Operaio muore di cancro al polmone: riconosciuto il danno agli eredi anche se era un accanito fumatore

Redazione 30/10/12
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Lucia Nacciarone

Il vizio della sigaretta non esclude infatti che nel processo che ha portato alla formazione della neoplasia non siano intervenuti anche altri fattori, come l’esposizione prolungata all’amianto.

Perciò la Sezione lavoro della Corte di cassazione, con la sentenza n. 18472 del 26 ottobre 2012, ha accolto il ricorso dei parenti della vittima, rinviando gli atti alla Corte d’appello in diversa composizione, avendo in prima istanza i giudici di merito sbagliato ad escludere che il tabagismo abbia assunto preponderanza nel determinare la patologia rispetto ad altri eventuali fattori.

L’uomo, dipendente di uno stabilimento siderurgico di Taranto, era addetto alla manutenzione dei rivestimenti di amianto negli altiforni.

Il giudice di merito, chiamato ad accertare se la causa della malattia del lavoratore era riconducibile a cause di servizio, è tenuto ad applicare il criterio secondo cui deve ritenersi acquisita la prova del nesso causale nel caso sussista un’adeguata probabilità, sul piano scientifico, della risposta positiva, mentre non occorre una certezza assoluta.

Quindi la valutazione dei giudici di merito, che ha ricondotto la patologia sviluppata dall’operaio soltanto al vizio del fumo, senza soffermarsi sugli effetti dell’esposizione ai fumi di fonderia di fusione dell’acciaio, che sprigionano sostanze tossiche, è stata troppo superficiale.

L’esposizione ad amianto potrebbe aver avuto almeno il ruolo di concausa nel decorso della malattia e, se si vuole negare il risarcimento del danno biologico e morale ai parenti della vittima, occorre esporre le ragioni scientifiche per le quali il tabagismo ha assunto un ruolo preponderante del determinare la patologia.

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