Non deve essere indennizzato il condomino che subisce una temporanea riduzione delle facoltà di uso del box auto a causa delle impalcature installate dalla ditta esecutrice dei lavori condominiali

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Sentenza: Tribunale di Parma – II sez. civ. – sentenza n. 1671 del 13- 12- 2019

riferimenti normativi: art.  843 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 3032 del 30/12/1967

La vicenda

In un condominio venivano deliberati lavori di straordinaria manutenzione. Per l’esecuzione delle opere era necessario installare i ponteggi davanti al box di due condomini. Quest’ultimi lamentavano una riduzione delle facoltà di uso e godimento della loro autorimessa su cui insistevano le strutture portanti delle impalcature (utilizzate dalla ditta esecutrice dei lavori); di conseguenza richiedevano al condominio un indennizzo per il sacrificio che erano destinati a subire. La richiesta però non veniva accolta dagli altri condomini. La questione quindi veniva sottoposta al Tribunale che rigettava la domanda. Ai condomini non restava che  rivolgersi alla Corte d’Appello. A sostegno dell’appello i condomini ricordavano che la Cassazione in una decisione (Cass. civ. n. 25292/15) aveva già riconosciuto, pur in difetto di un’espressa previsione normativa, un indennizzo in favore di un condomino la cui proprietà esclusiva era stata menomata per effetto dell’opera di consolidamento delle strutture portanti del caseggiato pericolante, eseguita dal condominio in ottemperanza di un’ordinanza sindacale.

La questione

Il condomino nel cui caseggiato sono stati deliberati lavori (utili anche per lui) di consolidamento statico ha o meno il diritto di vedersi ristorato il pregiudizio riconducibile alla riduzione delle facoltà di uso e godimento del box auto su cui hanno insistito le strutture portanti delle impalcature utilizzate dalla ditta esecutrice dei lavori?

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La soluzione

La Corte d’Appello ha dato torto ai condomini.

I giudici di secondo grado hanno notato che la sentenza segnalata dai condomini non è pertinente, riferendosi ad una diversa ipotesi.

In ogni caso sottolineano come l’art. 843 c.c. imponga al proprietario di un fondo di tollerare il passaggio che si renda necessario per costruire, riparare un muro, o altra opera propria o comune,  prevedendo un’indennità solo nel caso in cui l’accesso cagioni un danno. Secondo la Corte d’Appello quindi tale norma non prevede nulla di specifico sul problema sollevato dai condomini. Per colmare questo “vuoto normativo” i giudici di secondo grado suggeriscono di applicare la disciplina relativa ai rapporti di vicinato e, in particolare il criterio della normale tollerabilità previsto dall’art. 841 c.c. per definire il punto di equilibrio per il bilanciamento degli interessi contrapposti, nonché il criterio della utilità, per una corretta distribuzione degli oneri economici che derivino dall’esecuzione delle opere deliberate.

In questa prospettiva, secondo la stessa Corte d’Appello, i condomini non possano vantare alcun diritto di tipo pecuniario, connesso alla indisponibilità della propria autorimessa, in quanto l’esecuzione dei lavori in un tempo ragionevolmente contenuto non determina una variazione dell’assetto dei limiti alla proprietà già previsti dal legislatore, che giustifichi il diritto ad un indennizzo, né tantomeno ad un risarcimento.

Le riflessioni conclusive

Una recente decisione della Cassazione ha stabilito che nel caso in cui opere di consolidamento delle strutture portanti dell’edificio condominiale, eseguite dal condominio in ottemperanza ad una ordinanza sindacale emanata per la tutela della pubblica incolumità a fronte del pericolo del crollo del fabbricato, comportino un pregiudizio della proprietà esclusiva di un singolo condomino scatta a carico del condominio un obbligo indennitario per il sacrificio imposto, nell’interesse della collettività condominiale, al diritto di proprietà. Il caso esaminato dalla Cassazione è decisamente diverso da quello esaminato dal Tribunale di Parma nella sentenza in commento. La vicenda infatti riguardava le conseguenze subite da un condomino, proprietario di un box, per l’opera di consolidamento delle strutture portanti dell’edificio condominiale – eseguita dal condominio in esecuzione di un’ordinanza sindacale.

