Perdita di chance per errore medico: deve esserci una domanda specifica

Il danno da perdita di chance per errore medico deve essere oggetto di specifica domanda. Commento a sentenza.

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Il danno da perdita di chance per errore medico deve essere oggetto di specifica domanda. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Tribunale di Fermo -sentenza n. 146 del 18-03-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_FERMO_N._146_2025_-_N._R.G._00002355_2019_DEL_18_03_2025_PUBBLICATA_IL_18_03_2025.pdf 250 KB

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Indice

1. I fatti: l’errore medico e la perdita di chance


Una signora anziana (di 84 anni), a seguito di una caduta accidentale, si recava in ospedale dove veniva sottoposta a una visita radiografica che accertava la rottura del femore destro. Pertanto, il giorno successivo la paziente veniva sottoposta ad un intervento chirurgico nel reparto di ortopedia dell’ospedale per la riduzione e la sintesi della frattura. Nei giorni immediatamente seguenti all’intervento, la paziente accusava rash cutaneo all’addome e agli arti inferiori e pertanto veniva tenuta ancora nel reparto di ortopedia, anziché essere dimessa. Nei giorni ancora successivi, le condizioni della paziente peggioravano, con sopravvenienza di dolore toracico, febbre e grave insufficienza respiratoria, e pertanto le dimissioni venivano ancora posticipate. Infine, circa un mese dopo l’esecuzione dell’intervento chirurgico, la paziente veniva trasferita nel reparto di medicina interna, dove, pochi giorni dopo moriva (per polmonite, insufficienza respiratoria e shock cardiogeno).
I figli della paziente deceduta agivano in giudizio nei confronti dell’ospedale, addebitando ai sanitari la colpa della morte, causata da infezioni sopraggiunte, per l’eccessiva ed ingiustificata durata del ricovero nel reparto di ortopedia che si era protratta ben oltre i 10 giorni previsti dalle Linee Guida.
In particolare, gli attori domandavano sia il risarcimento del danno biologico terminale e di quello morale, trasmessi loro per via ereditaria, per la morte della madre, sia iure proprio il risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale.
La struttura sanitaria contestava la sussistenza di un nesso di causalità tra la morte della paziente e la condotta dei sanitari, chiedendo il rigetto della domanda attorea.
Infine, all’esito della CTU svolta in giudizio, nella comparsa conclusionale, gli attori formulavano (in via subordinata) una richiesta di risarcimento del danno per la perdita di chance (per adeguarsi alle risultanze emerse dalla CTU). Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

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2. Le valutazioni del Tribunale


In primo luogo, il giudice ha esaminato le due fattispecie di responsabilità invocate dagli attori nel caso di specie. Infatti, la responsabilità della struttura sanitaria per un evento di malpractice medica è inquadrata dalla giurisprudenza all’interno della responsabilità contrattuale ed è fondata sul fatto che l’accettazione del paziente in ospedale comporta la conclusione di un contratto (tra l’altro tale impostazione non è cambiata neanche con l’introduzione delle due normative che hanno regolato e regolano la materia, cioè la legge Balduzzi, prima, e quella Gelli-Bianco, dopo).
Tale inquadramento, comporta che, ai fini del riparto dell’onere probatorio, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno, l’onere di provare il contratto con la struttura e il nesso di causalità tra l’evento di danno invocato (cioè l’aggravamento della patologia del paziente o l’insorgenza di una nuova patologia) e la condotta omissiva o commissiva posta in essere dai sanitari. Ciò comporta altresì che l’attore deve specificatamente allegare e provare la predetta condotta dei sanitari e il nesso di causalità con l’evento dannoso.
Dopo che l’attore avrà assolto l’onere sul medesimo gravante, la struttura sanitaria avrà l’onere di provare l’impossibilità della prestazione per causa alla medesima non imputabile e quindi che l’inesatto adempimento è dipeso da un impedimento imprevedibile e inevitabile con l’ordinaria diligenza.
Ma da un evento di malpractrice medica può scaturire anche una responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria, allorquando i danni invocati siano quelli subiti direttamente da soggetti terzi che non hanno concluso il contratto di spedalità con la struttura sanitaria (e non sono protetti dagli effetti di detto contratto concluso tra struttura e paziente).
Infatti, i congiunti che vantano il diritto al risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale conseguente alla morte del paziente, dovuta alla condotta dei sanitari della struttura, si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale.
Conseguentemente l’onere probatorio gravante sull’attore che fa valere questo tipo di danno è più gravoso. L’attore, infatti, dovrà provare non solo il nesso di causalità tra la condotta della struttura sanitaria e l’evento dannoso, ma anche la colpa della struttura medesima.
In secondo luogo, il giudice ha esaminato la tipologia di danni che possono scaturire dall’evento di malpractice medica.
Infatti, da un siffatto evento possono scaturire sia un danno consistente nella perdita anticipata della vita, sia un danno consistente nella perdita di chance di sopravvivenza.
Per quanto riguarda quest’ultima tipologia di danno, la sua elaborazione (di natura giurisprudenziale) è finalizzata a consentire il risarcimento del danno nei casi in cui gli elementi della fattispecie appaiono di difficile accertamento, attraverso la finzione giuridica diretta a sostituire un danno concretamente subito (come la lesione della salute) con la perdita della possibilità di conseguire un risultato migliore.
Intesa in questo senso, cioè come la possibilità di avere un risultato migliore anche se soltanto eventuale, la perdita della chance costituisce un evento di danno autonomo rispetto alla lesione del bene salute.
Tuttavia, per poter essere risarcita la chance deve essere apprezzabile, seria e consistente
Inoltre, in ragione del carattere autonomo del tipo di danno, il risarcimento per la perdita di chance deve essere oggetto di una autonoma domanda che deve essere formulata in maniera esplicita, non potendosi invece ritenere implicitamente richiesta all’interno di una domanda generica di risarcimento di “tutti i danni” causati dalla morte della vittima.

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, per quanto riguarda la domanda di risarcimento per il danno biologico terminale subito dalla madre (e trasmesso per via ereditaria agli attori) nonché quella di risarcimento per la perdita del rapporto parentale, il tribunale ha ritenuto di rigettarle in ragione della mancata prova del nesso di causalità tra la condotta dei sanitari e l’evento morte del paziente.
Infatti, dalla CTU svolta durante il giudizio, è emerso che la morte della paziente non è attribuibile alla condotta dei sanitari. In particolare, secondo i CTU, era irrealistico ipotizzare la possibilità di una gestione domiciliare della paziente ed invece era necessaria una gestione della degenza post operatoria all’interno dell’ospedale. Ragione per cui, la scelta dei sanitari – imputata dagli attori come causa della morte – di trattenere la paziente all’interno del reparto oltre i 10 giorni previsti delle linee guida, non è da ritenersi erronea.
Per quanto riguarda, invece, la domanda di perdita di chance formulata dagli attori, il giudice l’ha rigettata, ma per inammissibilità.
Infatti, secondo il giudice, la predetta richiesta è stata formulata dagli attori soltanto in sede di comparsa conclusionale, in quanto la stessa non poteva ritenersi implicita nella richiesta generica di condanna della struttura sanitaria al risarcimento “di tutti i danni” subiti che era stata svolta inizialmente dagli attori. Questi ultimi, invece, avrebbero dovuto proporla ritualmente fin dall’atto introduttivo della causa.

Avv. Muia’ Pier Paolo

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