Osservazioni sui controlli di spesa nel sistema economico della U.E.

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L’unificazione europea, perseguita per gradi, è stata realizzata inizialmente come integrazione economica (c.d. funzionalismo economico), l’attuazione di un simile progetto comporta il trasferimento ultimo agli organi comunicatori delle competenze relative al governo della moneta con fissazione dei relativi tassi di interessi, nonché la perdita della possibilità di elaborare e attuare politiche economiche e di bilancio autonome, non potendo alla lunga reggere una moneta unica senza questi due pilastri.

Con l’art. G. del Trattato di Maastricht vi è la definitiva trasformazione della CEE in un ente a vocazione generale ,CE, non più limitato ai rapporti strettamente economici, vi è quindi l’obiettivo di una moneta unica che viene a comportare politiche monetarie e del cambio anch’esse uniche, premessa per un’Europa federata, questa trasformazione è tuttavia avvenuta come compromesso tra quanti si volevano affidare esclusivamente alla cooperazione intergovernativa e quanti al contrario ne sostenevano l’affidamento esclusivamente alle istituzioni comunitarie, testimonianza della volontà di limitare in materia di politiche economico monetarie l’influenza degli organi comunitari da parte degli Stati è la concentrazione di ogni potere decisionale e di controllo in materia negli organi intergovernativi (Consiglio e Consiglio Europeo) e non nella Commissione o alla Corte di Giustizia, con la possibilità di delineare un’Europa a due velocità di integrazione, vi è pertanto una tendenza a trasformare l’originaria natura costitutiva dei trattati comunitari da atti internazionali ad atti costituzionali dell’U.E.

Il sistema dei poteri comunitari è, ai sensi dell’art. 5 del Trattato CE, un sistema tassativamente chiuso limitato ai poteri previsti nel trattato (principio delle competenze di attribuzione), tanto che qualsiasi atto comunitario a pena di invalidità deve indicare la propria base giuridica (art. 235), tuttavia questa rigidità viene temperata dal successivo art. 308 dove si parla della possibilità di un’azione comunitaria quando vi è la necessità per il raggiungimento degli scopi della comunità (teoria dei poteri impliciti), vi è tuttavia la necessità del consenso unitario di tutti gli Stati, uno sbarramento che la Corte di Giustizia ha superato con la sentenza 26/3/1986, c. 45/86, Commissione c. Consiglio, rifacendosi alla teoria dei poteri impliciti già elaborata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti al fine di superare il principio degli “enumerated powers” ed espandendo il principio precedentemente affermato nella sentenza Massey-Ferguson (12/7/1973, c 8/73), con cui viene espresso il principio secondo il quale se viene attribuita una competenza vi deve essere il potere di adottare tutti gli atti necessari ad un suo efficace esercizio.

Il fenomeno di auto espansione delle competenze comunitarie che si è verificato ha fatto sì che, su pressione di alcuni Stati membri, si è introdotto nel trattato di Maastricht il principio di sussidiarietà, quale regolatore nei rapporti tra autorità federali e autorità locali, secondo l’art. 5, “nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione , essere realizzati meglio a livello comunitario”, vi è tuttavia una certa ambiguità nella distinzione tra competenze esclusive e competenze concorrenti nella ricerca della possibilità di svolgere una determinata azione più efficacemente.

Dobbiamo considerare che la Comunità Europea agisce mediante i singoli apparati amministrativi statali, tale aspetto è espressamente preso in considerazione nel preciso momento in cui si enuncia il principio di leale cooperazione tra Comunità e singoli Stati membri, questa disposizione è stata valorizzata dalla Corte di giustizia quando afferma che “spetta a tutte le autorità degli Stati membri, …, garantire il rispetto delle norme comunitarie nell’ambito della propria competenza” (sentenza 12/7/1990, comma 81/88, Germania vs. Commissione), giungendo addirittura ad affermare un obbligo risarcitorio a carico degli Stati membri per i danni causati ai singoli dalla inattuazione del diritto comunitario (sentenza Francivigh, 19/11/1991, c 6 e 9/90).

Crozier nel superare il concetto weberiano del potere come possibilità legittimata di ottenere obbedienza a specifici ordini normativi, pone in crisi la razionalità burocratica meccanicistica di Weber, il potere viene quindi inteso come capacità dell’individuo di difendere all’interno della rigidità organizzativa i propri margini di scelta rendendo agli altri imprevedibile la propria condotta, si ha la possibilità di condizionare se non manovrare gli altrui comportamenti fuori dalle regole previste, questo controllo dei margini di incertezza nelle relazioni con gli altri si collega con i fattori culturali ambientali che possono accentuare o ridurre i comportamenti distonici, all’interno delle organizzazioni formali vengono a costituirsi gruppi informali che possono innescare scontri per il controllo delle fonti di incertezza, fino a costituirsi in organizzazioni parallele con propri fini, Crozier ne deduce l’incapacità per le organizzazioni burocratiche di correggere i propri errori e ritiene il cambiamento possibile solo nei momenti di “crisi” dove vengono liberate una serie di nuove possibilità.

