Profili di responsabilità del medico chiamato per un consulto

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Sommario: Premessa; 1. Il Fatto; 2. La Sentenza

 

Premessa

La Corte di Cassazione è stata chiamata a giudicare sui profili di responsabilità2 esistenti o meno in carico al medico chiamato per un consulto a fronte della responsabilità attribuita al medico che ha in cura il paziente.

La disamina è stata condotta alla luce dei principi relativi alla responsabilità di equipe (la c.d. responsabilità per culpa in eligendo e in judicando a carico del professionista a capo dell’equipe) e del principio dell’affidamento.

Il tutto alla luce dell’art. 41 del codice penale che disciplina il nesso di causalità tra due condotte colpose e l’evento in questione.

 

1. IL FATTO

A seguito di un ricovero ospedaliero di una bambina, il medico specialista, pneumologo, aveva esattamente diagnosticato la patologia che affliggeva l’utente ed analoga diagnosi era stata formulata dai colleghi anestesisti chiamati dal pneumologo ad intervenire.

Pur in presenza di una patologia (“epiglottide bombata”) tale da richiedere la intubazione della piccola paziente essi – gli anestesisti – avevano omesso di intervenire per prevenire il rischio di una completa ostruzione delle vie respiratorie.

Il mancato intervento, rectius intubazione, aveva prodotto un peggioramento delle condizioni cliniche della paziente che, a causa di ciò, veniva trasportata d’urgenza presso il reparto di terapia intensiva di cardiologia dove decedeva pur a fronte di due successive intubazioni.

La sentenza del giudice di primo grado dichiarava i medici – sia quelli che avevano preso in carico la paziente (pneumologo) sia quelli chiamati per un consulto (anestesisti) – responsabili dei reati di omicidio colposo.

La Corte di Appello di Bari confermava la sentenza di primo grado sulla scorta del principio in base al quale anche il medico chiamato per un consulto ha gli stessi doveri professionali del medico che ha in carico il paziente presso un determinato reparto.

Questa pronuncia si basava sull’assunto in virtù del quale la colpa ascrivibile agli imputati veniva individuata nell’essersi gli stessi allontanati dal reparto ove era ricoverata la piccola paziente, non potendo ritenersi esaurito il loro compito nel richiedere l’intervento dell’otorino, pur avendo gli stessi diagnosticato la grave patologia.

La colpa3 dei sanitari veniva reputata penalmente rilevante, oltre ogni ragionevole dubbio, in quanto la loro condotta omissiva aveva causato il decesso della paziente.

Contro la sentenza della Corte di Appello entrambi gli imputati avevano proposto ricorso per Cassazione.

Il primo anestesista ritenendo che la colpa fosse da ascrivere alla condotta della collega pneumologa che omise di chiedere l’intervento degli anestesisti, pur a fronte del sospetto di una epiglottide.

Il ricorrente lamentava, pertanto, la violazione di legge per violazione del principio di correlazione tra impugnazione contestata e ritenuta in sentenza oltre alla manifesta contraddittorietà della motivazione.

Il secondo anestesista ricorse contro la erronea interpretazione della legge penale e la manifesta contraddittorietà della motivazione, in quanto – a suo dire – la patologia diagnosticata aveva subito una evoluzione nel corso del tempo, per cui al momento in cui furono chiamati gli anestesisti gli stessi ritennero non necessaria effettuare la intubazione tecnica.

Successivamente, con il peggioramento della patologia (grave insufficienza respiratoria), la collega pneumologa avrebbe dovuto richiedere un nuovo intervento degli anestesisti.

 

2. LA SENTENZA

La Cassazione ha ritenuto entrambi i ricorsi infondati in quanto dalla lettura della sentenza contestata non risulta evidente la insussistenza del fatto né tanto meno che lo stesso non sia stato commesso dagli imputati.

Neanche può ritenersi che la fattispecie in esame non configuri la presenza di rilievi penalmente rilevanti.

In merito alla presunta contraddittorietà della motivazione o alla insufficienza della prova la suprema Corte non reputa tali argomentazioni provate.

Nello specifico, in merito al principio di correlazione, che deve intercorrere tra il capo di imputazione (omessa intubazione) e la sentenza impugnata (basata sulla omessa diagnosi e sull’allontanamento dal reparto), esso è violato “(omissis) soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale (omissis)”.

Nel caso in discussione non sembra esserci stata una piena trasformazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato.

