Personale e Mobilità secondo l’approccio economico della burocrazia

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         La teoria economica della burocrazia a partire dalla metà degli anni ’60 con Tullock fino a giungere a Niskanen  negli anni ’70 ha messo in crisi l’immagine tradizionale weberiana nata in un diverso contesto culturale, in cui vi era identità ideologica tra autoritarismo espansivo imperiale e burocrazia.
Si trattava di una burocrazia “guardiana”, come definita da Morstein Marx, da contrapporre alle burocrazie di patronato, di casta o di merito. A sua volta Eisenstadt distingue la burocrazia come totalmente asservita al potere politico, autonoma e tendente a realizzare propri interessi, al servizio dei principali strati sociali, infine egoisticamente posta al servizio della comunità in generale.
         Il “pubblico interesse” per cui dovrebbe agire è un criterio piuttosto vago, oggetto di conflitti politici e ambiguità interpretative burocratiche. Le stesse classificazioni sopra elencate non derivano da un concetto ben delineato di organizzazione burocratica, ma bensì dalle tipologie di rapporto che si creano tra burocrazia ed élite, fino a giungere alla moderna concezione del sistema amministrativo pubblico come struttura dedicata alla distribuzione di beni e servizi in uno stato ( Riggs ).
         Vi è di fatto inoltre una difficoltà concettuale nel delimitare i confini dell’ organizzazione burocratica, una sostanziale difficoltà di descrizione dei rapporti esistenti tra l’amministrazione e la restante organizzazione, infatti vi è un variare continuo delle strutture in rapporto alle funzioni e agli interessi interni tutelati pertanto una palese difficoltà per una stabile descrizione dei rapporti in divenire.
         Processi informali e non previsti sorgono improvvisi quali fattori di rallentamento di organizzazioni razionali diminuendone l’efficienza, senza che tuttavia vi sia una loro capacità di auto-correggersi imparando dai propri errori, questo anche per gli interessi privati alla conservazione della rigidità strutturale (Crozier).
         Quanto finora detto è in contrasto con la connotazione weberiana di burocrazia per cui essa è un ordinamento delle relazioni sociali secondo un insieme di norme, che da una parte regolano l’organizzazione burocratica stessa e dall’altra determinano le regole a cui gli altri membri sociali dovranno adeguarsi sotto l’azione dell’apparato.
         L’ordine amministrativo consiste in sostanza in una distribuzione di autorità secondo quello che da Weber è chiamato “coordinamento imperativo”, il fondamento di tutta l’autorità sta nel credere al prestigio di chi governa il quale può derivare da caratteri di sacralità, tradizione o legalità razionale (Weber).
         Vi è una rassegnazione pessimistica all’espandersi della burocrazia e del suo potere quale conseguenza inevitabile della complessità sociale moderna, questo indipendentemente da qualsiasi discorso sulla inefficienza amministrativa, l’unico problema che Weber si pone è quello di impedire che la naturale tendenza all’espandersi dei poteri porti al controllo delle scelte organizzative sociali e a tal fine individua cinque meccanismi utilizzati che sono la collegialità, quale contraltare all’unitarietà gerarchica di matrice ottocentesca, la separazione dei poteri tra due o più organi, l’amministrazione da parte di dilettanti comunque in balia degli assistenti professionisti, la democrazia diretta ma attuabile solo per le organizzazioni più piccole, la rappresentatività attraverso un sistema di partiti anch’essi tuttavia burocratizzati.
         Marx pone semplicemente la burocrazia al servizio di classi diverse a seconda della struttura sociale e per tale via ne riduce l’importanza, concentrando l’attenzione sul tipo di organizzazione statale quale espressione delle classi sorte dalla divisione economica, tesi contestata da Backunin  il quale osserva che ogni stato si basa necessariamente sul potere militare e burocratico per cui la burocrazia, come afferma Karl Wittfogel, diventa classe dominante dove vi è un potere statale totalitario, circostanza ampiamente dimostrata dai processi storici.
         Se i sociologi individuano nella burocrazia la razionalizzazione amministrativa della società quale sistema più efficiente finora conosciuto per la gestione delle grandi organizzazioni, la burocrazia può essere anche letta come un tentativo per ridurre la complessità sociale indirizzandone l’attività mediante canali passaggio (attrattori caotici), che tuttavia crea a sua volta un ulteriore fattore di complessità di cui occorre esserne coscienti.
         I funzionari pubblici proprio per il solo fatto di esistere sono portatori di interessi autonomi i quali creano conflitti con i restanti gruppi sociali a cui di volta in volta si contrappongono o si alleano, essi divengono di fatto dei politici stabili per il modo in cui interpretano il proprio ruolo e la capacità che hanno di filtrare le esigenze degli utenti.
         La burocrazia non può essere di certo eliminata in una società complessa moderna, ma può essere interpretata per come essa stessa si pone in rapporto alla società e all’idea corrispondente di democrazia che sostiene.
         Nella “teoria economica della burocrazia” questa è vista come uno degli attori pubblici tesi a massimizzare il proprio utile. In termini tecnici i burocrati non potendo appropriarsi del surplus derivante da una allocazione efficiente delle risorse, migliorano il proprio benessere indirettamente con aumenti di carriera e di stipendio, ambienti di lavoro più gradevoli e incrementi di prestigio.
         Nell’aumentare i costi dei servizi fino, secondo il modello di Niskanen, a raddoppiare il budget necessario alla soddisfazione della domanda di servizi da parte del cittadino – contribuente, si da eguagliare costi totali a benefici totali anziché costi e benefici marginali. In altre parole il burocrate spinge la produzione oltre l’ottimo competitivo proprio per appropriarsi di fette di bilancio, in questo in competizione con il potere politico per il quale l’eventuale produzione di beni pubblici che non comportino ritorni elettorali sono in perdita mentre per il burocrate è comunque un utile.
         Se si configura la rete burocratica come una rete informale di scambi che si sovrappone alla rete formale, l’elemento base è la “fiducia” tra politici e burocrati non solo nella quantità ma anche nella qualità del lavoro svolto, il tutto poggia sui servizi “informali” non codificati né previsti dai contratti, quali rallentamento o sveltimento delle operazioni, ostruzionismo o efficientismo innovativo.
         Si parla in questi ultimi tempi di organizzazioni a “rete”, di amministrazioni per processo anziché per funzioni, di capacità di auto-apprendimento dai propri errori, di ampie deleghe operative in funzione di una maggiore flessibilità, tutti elementi di per se stessi validi in presenza di una buona qualità del personale e di una identità di valori e di interessi.
         Purtroppo la formazione del capitale umano è qualcosa di altamente volatile e complesso nel tempo, in cui vi devono essere comportamenti premianti coerenti, costanti e protratti, il rischio altrimenti è di creare forme periferiche di auto-organizzazione che agiscano per propri specifici interessi aumentando l’instabilità e l’impossibilità di una prevedibilità dei comportamenti.
         La burocrazia moderna si pone strutturalmente in alternativa al disordine, quale tentativo di risolvere i potenziali conflitti sociali nella produzione e distribuzione delle risorse al proprio interno, necessita pertanto una attenta selezione e gestione delle risorse umane e quindi anche della mobilità al fine di evitare tensioni e la formazione per tale via di ulteriori reti “informali” basate su rapporti di scambio difficilmente individuabili una volta costituite, anche se politicamente utili.
 
