Processo civile e confronto tra testimoni

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Il confronto tra testimoni rappresenta uno strumento poco utilizzato.

Nonostante questo, potrebbe risultare fondamentale per valutare meglio l’attendibilità dei testimoni.

 

Il confronto tra testimoni nel processo civile è previsto e disciplinato dall’articolo 254 del codice di procedura civile.

 

L’articolo 254 c.p.c. e la sua interpretazione

L’articolo 254 del codice di procedura civile, rubricato “Confronto dei testimoni”, recita:

 

Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di parte o d’ufficio, può (2) disporre che essi siano messi a confronto.

 

La norma può essere applicata in modo esclusivo se le persone che il giudice vuole fare confrontare abbiano reso la deposizione.

Non è ammesso il confronto tra un testimone escusso e uno non ancora sentito, un testimone e una delle parti del processo, tra consulenti tecnici.

La valutazione in relazione all’opportunità di procedere al confronto tra testimoni viene lasciata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, di conseguenza , in sede di legittimità, risulta insindacabile.

 

Il giudice istruttore dispone che i testimoni vengano messi a confronto attraverso un’ordinanza che ha una natura tipicamente istruttoria (art. 245 del c.p.c.).

A questo proposito, si deve ricordare che il confronto costituisce una semplice modalità di assunzione della testimonianza e non un autonomo mezzo di prova.

Il giudice, se le risposte date dal teste siano tali da fare dubitare della sua imparzialità, può ordinare il confronto anche durante la stessa escussione.

 

La possibilità di confrontare i testimoni risponde all’esigenza per il giudice, nell’esercizio dei suoi poteri di direzione del processo, di verificare l’attendibilità e la veridicità delle deposizioni rese dai testimoni.

 

Il confronto dei testimoni consiste in un’azione di comparazione, tra deposizioni in contrasto, sui fatti di causa resi da testimoni diversi.

In questo modo si vuole indurre i testimoni che hanno fornito una contrastante rappresentazione del fatto a modificare la loro deposizione.

 

Questo istituto costituisce un’eccezione alla regola del separato esame prevista nell’articolo 251 del codice di procedura civile.

In relazione alla sua natura, si ritiene che il confronto dei testimoni non sia un mezzo autonomo di prova, ma sia una modalità di assunzione della prova testimoniale.

L’espressione “messi a confronto” si deve intendere nel senso che i testimoni si possono interrogare a vicenda, senza l’intermediazione del giudice.

 

Un requisito necessario per l’applicabilità di questa disposizione è che le persone messe a confronto abbiano reso la loro deposizione.

 

Il confronto viene lasciato alla discrezionalità del giudice e si tratta di un potere insindacabile in sede di legittimità.

Lo stesso giudice istruttore può anche recedere dall’anteriore decisione di disporre il confronto tra i testimoni a causa di motivi sopravvenuti di qualsiasi genere, compresa l’eventuale opportunità di non ritardare ancora di più la decisione della causa.

 

L’ammissione del confronto dei testimoni è soggetta a determinati limiti temporali, perché può essere disposto dal giudice istruttore, a istanza di parte o d’ufficio, sino alla chiusura dell’assunzione della prova testimoniale senza che sia necessario un provvedimento formale.

 

Una volta chiusa l’assunzione, il confronto può essere disposto in sede di rinnovazione dell’esame disposto all’articolo 257 del codice di procedura civile.

IN presenza di simili circostanze, il giudice dovrà provvedere con ordinanza.

 

Durante il confronto il giudice istruttore riporta ai testimoni le deposizioni da loro rese in precedenza, invitandoli ad esprimere le proprie osservazioni, ognuno sulla deposizione dell’altro.

 

Si ritiene ammissibile un eventuale interrogatorio reciproco tra i testimoni, mentre si esclude la possibilità per le parti di effettuare domande ai testi.

 

Chi decide il confronto tra testimoni

Leggendo il contenuto dell’articolo 254 del codice di procedura civile, si deduce che il potere di decidere sull’opportunità del confronto, come scritto in precedenza, spetta al giudice, il quale si può pronunciare d’ufficio o su richiesta di parte.

La scelta rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, di conseguenza l’ordinanza di rigetto dell’istanza di confronto non può essere sottoposta al giudizio di legittimità della Suprema Corte di Cassazione, neanche sotto il profilo del difetto di motivazione.

In questo senso ci sono diverse le pronunce della Suprema Corte:

  1. 3665/ 1985, n. 14538/2009, n. 4140/2012 n. 6478/2016, n. 13026/2016.

 

Una conferma della completa libertà decisoria del magistrato, è sempre rilevata da parte della Suprema Corte di Cassazione, che con le sentenze n. 3816/1981 e n. 14538/2009 ha stabilito che il giudice ha facoltà di revocare l’ordinanza di confronto emessa per motivi sopravvenuti qualunque genere.

Ad esempio, la volontà di non ritardare la decisione finale.

La revoca può essere messa in discussione in appello, ma non nel ricorso in Cassazione.

 

In che cosa consiste il confronto tra testimoni

L’istituto del confronto consente al giudice di valutare nel modo migliore la veridicità di quello che viene dichiarato dai testimoni e di conseguenza l’affidabilità degli stessi.

Il confronto non è un mezzo probatorio, ma una modalità di assunzione della prova testimoniale che può essere relativa in modo esclusivo a testimoni che siano stati escussi in precedenza.

 

Si procede al confronto quando le dichiarazioni rese da due o più testimoni risultano parziali e discordanti.

A questo proposito, sembra evidente che l’obiettivo dell’istituto è diverso dall’audizione separata dei testimoni.

Il giudice durante il confronto tenta di convincere il testimone che ha mentito a riconoscere che le affermazioni da lui fatte in precedenza non corrispondono alla verità.

 

Il confronto tra testimoni e la valutazione degli elementi

Una larga parte della psicologia forense, in accordo con la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, ritiene che, per fare in modo che il verdetto sull’attendibilità e credibilità del testimone del giudice istruttore sia il più veritiero possibile, sia necessario che vengano valutati con attenzione alcuni elementi oggettivi, come la presenza di un interesse giuridico al giudizio e la veridicità della deposizione, che può essere dedotta dalla precisione, completezza e coerenza delle dichiarazioni rese.

 

Allo stesso modo, possono essere fondamentali determinate caratteristiche soggettive del testimone, come grado d’istruzione, intelligenza, resistenza allo stress, personalità, rapporti con le parti, vantaggio a un determinato esito della causa).

 

Simili considerazioni dovrebbero essere compiute anche dal legale che voglia presentare una istanza di confronto al giudice.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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