Presenta un vizio grave l’impianto di riscaldamento centralizzato che emette delle immissioni intollerabili anche solo per un condomino con la conseguenza che il costruttore del caseggiato e’ tenuto a porre in essere i rimedi e le opere necessarie per eliminare il difetto

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riferimenti normativi: art. 1669 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. Un., Sentenza n. 7756 del 27/03/2017

La vicenda

Un condomino conveniva in giudizio il condominio nonché il costruttore del caseggiato per fare accertare che le immissioni sonore nel suo appartamento provocate dall’impianto di teleriscaldamento condominiale erano illecite in quanto eccedenti il limite della normale di tollerabilità; in ogni caso chiedeva il risarcimento dei danni.

Si costituiva in giudizio il condominio che chiedeva fosse accertata la responsabilità esclusiva del costruttore; i condomini quindi ritenevano che solo il costruttore dovesse essere condannato all’eliminazione dei vizi e al risarcimento dei danni.

Il costruttore – che si costituiva in giudizio – riteneva che l’azione del condomino fosse prescritta in quanto il vizio lamentato non è era grave e, quindi, chiedeva il rigetto della domanda di parte attrice.

Il Giudice disponeva CTU tecnica, depositata la quale, venivano chiesti chiarimenti e integrazioni.

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La questione

L’impianto di riscaldamento centralizzato che emette delle immissioni intollerabili disturbando un condomino è affetto da un vizio grave ex art 1669? Il grave vizio di cui all’art. 1669 c.c. deve consistere in un’alterazione relativa esclusivamente a parti essenziali del caseggiato?

La soluzione

Il Tribunale ha dato ragione al condomino.

Il giudice si è basato sulla CTU secondo cui le immissioni sonore causate dall’impianto di teleriscaldamento nell’appartamento dell’attore superavano il limite di normale tollerabilità previsto dall’art.844 c.c.; infatti l’immissione rumorosa eccedeva di 3 dB il rumore di fondo, determinando l’intollerabilità del rumore e il conseguente diritto alla tutela inibitoria e risarcitoria. Il CTU ha anche indicato i rimedi, le opere e interventi idonei alla eliminazione e riduzione dei difetti di isolamento acustico presenti nell’impianto di teleriscaldamento. In ogni caso la CTU ha individuato la sussistenza di vizi gravi in quanto l’impianto non ha rispettato i criteri e le buone prassi di corretta realizzazione ed installazione acustica. Alla luce di quanto sopra il Tribunale ha ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 1669 c.c. il costruttore dell’edificio condominiale e, quindi, anche dell’impianto di riscaldamento oggetto di causa, condannandolo a porre in essere i rimedi e le opere indicate nella CTU.

In ogni caso il Tribunale ha accolto la domanda ex articolo 614 bis c.p.c.; pertanto, la società è stata condannata al pagamento in favore dell’attore della somma giornaliera di 15 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dei lavori.

Le riflessioni conclusive

L’art. 1669 c.c. regola una fattispecie di responsabilità aggravata dell’appaltatore, stabilendo, in relazione agli immobili o comunque alle cose destinate per la loro natura a lunga durata, che, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.

Tale rigorosa disciplina si giustifica con la finalità di ordine pubblico della norma, in quanto non soltanto introduce una garanzia contrattuale a favore del committente, ma mira a prevenire e reprimere condotte dell’appaltatore (o di chi abbia concorso al verificarsi del vizio, nello specifico il progettista od il direttore dei lavori) che possano determinare, in riferimento alle costruzioni, situazioni di pericolo a danno della collettività o comunque di un numero indeterminato di persone.

In linea generale bisogna affermare che i gravi difetti che, ai sensi dell’art.1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura.

Vengono incluse nel concetto di grave difetto sia le deficienze costruttive vere e proprie, quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell’opera con materiali inidonei e non a regola d’arte, sia le carenze riconducibili ad erronee previsioni progettuali.

A seguito della denuncia di vizi o difetti dell’immobile risulta spesso difficile affermare, senza che sia intervenuta prima una pronuncia giudiziale, se il vizio che insiste su un edificio rientri o meno nella categoria dei “gravi difetti” prevista dall’art. 1669 c.c.

L’importanza di tale qualificazione nasce dal fatto che se il vizio è qualificato all’intero di tale categoria l’appaltatore sarà responsabile nei confronti della committente e dei terzi aventi causa per dieci anni dal compimento dell’opera.

Il problema è stato affrontato della Corte di Cassazione la quale, ormai da anni, con le proprie pronunce ha esteso l’applicabilità dell’art. 1669 c.c. grazie ad una interpretazione estensiva del grave difetto inteso non solo come fenomeno che possa pregiudicare la sicurezza e staticità dell’edifico, ma anche come alterazione che incide sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomando, così, in modo apprezzabile il godimento dell’opera medesima o la capacità della stessa a fornire l’utilità economica e pratica per cui è stata costruita (Cass. civ., sez. II, 26/06/2017, n. 15846; Cass. civ., sez. II, 08/05/2007, n. 10533).

Costituiscono quindi, in linea generale, “gravi difetti” dell’edificio a norma dell’art. 1669 c.c., la realizzazione dell’opera con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, etc.), purché tali da compromettere la sua funzionalità e l’abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o mediante opere che integrano o mantengono in efficienza gli impianti tecnologici installati (Cass. civ., sez. Unite, 27/03/2017, n. 7756).

Sulla base di tali principi, nel corso degli anni, la Cassazione, decidendo su casi concreti, ha di fatto creato una casistica di vizi che ci permette di individuare quando sia applicabile l’art. 1669, cod. civ. e quanto quindi siamo in presenza dei gravi difetti con la conseguente applicabilità della responsabilità aggravata all’appaltatore.

Così è stato affermato che i vizi del bene oggetto del rapporto di appalto allorché si tratti di edificio o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata non sono limitati a quelli che determinano rovina totale o parziale ovvero pericolo di rovina ma debbono essere estesi a quelli che comunque provocano una grave limitazione del normale godimento del bene, come per il caso di inefficienza dell’impianto centralizzato di riscaldamento che rende l’immobile privo di tale servizio e quindi pressoché inutilizzabile per molti mesi all’anno (Cass. civ., sez. II, 26/06/1992, n. 7924).

Alle stessi conclusioni si deve arrivare (e quindi ricorre un grave gravi difetto dell’impianto) se la tubazione primaria di base dell’impianto si rivela mal costruita e fradicia con la conseguenza che il condominio, dopo un iniziale tentativo di ripristino, deve abbandonarla per la difficoltà di individuare le nuove perdite di acqua per ulteriori perforazioni; lo stesso dicasi per gravi i difetti costruttivi della canna fumaria dell’impianto centrale di riscaldamento, se si considera che il dissesto della canna fumaria, incidendo “sull’intero” impianto di riscaldamento, impedisce il normale godimento del caseggiato di cui l’impianto è parte integrante.

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