Perdita anticipata rapporto parentale e perdita di chance

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La perdita anticipata del rapporto parentale vale a dire la privazione anticipata del rapporto affettivo con lo stretto congiunto, già destinato al decesso, a causa della condotta dei sanitari e la sua differenza con la perdita di chance.
La Corte d’appello di Bari chiarisce la portata della cd. perdita anticipata del rapporto parentale, quale ipotesi di danno parentale subito dai congiunti della vittima che, a causa dell’evento illecito, patiscono la perdita del caro in termini anticipati rispetto al decesso, comunque prossimo, a causa di una malattia.
Si consiglia per l’approfondimento: I danni non patrimoniali

Corte d’Appello Bari -sez. III civ.- sentenza numero 814 del 22-05-2023

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Indice

1. La sentenza


Con la sentenza numero 814 del 22/05/2023 (Presidente Ancona – relatore Barracchia) la Corte d’appello di Bari chiarisce che in ipotesi di congiunto che, già gravemente malato e con aspettativa di vita ridotte, muore a causa della condotta dei sanitari, non si è in presenza di una perdita di chance ma della diversa ipotesi di perdita anticipata del rapporto parentale; di conseguenza non è tacciabile di ultrapetizione la sentenza che, in assenza di specifica domanda sulla perdita di chance, liquida il danno a tale titolo.

2. La vicenda sostanziale e processuale


Gli stretti congiunti, moglie e figli, di Tizio agivano in giudizio per vedere riconoscersi i danni iure proprio e iure hereditatis conseguenti al decesso di questi a causa di un errore medico.
In particolare i suddetti affermavano che Tizio, paziente in emodialisi, a causa di una infiammazione che non consentiva il regolare svolgimento delle terapie mediche, subiva una operazione chirurgica volta ad apporre un catetere giugolare, a seguito della quale subiva la lesione della carotide, cui conseguiva una forte emorragia e dopo alcuni giorni, la morte.
Gli attori convenivano in giudizio l’azienda sanitaria locale censurando sia la necessità dell’intervento chirurgico che il sua corretta svolgimento, chiedendo il ristoro dei danni iure proprio e iure hereditatis.
Il giudizio di primo grado si svolgeva dinanzi al Tribunale di Foggia, ove si costituiva la convenuta azienda sanitaria, la quale affermava che la condotta dei medici era stata conforme alle leges artis, che l’operazione era necessaria e che il paziente era comunque in pessime condizioni di salute e che la morte sarebbe sopraggiunta in ogni caso.
Durante in giudizio si svolgeva una consulenza tecnica d’ufficio che, sostanzialmente affermava che la morte era conseguenza della condotta dei medici, ma anche che alla stessa aveva concorso la condizione sanitaria pregressa del paziente, stimando che la morte sarebbe comunque sopraggiunta presumibilmente entro i successivi otto mesi.
Il Tribunale di Foggia accoglieva la domanda e condannava la convenuta Azienda al pagamento dei danni iure proprio e iure hereditatis.


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3. Il Giudizio di appello


La sentenza veniva impugnata dall’Azienda sanitaria dinanzi alla Corte d’Appello di Bari, la quale censurava, tra le altre cose, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo il giudice del tribunale riconosciuto la perdita di chance in assenza di specifica domanda degli attori. In particolare, secondo la tesi  degli appellanti, la circostanza che la morte sarebbe comunque sopraggiunta, anche se in un momento successivo, determina una ipotesi di perdita di chance, mai chiesta dagli attori e la cui risarcibilità da parte del primo giudice comportava, appunto, una mutatio libelli illecita.
La Corte d’appello rigettava l’impugnazione evidenziando che nel caso di specie non ricorre l’ipotesi di perdita di chances nel senso giuridico e non discorsivo del termine, atteso che le comorbilità gravi del de cuiuis agirono sul piano della determinazione del quantum di risarcimento del danno parentale, di per sé comunque determinato dalla condotta illecita per cui è causa. Trattasi di perdita anticipata del rapporto parentale, che si verifica quando, come nel caso di specie, “… il danneggiato, già in condizioni invalidanti idonee a condurlo alla morte a prescindere da eventuali condotte di terzi, decede a seguito dell’intervento (commissivo od omissivo): la risarcibilità iure proprio del danno patrimoniale e non patrimoniale – riconosciuto ai congiunti potrà subire un ridimensionamento in considerazione del verosimile arco temporale in cui i congiunti avrebbero potuto ancora godere, sia sul piano affettivo che economico, del rapporto con il soggetto anzitempo deceduto” .
Si tratta di un orientamento che richiama quelli in precedenza esposti dalla Suprema Corte con la Cassazione civile sez. III, 21/07/2011, n.15991.
E sul punto sempre la Suprema Corte nella sentenza n.5641/2018, statuendo su un caso simile, affermava che “… correttamente, in primo grado, il danno risarcibile (e in concreto liquidato) è stato pertanto identificato nella perdita anticipata del rapporto parentale, così (legittimamente) circoscritta la portata dell’originaria domanda (perdita del rapporto parentale tout court) in via d’interpretazione dell’atto di citazione – del tipo quanti minoris – fondata sul medesimo fatto storico e sui medesimi elementi costitutivi, senza che tale modificazione integrasse una inammissibile mutatio libelli (ciò che sarebbe stato, di converso, predicabile nel caso in cui oggetto del risarcimento fosse stato, in concreto, il riconoscimento di una chance perduta da parte del giudice di prime cure, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale).
La chance, quindi, incide solo sul quantum, che sarà ridotto in proporzione al tempo residuo di vita stimato al momento del decesso indotto dai sanitari, ma non sul titolo della pretesa risarcitoria che resta un danno parentale classico.
Il motivo in esame, quindi, veniva rigettato.

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