La Cassazione, nel richiamare una sentenza adottata dalla Sezione VI° il 29 aprile 2003, afferma che “tale principio non è invece violato quando nei fatti contestati e ritenuti, si possa agevolmente individuare un nucleo comune e, in particolare, quando essi si trovano in rapporto di continenza”.

La responsabilità posta a carico degli imputati si fonda nella omessa sorveglianza della paziente pur a fronte del sospetto di una grave patologia, sospetto avvertito da entrambi gli anestesisti, che avrebbe richiesto un loro immediato intervento, stante al protocollo terapeutico redatto per casi analoghi.

L’attenzione della Corte si sposta, quindi, sulla esplicitazione di due concetti base quali il principio di affidamento ed il rapporto di causalità.

Sappiamo che incombe su ciascun individuo un dovere di diligenza nella vita di relazione e in determinate ipotesi questo dovere sfocia in un obbligo.

Solitamente se la condotta del terzo determina il verificarsi di una forma di responsabilità colposa, il prevedere che la nostra condotta agevola il comportamento colposo di un’altra persone, di per sé, non determina un caso di responsabilità.

Questa regola, a carattere generale, subisce delle eccezioni4 ed una di queste è riferita al caso in esame che si verifica quando l’obbligo di diligenza si innesta su di una posizione di garanzia.

Si legge nella sentenza che, anche in presenza di una attività multidisciplinare svolta in assenza di contestualità, “(omissis) ogni sanitario, oltre al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico.”

E’ da ritenere che in presenza di una fattispecie compiutamente regolamentata da un protocollo terapeutico, ed in assenza di errori commessi da altri colleghi medici specialisti che non appaiano evidenti in quanto specifici di una determinata disciplina, deriva in capo ad ogni sanitario l’obbligo di conoscere e valutare l’attività posta in essere dal collega, a prescindere se la stessa sia svolta contestualmente o precedentemente.

Il principio di affidamento, che deve essere utilizzato anche in tali casi, stabilisce la assenza di responsabilità in capo a chi detiene una posizione di garanzia solo quando l’evento sia da ricondurre ad altro contitolare di analoga posizione che abbia posto in essere una condotta sulla cui legittimità, rectius correttezza, il primo titolare di posizione di garanzia abbia riposto legittimo affidamento.

Il principio di affidamento non ha valore di assolutezza ma deve contemperarsi con il principio della salvaguardia degli interessi del soggetto destinatario della posizione di garanzia, nel nostro caso della piccola paziente.

Richiamando il testo dell’art. 41, comma secondo5, c.p., la Cassazione stabilisce che “allorquando, il garante precedente (la pneumologa n.d.A.) abbia posto in essere una condotta colposa che abbia avuto efficacia causale nella determinazione dell’evento, unitamente alla condotta colposa del garante successivo (gli anestesisti n.d.A.), persiste la responsabilità – anche del primo in base al principio dell’equivalenza delle cause, a meno che possa affermarsi l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che deve avere avuto caratteristiche di eccezionalità ed imprevedibilità (omissis)”.

Da ciò si evince come il collegamento tra le due posizioni di garanzia, in capo alla pneumologa – la prima – e agli anestesisti – la seconda – restano interdipendenti a meno che l’intervento del secondo garante “ (omissis) abbia posto nel nulla le situazioni di pericolo create dal predecessore o eliminandole o modificandole in modo tale da non potere essere più attribuite al precedente garante”.

Gli anestesisti chiamati dalla pneumologa, che aveva in carico la paziente, non avrebbero dovuto allontanarsi – almeno non entrambi – dal reparto ove la bambina era ricoverata in quanto il sospetto di una grave patologia, peraltro da loro riscontrato, doveva indurli a rimanere sul posto al fine di potere intervenire con tempestività al verificarsi di una evoluzione, in senso peggiorativo, della malattia.

In merito alla seconda motivazione del ricorso, ci si riferisce alla presunta assenza del nesso di causalità 6 va ricordato come la Corte di Cassazione 7 ha adottato nel corso degli anni posizioni diverse che non possono essere riportate, per ovvi motivi, nella presente trattazione 8; ci si limita, pertanto a dei rimandi nelle note.

