Per la Cassazione ricade sul fisco la prova di operazione inesistente

Redazione 21/01/13
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Lilla Laperuta

In materia di accertamento delle imposte dovute dal contribuente, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1110 depositata il 17 gennaio 2013, ha chiarito che per le ipotesi di costi documentati da fatture che l’amministrazione finanziaria ritenga relative a operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’amministrazione, che adduce la falsità del documento e, quindi, l’esistenza di un maggiore imponibile, provare – seppur solo su base presuntiva – che l’operazione commerciale, documentata dalla fattura, in realtà non è stata mai posta in essere.

Il Collegio rileva, inoltre, che, essendo l’ordinamento fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, per cui i risultati di talune di esse debbano necessariamente prevalere nei confronti di altre. Sicché la valutazione della prova, anche documentale, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, e il suo convincimento resta sindacabile in sede di legittimità sul solo versante della, motivazione al riguardo fornita, dal momento che l’omessa valutazione di eventuali prove documentali fornite dalle parti è configurabile non come vizio di violazione di legge bensì come vizio di motivazione.

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