dalla l. 241/90.
Fatto salvo quanto espressamente previsto dagli art.153 e ss. d.lgs.165/06, quindi, il responsabile del procedimento è libero di individuare le procedure e le modalità che egli ritiene più idonee ai fini della valutazione delle proposte e ai fini della acquisizione degli interessi dei soggetti coinvolti, fermo restando, però, l’obbligo di una adeguata motivazione della determinazione conclusiva, alla luce anche, e soprattutto, di quanto emerge dalle risultanze dell’istruttoria.
Alla luce di questa ampia discrezionalità, quindi, la nomina di una commissione tecnica, da parte della amministrazione procedente, è meramente facoltativa e, soprattutto, non preclude assolutamente alla amministrazione procedente la possibilità di acquisire ulteriori elementi valutativi da parte di terzi soggetti completamente estranei alla commissione tecnica in questione.
In ogni caso, in virtù sempre di quanto espressamente sancito dal Consiglio di Stato in questa sua importantissima sentenza, il ruolo svolto dalla commissione tecnica e dagli altri eventuali organi di consulenza interpellati nel corso del procedimento è, comunque, un ruolo interno ed ausiliario, di natura meramente istruttoria.
Questo significa, in pratica, che le valutazioni effettuate da questi organi non sono assolutamente vincolanti per l’amministrazione procedente, la quale, di conseguenza, può legittimamente discostarsi dalle valutazioni in questione, sempre a condizione, però, che questo scostamento sia adeguatamente motivato nella determinazione finale.
Come già accennato in precedenza, poi, sempre nella sentenza in esame, il Consiglio di Stato ha avuto modo di pronunciarsi anche su un altro aspetto attinente al tema della scelta del promotore, vale a dire il rapporto sussistente tra la fase della valutazione della fattibilità della proposte presentate dagli aspiranti promotori e la fase della valutazione della loro compatibilità con il pubblico interesse.
Ebbene, secondo l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato, la quale, per altro, risulta diametralmente opposta a quella fornita dal TAR Toscana in primo grado, il rapporto tra la fase di valutazione della proposta e la fase della valutazione della sua compatibilità con il pubblico interesse è un rapporto di pregiudizialità.
Questo significa, in pratica, che un giudizio negativo attorno alla fattibilità tecnica[19] della proposta dovrebbe precludere “a monte” il successivo giudizio attorno alla compatibilità della proposta con il pubblico interesse; e proprio sulla base di questo principio fondamentale, il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, dopo aver accertato la legittimità della valutazione negativa da parte del SIOR attorno alla fattibilità tecnica della proposta presentata dal CTS per motivi attinenti alla incongruità del piano economico-finanziario, ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato in primo grado dal CTS per difetto di interesse a contestare, sia nel merito sia da un punto di vista procedurale, la valutazione effettuata dal SIOR attorno alla compatibilità della proposta con il pubblico interesse; addirittura, secondo il Consiglio di Stato, il SIOR non avrebbe dovuto neanche compiere questa valutazione, in virtù proprio dell’effetto preclusivo derivante dalla preliminare valutazione negativa di cui si è detto. 


[1] Sulla definizione di project financing cfr. Cons. Stato, sez.V, 20 Ottobre 2004, n.6847 e TAR Puglia, Bari, sez. I, 9 Settembre 2004, n. 3877
[2] d.lgs. 12 Aprile 2006, n. 163.
[3] Sui requisiti che devono essere necessariamente posseduti dai promotori v. art. 153 c.2 d.lgs. 165/06.
[4] Per un approfondimento sulle innovazioni legislative volte ad adattare il regime tradizionale della concessione di costruzione e gestione alle caratteristiche del project financing v. CARIANGELA, DALOISO, GIAMPAOLO, Gli appalti di lavori pubblici, 2005.
[5] Dal disposto normativo dell’art. 153 c.1 d.lgs.165/06 si evince, infatti, con chiarezza, il necessario impiego, anche soltanto parziale, di risorse private ai fini della realizzazione di un’opera pubblica in regime di project financing. Sul necessario sfruttamento economico dell’opera da parte del concessionario e sulla inammissibilità del finanziamento dell’opera esclusivamente a carico della amministrazione concedente v. TAR Campania, sez.I, 19 Marzo 2004, n.3046.
[6] Questa necessità è, per altro, ancor più evidente nel caso di costituzione, da parte dell’aggiudicatario della concessione, di una società di progetto ai sensi dell’art. 156 d.lgs. n.165/06. In questo caso, infatti, se l’ammontare dei finanziamenti privati ottenuti dalla società di progetto risulta superiore all’ammontare del contributo accordato dalla amministrazione concedente, la fonte del rimborso dei finanziamenti rimasti scoperti è inevitabilmente proprio il core business della società in questione, vale a dire la gestione dell’opera oggetto della concessione.
[7] Il piano economico-finanziario deve essere asseverato da un istituto di credito o da una società di servizi costituita dall’istituto di credito stesso e iscritta nell’elenco generale degli intermediari finanziari ex art. 106 d.lgs. 385/93 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), o da una società di revisione ex art. 1 L. n.1966/39.
[8] Art 83 c.1 d.lgs. 165/06: “Quando il contratto è affidato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo:
a) il prezzo;
b) la qualità;
c) il pregio tecnico;
d) le caratteristiche estetiche e funzionali;
e) le caratteristiche ambientali;
f) il costo di utilizzazione e manutenzione;
g) la redditività;
h) il servizio successivo alla vendita;
i) l’assistenza tecnica;
l) la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione;
m) l’impegno in materia di pezzi di ricambio;
n) la sicurezza di approvvigionamento;
o) in caso di concessioni, altresì la durata del contratto, le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti.”

[9] Dello stesso avviso TAR Calabria, Catanzaro, 23 Febbraio 2004, n.449.
[10] v. TAR Campania, Napoli, Sez. I, 29 Gennaio 2004, n. 914.
[11] v. Cons. Stato, sez. V., 10 Novembre 2005, n.6287. Per un ulteriore approfondimento a riguardo v. infra.
[12] l. n.62/05
[13] Ai sensi dell’art. 153 c.1 d.lgs. 163/06, l’importo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta non può eccedere il 2,5% del valore dell’investimento risultante dal piano economico-finanziario.
[14] Il bando di gara può, tuttavia, prevedere anche che la costituzione della società di progetto sia un obbligo, e non una mera facoltà, per l’aggiudicatario della concessione.
[15] In conformità all’interpretazione fornita dal Cons.Stato nella sentenza in esame, v. TAR Sicilia, Catania, sez. II, 26 Maggio 2004, n.1489, TAR Puglia, Bari, sez. III, 9 Luglio 2004, n.2993 e TAR Abruzzo, Pescara, 3 Marzo 2005, n.99; un orientamento contrario è stato, invece, espresso da TAR Toscana, Firenze, sez. II, 2 Agosto 2004, n.2860, Cons. Stato, sez.V, 20 Ottobre 2004, n.6847, TAR Piemonte, sez. I, 23 Marzo 2005, n.651 e Cons. Stato, sez.V, 25 Gennaio 2005, n.142.
[16] Sistema Integrato Ospedali Regionali
[17] ex art. 37bis l. 109/94
[18] Nella sua determinazione, il SIOR aveva, infatti, preliminarmente dichiarato la non fattibilità tecnica della proposta presentata dal CTS per motivi attinenti alla incongruità del piano economico-finanziario.
[19] Si precisa che il concetto di fattibilità tecnica è da intendersi, in questa sede, in senso lato, in quanto ricomprende in sé anche quello di fattibilità economico-finanziaria.

Traficante Luca

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