Nel caso discusso con sentenza n. 3365/2010, la Cassazione reputa corretta l’analisi svolta dai giudici di merito che hanno stabilito esistere la responsabilità degli imputati sulla scorta del principio di equivalenza delle cause 9, “(omissis) secondo il quale il nesso causale può escludersi solo se si verifichi una causa autonoma e successiva, rispetto alla quale la precedente sia da considerare tamquam non esset e trovi nella condotta precedente solo l’occasione per svilupparsi; cioè quando tale causa si inserisca nel processo causale in modo eccezionale, atipico ed imprevedibile;”.

Infatti, pur in assenza di strutture dedicate (l’Ospedale era privo di una Unità Operativa di Rianimazione e di Otorinolaringoiatria), l’evento infausto si è prodotto a seguito della condotta colposa degli imputati mentre le carenze strutturali hanno solo accelerato la produzione dell’evento.

In conclusione, afferma la Corte che “la condotta colposa dei ricorrenti ha contribuito a determinare la morte della paziente, così escludendo l’esistenza di circostanze idonee ad escludere ‘con evidenza’ l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale o la non commissione da parte dell’imputato, emergenti dagli atti in modo assolutamente incontestabile, (omissis)” .

 

 

2 In materia di responsabilità medica, vista nelle sue varie sfaccettature, sia consentito rimandare a Modesti G.:* Il consenso informato al trattamento medico-chirurgico. Responsabilità civile e penale del medico nei riguardi del paziente¸ su www.iureconsult.com/areatema/responsabilità/medico/index.htm; (agosto 2005); * La responsabilità medica alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazione. Per una rifondazione della responsabilità medica, www.overlex.com (febbraio2007); * Il rilievo penale dell’assenza di consenso del paziente nel caso in cui l’intervento medico abbia avuto esito fausto; (nota a sentenza Cassazione, Sez. Unite penali, n. 2437 del 10 dicembre ’08 – 21 gennaio ’09) Panorama della Sanità, n. 9 del 9 marzo 2009; RAGIUSAN – Rassegna giuridica della Sanità, Fascicolo 305/306, a. 2009; * Il test anti Aids tra la tutela della riservatezza e la acquisizione del consenso informato del paziente (nota a sentenza Cassazione, Sez. III civile – Sentenza 14 novembre 2008 – 30 gennaio 2009, n. 2468); Panorama della Sanità n. 12 del 30 marzo 2009; www.dirittosuweb.com; * Esercizio abusivo del medico: quando l’anestesia può essere praticata anche da un medico non specialista in anestesia e rianimazione. (nota a sentenza Cassazione, Sez. VI penale, n. 11004 del 12 marzo 2009). Panorama della Sanità n. 17 del 4 maggio 2009; * Quando la responsabilità del chirurgo si estende anche alla clinica (Nota a sentenza Cassazione n. 18805 del 28 agosto 2009), Panorama della Sanità n. 41 del 02 novembre 2009; * Il consenso informato del paziente tra normazione statale e regionale (nota a sentenza Corte Costituzionale n. 253 del 23 luglio 2009), Panorama della Sanità n. 43 del 16 novembre 2009; www.diritto.it; * Il rifiuto di fronte ad una richiesta di ricovero (nota a sentenza Cassazione n. 46512 del 03.12.2009); Panorama della Sanità, n. 4 del 01.02.2010; * L’assenza di consenso informato non produce sempre la condanna da parte del medico a risarcire il danno (nota a sentenza Cassazione n. 2847 del 9.2.2010); Panorama della Sanità, n. 14 del 12.04.2010;

3 Circa la ampiezza della responsabilità medica la Corte di Appello di Milano, Sez. II, sentenza n. 369/2006 ha stabilito che “ (omissis)…il concetto di trattamento medico (omissis)…non può essere ridotto all’atto chirurgico (omissis)…ma va esteso a qualsiasi atto che coinvolga la persona del paziente nella sua dimensione personale, sia fisica che psichica (omissis)…In altri termini, se nella relazione giuridica che si instaura tra medico e paziente il riferimento normativo fondamentale è costituito dal diritto alla salute e dalla libertà personale del paziente stesso, il concetto di trattamento medico sarà tanto ampio quante sono le estrinsecazioni di quel diritto e di quella libertà. E comprenderà tutti gli atti e le decisioni, che con quel diritto e con quella libertà interferiscono ad opera del medico. Potrà, quindi, trattarsi (omissis)….anche il ricovero ospedaliero rientra nel concetto ampio di trattamento medico, quale condizione ambientale ritenuta necessaria per lo svolgimento dell’attività di diagnosi e cura (omissis)….da ciò discende che il ricovero ospedaliero, al pari di ogni altro trattamento, deve rispondere a corretti criteri di indicazione medica, e deve quindi essere il risultato di una valutazione bilanciata tra i benefici attesi (omissis)…e i noti rischi connessi.