Le disfunzioni nella burocrazia sono individuate da Merton per linee interne, senza bisogno di rifarsi sempre ad elementi esterni, vi sono pertanto possibili conseguenze inattese di congruenza tra strutture burocratiche, fini formali e informali, personalità coinvolte nell’organizzazione, si possono quindi avere tre modelli normativi di base che Gouldner individua nei modelli:

  • Della burocrazia apparente;

  • Della burocrazia rappresentativa;

  • Della burocrazia impositiva;

nelle nostre aree geografiche i tre modelli tendono ad intrecciarsi, si parte da una burocrazia rappresentativa per finire su una burocrazia impositiva che al proprio interno contiene aree di burocrazia apparente, dobbiamo considerare che per diventare istituzioni le organizzazioni devono incorporare dei valori superando la pura neutralità strumentale, d’altronde tutte le organizzazioni risentono di forze tangenziali alle loro strutture a cui devono adattarsi, queste forze possono avere sia origini interne che esterne proprie dell’ambiente circostante, il rapporto con l’ambiente è comunque a due vie da una parte l’organizzazione ne è influenzata, ma d’altra lo plasma (Selznick), in cui la leadership ha una funzione fondamentale di tipo creativo.

Mintzberg osserva che in ogni organizzazione vi sono interessi strutturati legati alle specifiche funzioni svolte, circostanza che comporta contrasti fino a determinare la configurazione dell’organizzazione non per adattamento fisiologico ma a seguito di lotte di potere interne strettamente rapportate alle lotte ambientali esterne, in questo vi sono tentativi di sottrarsi ai controlli sia esterni che interni per mezzo di sempre più spinte specializzazioni riservate, vi è quindi la necessità di un doppio controllo da esercitarsi all’interno del sistema e dall’esterno, sia a livello statuale che comunitario, un controllo che deve essere esercitato multilivello su tre piani, due statuali e uno comunitario, da allargarsi necessariamente dalla valutazione tempestiva degli aspetti economici delle decisioni di finanza pubblica, come tale influente sulla sostenibilità economica e quindi valutaria, alla correttezza delle procedure di spesa negli investimenti considerando i limiti operativi e culturali già da più parti evidenziati nel sistema nazionale (Tabellini, www.ilsole24ore.com/ast/notizie/2012-11-06/deficit-zero-crescere-064546-PR…), valutando l’influenza che la dispersione delle risorse comporta nel tempo sulla stabilità economica.

L’indipendenza dal potere politico e la disponibilità delle risorse necessarie per una tempestiva analisi sui provvedimenti in corso di esecuzione e non a consuntivo è indispensabile, tenendo presente che una burocrazia efficiente è necessaria alla stabilizzazione di una struttura e al suo corretto indirizzo nell’insieme del sistema, tuttavia essa può essere anche causa della sclerosi e morte del sistema stesso se prevale l’autoreferenza tanto dell’apparato che della classe politico-amministrativa, come accadde nel IV – V secolo d.C. nelle compagini imperiali a seguito della lenta trasformazione avvenuta nel corso del III secolo dal principato al dominato, un costo progressivo che viene ad assorbire la maggiore capacità di produzione determinando un lento strangolamento depressivo, appaiono evidenti quindi le strette connessioni che vengono a stabilirsi tra sistema statuale e comunitario in materia, determinato proprio dall’introduzione di un unico sistema valutario che viene a imporre una solidità di sistema entro una competizione globale tra aree omogenee, occorre pertanto definire culturalmente i livelli di cooperazione/conflitto dall’aspetto economico a quello amministrativo entro i confini una volta definiti dell’erigenda U.E., considerando la fisiologicità di un conflitto contenuto.

Dobbiamo considerare che in un sistema democratico tra il sistema politico e la struttura amministrativa vi è un minimo comune denominatore dato dall’autoconservazione e dalle conseguenti azioni tese al recupero delle risorse necessarie, la divergenza avviene nel rapporto con la cittadinanza in generale, infatti ad una visione politica dinamica tesa al recepimento e alla creazione di pulsioni, idee, necessità ed al loro conseguente sviluppo in termini innovativi o conservativi si contrappone una visione statica nei rapporti con la comunità, in cui la tecnologia è vista come un mezzo per migliorare l’efficienza nei servizi anche in termini di considerazione delle strutture, questa visione conservativa è bilanciata dal portato della visione politica della comunità e dei gruppi che in essa agiscono, solo un bilanciamento tra le due strutture quella politica e quella amministrativa permette una coerenza innovativa essendo il pericolo insito nel prevalere esclusivo di una delle parti, ossia o della sola politica o della tecnica come il congiungersi strettamente delle due parti in un solo interesse può sfociare in un possibile arbitrio.

Come si evidenzia in tutti i rapporti interni all’U.E. è in atto un confronto culturale tra visioni diverse dei rapporti sociali quale portato di una lunga e differente storia che affonda sia nei miti che nella religione come nelle istituzioni socio-economiche, circostanza emersa chiaramente con l’unione monetaria e i relativi patti di sostenibilità, lo specchio di una tale differenza si riflette anche nella diversa considerazione posta sulle agevolazioni fiscali relative agli investimenti a lungo termine rispetto all’attività puramente speculativa a breve termine, come nel caso dei PIR (piano di risparmio a lungo termine) di cui si lamenta una assenza nella nostra legislazione (R. Castellarin – P. Valentini, Risparmio (Tar)tassato, 28-29 in Milano Finanza del 13/12/2014), le diverse prospettive sono anche il frutto del peso differente che la stabilità e la forza della moneta ha per le diverse nazionalità, in cui vi è addirittura una identificazione nazionale con essa (R. Giardina, Biografia del Marco tedesco, D.M. UBERALLES, Giunti, 1996), la differenza che consegue fra le differenti culture conduce al conflitto per la prevalenza del proprio modello, considerando ormai l’unicità dei confini entro cui ci si muove, un conflitto che viene a sottendere una lotta per la leadership con un conseguente senso di superiorità e quindi di sicurezza, come in parte già preconizzato (F. Rampini, Germanizzazione. Come cambierà l’Italia, Laterza 1996). 

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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