 
Bibliografia
 
·        A. Breton, La logica del comportamento burocratico, 1988.
·        M. Crozier, Il fenomeno burocratico, Etas – Kompass, 1969.
·        M. Albrow, La burocrazia, Il Mulino 1973.
·        G. Gasparini, Tecnologia, ambiente, struttura, Angeli ed., 1975.
·        S. N. Eisenstadt, The political systems of Empires, Glencoe, The Free Press, 1963.
·        W. A. Niskanen e altri, Burocrazia : serva o padrona ?, Biblioteca della Libertà, 1979.
·        K. Marx – F. Engels, L’ideologia tedesca, edizioni riunite, 1967.
·        G. P. Maximoff, The political philosophy of Bakunin : Scientific Anarchism, Glencoe, The Free Press, 1953.
·        C. Mazzucchelli, Organizzazione e complessità. Come affrontare il cambiamento con nuovi strumenti, metafore, modelli e teorie organizzative, in complexlab.com.
·        F. Morstein – Marx, The administrative state, Chicago University Press, 1957, Cap. IV: Types of bureaucracy.
·        M. Weber, Economia e società, Comunità ed., 1968.
·        K. Wittfogel, Il pensiero politico e sociale di Marx, Il Mulino, 1972.
·        C. Werght Mills, L’elite del potere, Feltrinelli 1966.
·        F. W. Riggs, Agraria and Industria: toward a typology of comparative administration, in W. J. Siffin, Toward a comparative study of public  administration, Indiana University Press, 23 – 116, 1957.
 
 

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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