Nullità dell’accertamento IVA per omesso contraddittorio solamente in presenza di “prova di resistenza”

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Accertamento IVA invalido per violazione del principio generale di matrice europea dell’obbligo di contraddittorio solamente se il contribuente dimostri (c.d. “prova di resistenza”) in giudizio che le ragioni che avrebbe potuto addurre, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, sarebbero state tali da comportare un risultato diverso da quello raggiunto dall’Agenzia delle Entrate nell’atto impugnato. Questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, nella sentenza n. 10903 dello scorso 26 maggio. I giudici della Corte, hanno richiamato la decisione a SS.UU n. 24823 del 2015 per affermare prima la linea di demarcazione tra l’applicazione del principio europeo dell’obbligo di contraddittorio e quello disciplinato dalla normativa interna per poi concludere delineando l’ipotesi al ricorrere della quale la violazione del principio europeo potesse invalidare l’atto impositivo.

In particolare la Corte di Cassazione ha affermato che “differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione l’invalidità dell’atto”. Per tale ragione quindi è sottolineato nella sentenza in commento che la violazione dell’obbligo di contraddittorio:

– per quanto riguarda i tributi non armonizzati (quali ad esempio le imposte sui redditi), produce la nullità dell’atto impositivo, esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali tale obbligo risulti sancito cioè a dire, tra l’altro, in caso di accertamenti che conseguono ad accessi, ispezioni e verifiche effettuati presso la sede del contribuente come previsto dall’art. 12 della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). A detta della Corte la garanzia del contraddittorio in caso di accessi, ispezioni e verifiche, deriverebbe dal fatto che si tratta di ipotesi “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente, giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”.

– in tema di tributi “armonizzati” (l’IVA), attesa la diretta applicazione del diritto comunitario, produce in ogni caso l’invalidità dell’atto impositivo emesso dall’Agenzia delle Entrate.

Per quanto riguarda tale ultimo punto, tuttavia, i giudici hanno affermato, che l’invalidità dell’accertamento emesso ai fini IVA per violazione del diritto comunitario al contraddittorio, rileva solamente se “in giudizio il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si rilevi non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato proposto”.

Claudia Marinozzi

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