4 La Cassazione ha sancito, in merito a tale aspetto, che il principio di affidamento non potrà essere invocato quale esimente nei seguenti casi: “a) errore commesso da altro operatore ma in una materia non specialistica, rientrante nel bagaglio professionale di ogni professionista medio; b) nel caso di un errore commesso in un settore specialistico cui abbia assistito altro operatore pure specializzato in tale settore; c) errore commesso in un settore specialistico, ma talmente grossolano da non poter sfuggire ad altro professionista, pur non specialista in quel settore”.

5 L’art. 41 c.p, c. 2 :”Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità, quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita”.

6 In questa sede ci preme osservare come in ambito giuridico il rapporto di causalità diventa il criterio di imputazione oggettiva di un evento alla condotta di un soggetto. La materia è oggetto di disciplina legislativa da parte degli artt. 40 e 41 del codice penale, dai quali si evince come l’attribuibilità di un evento ad una determinata persona necessita della esistenza di un nesso di causalità tra la condotta, attiva od omissiva, e l’evento. Atteso che la produzione dell’evento può scaturire dalla presenza di una pluralità di condizioni, occorre stabilire caso per caso quand’è che al soggetto possa imputarsi l’evento. Cfr Fiandaca-Musco, Diritto Penale, Zanichelli, 2004; Stella F., Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Giuffrè, 2000; Maccioni S., Accertamento del nesso di causalità nei reati colposi del settore medico, Il Sole24Ore – AVVOCATO, n. 1/2004;

7 Corte di Cassazione, Sez. IV, sentenza n. 25233 /2005, contiene un interessante excursus sulla evoluzione della giurisprudenza di legittimità in tema di nesso di causalità con specifico riferimento alla condotta omissiva in materia di colpa professionale medica. “ (omissis)…è stato talora affermato che a far ritenere la sussistenza del rapporto causale, ‘quando è in gioco la vita umana anche solo poche probabilità di successo (omissis)…sono sufficienti’ (Sez. 4, n. 4320/83); in altra occasione si è specificato che, pur nel contesto di una ‘probabilità anche limitata’, deve trattarsi di serie ed apprezzabili possibilità di successo’ (omissis)…; altra volta, ancora, …’in tema di responsabilità per colpa professionale del medico, se può essere consentito il ricorso ad un giudizio di probabilità in ordine alla prognosi sugli effetti che avrebbe potuto avere, se tenuta, la condotta dovuta (omissis)…, è necessario che l’esistenza del nesso causale venga riscontrata con sufficiente grado di certezza, se non assoluta…almeno con un grado tale da fondare su basi solide un’affermazione di responsabilità, non essendo sufficiente a tale fine un giudizio di mera verosimiglianza (Sez. IV, n. 10437/93). In tempi meno remoti (omissis)…è stato posto l’accento sulle ‘serie e rilevanti (o apprezzabili) possibilità di successo’, sull’alto grado di possibilità (omissis)…è stata apprezzata una percentuale del 75% di probabilità di sopravvivenza della vittima, ove fossero intervenute una diagnosi corretta e cure tempestive”.

8 Si rimanda a Modesti G., La responsabilità medica alla luce delle recenti sentenze della Corte di Cassazione. Op. cit.

9 In questo caso si èfatto riferimento alla c.d. ‘teoria condizionalistica’, parimenti chiamata della ‘equivalenza delle cause’, secondo la quale deve intendersi per causa qualsiasi antecedente che ha prodotto un determinato evento. In altri termini, è causa ogni condizione necessaria, ossia ogni fatto la cui presenza è stata indispensabile per il verificarsi dell’evento. Per accertare l’esistenza del nesso condizionalistico si utilizza il procedimento di eliminazione mentale (la cosiddetta formula della condicio sine qua non): pertanto, è causa ogni fatto che se eliminato, cioè non considerato, fa venire meno l’evento. Nel caso in trattazione la condotta attiva degli anestesisti avrebbe fatto venire meno l’evento mentre la loro condotta omissiva lo ha prodotto.

Modesti Giovanni

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