In questo caso proprio davanti all’autorimessa del singolo condomino era stato necessario costruire plinti e travature che aveva comportato una riduzione di fruibilità del box (a causa della perdita di superficie, di altezza e di luce libera tra i pilastri), oltre ad un danneggiamento della pavimentazione in gres antistante il locale. Il danneggiato aveva chiesto al Tribunale un indennizzo ma la richiesta era stata respinta, mentre la Corte d’Appello ha condannato i condomini al pagamento di un’indennità a favore del condomino. Tale soluzione infatti rappresenta un giusto compromesso tra l’interesse della pubblica incolumità – perseguito dalla pubblica amministrazione attraverso l’ordinanza di esecuzione di lavori di consolidamento del fabbricato – e le ragioni della proprietà privata; La Cassazione ha condiviso il ragionamento dei giudici di secondo grado, ritenendo sussistente in tale ipotesi un obbligo di indennizzo (ex art. 42 Cost., e art. 844 c.c.) nei confronti del singolo condomino per il sacrificio imposto alla sua proprietà esclusiva nell’interesse comune del consolidamento della struttura del caseggiato. Del resto secondo i giudici supremi l’art. 843 c.c., nel prevedere l’obbligo di corrispondere un’adeguata indennità se l’accesso al fondo ha procurato un danno costituisce una fattispecie riconducibile al principio della c.d. “responsabilità da atto lecito dannoso”; tale principio mira ad evitare che l’attività connessa alla costruzione o alla riparazione dell’opera propria o comune si risolva in uno svantaggio per un altro proprietario, e ciò pur al di fuori di condotte illecite.

Certo è che questo caso i lavori sono stati eseguiti in forza di un’ordinanza di pubblica sicurezza e hanno imposto un sacrificio di carattere definitivo ed irreversibile tradottosi in una riduzione della superficie e della cubatura dell’autorimessa del singolo condomino.

Rimane quindi il problema di stabilire se il condomino abbia diritto o meno ad un indennizzo nel caso in cui la proprietà sia “temporaneamente” occupata da ponteggi per lavori condominiali.

A tale proposito merita di essere ricordato che secondo il Tribunale di Roma ha diritto ad un indennizzo il proprietario di un box, il cui accesso è impedito dalla permanenza delle strutture metalliche dei ponteggi che occupano il vialetto esterno di pertinenza esclusiva e impediscono l’accesso al box magazzino per un periodo di circa nove mesi (Tribunale di Roma, 16 novembre 2018 n. 22024).

Del resto, il mancato accesso carrabile per un periodo rilevante (nove mesi) in un box/magazzino rappresenta effettivamente un “danno” poiché limita notevolmente la fruibilità del locale secondo la sua naturale destinazione e le utilità che da esso possono ricavarsi.

Allo stesso modo è stato affermato che nel caso in cui a causa di lavori di ripristino di una facciata condominiale venga collocato per alcuni mesi un ponteggio che impedisca la sistemazione dei tavolini esterni di un esercizio commerciale (nella specie, un bar) con un danno per la perdita della clientela e dell’avviamento commerciale, oltre all’inutile spesa dell’indennità di occupazione di area pubblica per quel periodo di tempo, ricorrono le condizioni per l’applicazione della norma di cui all’art. 843 c. c., che riconosce il diritto ad un indennizzo in caso di occupazione del fondo per la esecuzione di opere, anche se compiute nell’interesse comune allo stesso proprietario del fondo (Trib. Milano, 20 febbraio 1992).

In ogni caso bisogna ricordare il principio espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui in materia di rapporti di vicinato, la previsione dell’art. 843 cod. civ. – che obbliga il proprietario a permettere l’accesso o il passaggio nel suo fondo al fine di consentire al vicino lo svolgimento di opere necessarie alla manutenzione del muro dell’immobile di sua proprietà – configura un’obbligazione “propter rem”, cui corrisponde l’obbligo per il vicino di versare un’adeguata indennità, da liquidare in via equitativa ed anche in assenza di prova del danno, fermo restando l’obbligo per il medesimo di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita (Cass. civ., sez. II, 27/01/2009, n. 1908).

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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