Non è valida la clausola del contratto di vendita di un appartamento in condominio con cui il venditore si riserva la quota del 50% del cortile e della centrale termica

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riferimenti normativi: artt.1118 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 6036 del 29/05/1995

La vicenda

Un condomino vendeva alcune unità immobiliari. Nel contratto di compravendita era inserita una clausola secondo la quale, nelle porzioni immobiliari compravendute, non era compresa la quota del 50% del cortile e della centrale termica. Successivamente gli acquirenti si rivolgevano al Tribunale per sentir dichiarare la nullità della clausola sopra detta. Il Tribunale, però, respingeva la domanda. Gli acquirenti si rivolgevano alla Corte d’Appello facendo presente che la centrale termica e il cortile, in forza dell’atto di divisione, che aveva determinato la nascita del condominio, erano stati considerati come beni comuni e, come tali, inalienabili senza il consenso di tutti i comproprietari delle unità residenziali del fabbricato principale; inoltre facevano presente che i predetti beni comuni erano incorporati in modo essenziale alle residenze. Anche la Corte d’Appello dava torto ai neo-condomini; in particolare, secondo la Corte, il cortile comune non poteva essere trasferito in ragione dell’espressa dichiarazione di riserva di proprietà del venditore. In ogni caso i giudici di secondo grado notavano che qualora i beni comuni siano semplicemente funzionali all’uso e al godimento delle singole unità, queste ultime possono essere cedute separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni, con la conseguenza che in tal caso, la presunzione di cui all’art. 1117 c.c. risulta superata dal titolo. I soccombenti ricorrevano in cassazione, ribadendo le precedenti considerazioni e sottolineando come l’indivisibilità e l’inseparabilità del cortile e della centrale termica dal fabbricato principale fossero state espressamente dichiarate dal consulente tecnico d’ufficio. Secondo i ricorrenti, infatti, il cortile risultava essenziale per il caseggiato atteso che in esso si trovavano gli impianti condominiali e le fognature e solo attraverso il cortile si accedeva all’ingresso sul retro del condominio ed alla centrale elettrica. In ogni caso aggiungevano che sulla stessa area cortilizia si affacciavano le terrazze e le finestre ed esistevano diritti e facoltà dei proprietari del fabbricato residenziale.

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La questione

È valida la clausola del contratto di vendita di un appartamento in condominio con cui il venditore si riserva la quota del 50% del cortile e della centrale termica?

La soluzione

La Cassazione ha dato ragione agli acquirenti.

Secondo i giudici supremi la cessione della proprietà esclusiva (appartamento, box, cantina) non può essere separata dal diritto sui beni comuni soltanto quando le cose comuni e le unità immobiliari esclusive siano, per effetto di incorporazione fisica, indissolubilmente legate le une alle altre oppure nel caso in cui, pur essendo suscettibili di separazione senza pregiudizio reciproco, esista tra di essi un vincolo di destinazione che sia caratterizzato da indivisibilità per essere i beni condominiali essenziali per l’esistenza ed il godimento delle proprietà esclusive. Di conseguenza – ad avviso dei giudici supremi – per stabilire se la clausola in questione era nulla o meno i giudici di secondo grado avrebbero dovuto verificare se i beni esclusi erano indissolubilmente legati alle porzioni di proprietà esclusiva per effetto d’incorporazione fisica o destinazione funzionale. Tale verifica, però, non è stata fatta dai giudici di secondo grado e, conseguentemente, la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.

Le riflessioni conclusive

Il comma 2 dell’art. 1118 c.c., a norma del quale il condomino non può, rinunciando al diritto sulle parti comuni, sottrarsi al contributo sulle spese per la loro conservazione, non si limita a regolare la partecipazione dei condomini alle spese delle parti comuni nonostante la rinuncia del relativo diritto da parte del singolo condomino ma, indirettamente, esclude la validità della predetta rinuncia dato che le parti comuni, necessarie per l’esistenza e l’uso delle unità immobiliari o destinate al loro uso o servizio, continuerebbero a servire il condomino anche dopo, e nonostante, la rinuncia.

È pertanto nulla la clausola contenuta nel contratto di compravendita di un appartamento sorta in un edificio in condominio con cui viene esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune parti dell’edificio comuni per legge e per volontà delle parti, avendo una siffatta clausola il contenuto e gli effetti di una rinuncia del condomino (acquirente) alle predette parti. Così, ad esempio, un cortile destinato ad autorimessa forma oggetto di comproprietà necessaria, in quanto parte comune destinata al servizio degli appartamenti; di conseguenza, trattandosi di una parte comune necessaria, il singolo condomino non può disporre del cortile – autorimessa indipendentemente dalla disposizione dell’unità immobiliare: in altre parole un condomino non può vendere l’appartamento escludendo dalla vendita, con apposita clausola, il posto auto assegnato nel cortile comune. Tuttavia, è stata ritenuta valida la clausola contrattuale con cui, nell’atto di vendita di due locali siti a piano terra e con ingresso diretto dalla via pubblica, era stato imposto all’acquirente il divieto di utilizzare la porta d’ingresso, l’androne e il vano scala dell’edificio condominiale sul rilievo che l’uso dei beni condominiali in oggetto non era essenziale per l’utilizzazione dei locali di proprietà esclusiva (Cass. civ., sez. II, 02/07/2004, n. 12128).

 

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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