Operazione di “lifting” per il Codice Urbani Approvate dalle commissioni parlamentari le modifiche al D.L.vo n.42/2004, che modificano, complessivamente 65 articoli sui 184 del provvedimento: dal silenzio assenso alla figura del restauratore conservator

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Ad appena due anni dall’entrata in vigore del Codice per i beni culturali e per il paesaggio, licenziato durante il ministero di Giuliano Urbani, sono state varate importanti modifiche di alcuni articoli, recependo in parte le istanze provenienti dal tessuto sociale e adottando così quelle disposizioni correttive necessarie.
 
Giusta la legge delega n. 137/2002 (art. 10 comma 4°) il Consiglio dei Ministri, non rispettando la prassi della preventiva approvazione da parte della Commissione Stato – Regioni, ha trasmesso alle commissioni parlamentari, che lo hanno valutato positivamente, lo schema di decreto legislativo (Atti 594 – 595), con cui determina le variazioni al Codice di seguito esemplificate:
 
Parte Prima (Disposizioni Generali ) è stata modificata negli articoli 5, 6; con il primo è chiarita la competenza della Regione in materia di tutela dei c.d. Beni Librari; con il secondo si precisa che la valorizzazione del patrimonio culturale comprende la riqualificazione degli immobili e la tutela di aree degradate con la creazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati. Il testo dell’articolo in questione, è stato oggetto di acceso dibattito; l’opposizione ha ritenuto che dal tenore della norma, si evincerebbe che l’attuale Governo avrebbe più a cuore lo sfruttamento del patrimonio culturale che la sua tutela. Di contrario avviso la maggioranza,che qualifica il codice come l’unica riforma organica varata dal legislatore dopo le leggi “Bottai” del 1939, e che consapevole, del gravame sull’erario rappresentato dagli oneri economici di conservazione dei beni culturali demaniali, evidenzia che è necessario un cambio di prospettiva; le spese di conservazione e di funzionamento, vanno classificate come spese di investimento.
 
Nella Parte Seconda (Beni Culturali artt. 10-130) la modifica è rilevante; passando in rassegna le variazioni apportate, di particolare rilievo sono le modifiche concernenti i beni di interesse numismatico, con un rafforzamento della tutela indebolita dagli interventi normativi del 2005; le monete antiche vengono differenziate , quanto alla tutela, dagli altri beni culturali; inoltre non sarà più possibile giudicare il valore delle monete antiche solo in base alla serialità o ripetitività degli esemplari.
Importante l’intervento sull’art. 12 concernente la “Verifica dell’interesse culturale”; viene negato nella nuova stesura, il silenzio assenso che peraltro era stato osteggiato durante i lavori d’aula, ciò pur con la conferma del termine perentorio di 120 giorni per la conclusione del procedimento di verifica curato secondo i parametri fissati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, al fine di garantire una uniformità di valutazione su tutto il territorio nazionale.
Viene aggiunta la importante precisazione che la normativa di tutela degli archivi si riferisce sia a quelli pubblici che a quelli privati, sempre che sia già intervenuta la dichiarazione di interesse culturale.
Altre modifiche riguardano l’art.21 (Interventi soggetti ad autorizzazione), che subordina alla preventiva autorizzazione del MiBAC, tutte le operazioni: di demolizione anche con successiva ricostruzione di beni culturali, di spostamento anche temporaneo dei predetti beni, di smembramento di collezioni, di scarto di documenti di archivi pubblici ed archivi privati sottoposti a vincolo, di trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione di archivi pubblici e privati se vincolati.
Al di fuori di queste ipotesi tipiche l’esecuzione di opere o lavori di qualsiasi genere, su beni vincolati necessita della preventiva autorizzazione del soprintendente: ad esempio una modifica della destinazione d’uso del bene immobile va prodromicamente autorizzata dalla soprintendenza competente.
Si ricorda che l’autorizzazione ha una valenza temporale limitata a cinque anni.
Anche l’art. 29 è stato modificato. La figura del restauratore viene legata alla acquisizione di un apposito titolo di studio rilasciato dalle scuole di alta specializzazione (più precisamente l’Istituto nazionale di restauro, l’Opificio delle pietre dure, e, l’Istituto di patologia del libro). Il titolo di studio viene equiparato ad una laurea breve rectius ad una laurea di secondo livello; viene in sostanza data attuazione al d.m. n.294/2000 che aveva a suo tempo definito le figure del restauratore e del collaboratore restauratore. Vengono inoltre coinvolte le università nelle dinamiche di insegnamento del Restauro, che a tal fine dovranno creare centri di ricerca e di sperimentazione.
Per spingere i privati alla applicazione delle misure di conservazione del patrimonio culturale vengono previste provvidenze economiche anche se gli interventi riguardano beni mobili (modifica artt. 30 ss.).
Viene mutato il regime del comodato di bene culturale (art. 44), con riferimento alle ipotesi in cui i direttori degli archivi e degli istituti che abbiano in amministrazione o in deposito, raccolte o collezioni artistiche, possono ricevere in comodato da privati beni mobili – previo assenso del MiBAC – allo scopo di destinarli alla fruizione collettiva, sempre che l’onere della conservazione e della custodia dei predetti beni non risulti “particolarmente costoso”.
 
Nella Parte Terza (Beni Paesaggistici artt. 131–159)  lart. 139 (Partecipazione al procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico) nel nuovo testo prevede che la pubblicazione per 90 giorni all’albo pretorio, vada fatta anche nel caso di dichiarazione negativa. La “ratio” è evidente,   dopo la pubblicità circa l’avvio del procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico trova applicazione la regola del “contrarius actus”.
L’ art. 141 (Provvedimenti Ministeriali) disciplina reca una nuova disciplina della procedura per l’accertamento della compatibilità paesaggistica. Viene inoltre previsto che presso ogni Commissione Provinciale (organismo istituito dall’art. 137, con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico) sia istituito un elenco delle autorizzazioni (ci si riferisce alle autorizzazioni ex art 146, relative al controllo ed alla gestione dei beni sottoposti a tutela).
L’art. 156 (Verifica e adeguamento dei piani paesaggistici) prevede una procedura sostitutiva attivabile direttamente dal Ministero, in caso di mancata verifica ed adeguamento dei piani paesaggistici. La norma riguarda quegli strumenti urbanistici di portata regionale finalizzati alla individuazione,al censimento, alla catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela.
 
La Parte Quarta (Sanzioni artt. 160-181) divisa in due titoli riporta le sanzioni applicabili per le violazioni delle norme del Codice, che sono amministrative e penali.
L’art. 167 (Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria) impone la rimessione in pristino in caso di violazione degli obblighi imposti a tutela del paesaggio. Viene meno l’alternatività tra rimessione in pristino e versamento di una somma pari al maggior importo tra danno arrecato e profitto conseguito. La sanzione è quella della rimessione in pristino a spese del trasgressore.  E’ evidente l’intento primario del Legislatore, di tutelare i beni paesaggistici, più che di punire il trasgressore con una sanzione che può non essere soggettivamente tanto grave per lo steso quanto la rimessione in pristino.

Marcinno Rosario

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